È ancora scontro tra il centro Nemo Sud e il Policlinico di Messina. Più che acqua sul fuoco, è stata come la paglia la nota di ieri dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza che richiedeva ai due enti di vivere ancora per un po’ da separati in casa. In attesa del perfezionamento della convenzione con l’Ircss Bonino Puleo e del trasferimento in questi nuovi locali del centro per la cura delle malattie neuromuscolari. I pazienti – dopo le proteste della scorsa settimana – sembravano aver tirato un sospiro di sollievo, ma di quelli non proprio liberatori. Alla soddisfazione della fondazione Aurora – che gestisce il Nemo Sud -, si contrapponeva il silenzio dell’altra parte, il Policlinico. Che ha sciolto le riserve in serata ribadendo la fine del rapporto alla data di ieri, 30 giugno. In mezzo, rimane il nodo che ha portato al divorzio: la convenzione per disciplinare la convivenza.
Non solo un atto formale, ma il condensato delle preoccupazioni di entrambi le parti. Dubbi di legge, dal lato del Policlinico, ed economico-lavorativi, dal lato del centro Nemo Sud. In uno scontro che però non appassiona nessuno finché ad andarci di mezzo è la salute. E i dubbi dei pazienti che da oggi non sanno come potranno accedere ad alcune terapie che finora solo il Nemo Sud era accreditato a somministrare in Sicilia e che servivano anche ai pazienti calabresi. Così, alla nota di ieri dell’assessore Razza la fondazione Aurora ha risposto sottolineando la necessità del rispetto «della convenzione in essere» – in scadenza, appunto, ieri – e il Policlinico «rappresentando profili di illegittimità» e augurandosi «nuove forme di collaborazione previste dalla normativa».
Per ricostruire i motivi profondi e capire perché il problema si pone adesso, dopo dieci anni, va fatto un passo indietro. Quando il centro Nemo Sud è arrivato a Messina, nel 2011, alcuni dei protagonisti della vicenda erano diversi: la convenzione con cui si è andati avanti in questi anni, insomma, non è stata scelta né dall’attuale rettore Salvatore Cuzzocrea né dall’attuale commissario del Policlinico Giampiero Bonaccorsi. Che al momento di rinnovare la convenzione in scadenza hanno sottoposto un nuovo accordo, che superasse le criticità di legge che li impensieriscono.
Che, in estrema sintesi, possono essere riassunti con la forza lavoro: perché un ospedale pubblico, dotato di medici e infermieri, dovrebbe avvalersi di professionisti privati? E se anche gli mancassero figure specialistiche, non dovrebbe assumerle con un concorso come per tutte le altre necessità di pianta organica? È sulla base di queste domande che Università e Policlinico della vecchia convenzione non vogliono nemmeno saperne nulla. Domande che evocano uno degli spettri di questa storia: ossia l’indagine nata dalla denuncia di uno dei medici del Policlinico, di cui però dopo anni non si sa ancora nulla.
Dal canto suo, il centro Nemo Sud denuncia come la scelta del personale da parte del Policlinico mini la propria autonomia. Se, come testimoniamo i pazienti, l’offerta del centro d’eccellenza è unica nel suo genere – per la specializzazione ma anche per le doti umane del personale, specie quello pediatrico, che sfuggono alla selezione per curricula -, una sostituzione di medici e infermieri snaturerebbe il progetto alla base. Senza considerare, poi, che uno dei punti di forza del Nemo Sud è la possibilità di attrarre anche fondi privati e donazioni, cosa impossibile per l’azienda ospedaliera Policlinico: che ne sarebbe di questi soldi? E perché all’autonomia economica non può corrispondere anche quella organizzativa? Sono queste invece le domande che riecheggiano tra centro e fondazione, all’interno della quale però non è chiaro se tutte le posizioni siano unanimi.
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