Domenica e lunedì si sono tenuti a Bruxelles due incontri con quello che è ormai considerato il riferimento intellettuale più accreditato dei fautori dell’uscita dall’Euro, Alberto Bagnai. L’economista fiorentino insegna a Pescara, ma è stato soprattutto il lavoro fatto da circa 15 mesi a questa parte col suo blog (http://goofynomics.blogspot.it/ ) che lo ha condotto sull’altare della notorietà. Anche noi abbiamo largamente approfittato del lavoro di Bagnai, che del resto non nasconde il fatto di non dire delle cose particolarmente originali ma di lavorare sul solco tracciato da alcuni dei più eminenti studiosi di economia dell’ultimo secolo, a partire da Keynes. Probabilmente, ancora più che la sua competenza tecnica, ha giovato una verve polemica molto brillante che lo ha condotto letteralmente a disintegrare alcuni grossi nomi che fanno il bello e il cattivo tempo dalle colonne di Repubblica o dagli schermi di Ballarò. Valga per tutti la distruzione di quello che Bagnai chiama “l’orecchino con l’economista intorno” al secolo Michele Boldrin (cfr. http://goofynomics.blogspot.be/2013/02/la-prevalenza-del-declino.html) uno dei fondatori di Fermare il Declino, quel movimento che forse ricorderete per avere espresso come premier un curioso personaggio che millantava partecipazioni allo zecchino d’oro e dei master in economia a Chicago. Bene, un movimento guidato da questa sorta di personaggio dei fumetti per l’infanzia aveva tra le sue fila non solo il nostro Boldrin ma persino niente poco di meno che Luigi Zingales di cui andrebbe ricordato almeno questo confronto con Emiliano Brancaccio (http://www.youtube.com/watch?v=zx_p0-2PClQ ). Insomma in mezzo a questa sgangherata compagnia di ventura – a cui si è aggiunto proprio ieri un altro valente economista, collaboratore (collaborazionista?) di Repubblica, Alberto Bisin – la figura di Bagnai ha assunto la statura di un gigante; tant’è che proprio nel cuore dell’impero, a Bruxelles, è venuto a diffondere il verbo. Prima ad un meet up di grillini, anzi del M5S e poi in una delle librerie storiche di Bruxelles, in cui si presentava “il Tramonto dell’Euro” che, come i più attenti tra voi ricorderanno, si presenterà anche a Palermo alla fine del ciclo “Alla ricerca del cambio perduto” (di cui potete vedere le prime due parti in http://www.linksicilia.it/2013/03/alla-ricerca-del-cambio-perduto-prima-parte-dal-gold-standard-alla-grande-crisi/ e in http://www.linksicilia.it/2013/03/alla-ricerca-del-cambio-perduto-seconda-parte-gli-accordi-di-bretton-woods-e-la-sconfitta-di-keynes/) il 22 Aprile presso il laboratorio Zeta.
Purtroppo servirebbe ben altro spazio per riportare l’ampiezza delle due discussioni. Qui oltre a limitarci a semplificare al massimo, aiutandoci con Frenkel e Minsky, il ragionamento di Bagnai ci limiteremo a segnalare un paio di impressioni.
Bagnai sostiene sostanzialmente che un sistema di cambi fissi sottrae al libero gioco delle parti un elemento fondamentale di elasticità nella reazione agli shock. E lo sottrae in genere, ai paesi “deboli”. Succede questo. Il paese debole viene invaso dai capitali che arrivano dai paesi forti; con questi capitali il paese debole supporta le esportazioni dei paesi forti diventando un importatore netto; questo lo porta a indebitarsi; nel momento in cui dovrebbe restituire il denaro non ce la fa perché non può svalutare per via del cambio fisso e quindi deve risparmiare tagliando i salari. Il taglio dei salari deprime ulteriormente la domanda interna e il paese precipita rapidamente verso il baratro. Questo è il caso della Grecia ma è stato il caso dell’Argentina nel 2001, delle tigri asiatiche alla fine dello scorso millennio, del Cile del 1983 ecc. ecc. Chi sia il paese forte che ha inondato di capitali gli altri paesi è inutile sottolinearlo. Insomma è un caso molto noto in letteratura, tant’è che ci sono innumerevoli economisti che aveva preavvertito dell’insensatezza dell’Euro, e di alcuni di loro ne abbiamo dato conto anche noi.
In queste poche righe si corre il rischio di essere superficiali e quindi permetteteci di rimandare ai cicli che questo giornale ha già ospitato e al blog di Bagnai.
Le due impressioni sono di natura politica. Sta emergendo un equivoco su questi meet up. Bagnai non è certo un grillino, anzi le sue impostazioni di partenza sono di radicale critica al M5S. L’accusa di Bagnai è che l’analisi delle cause della crisi che fa Grillo è identica a quella di Monti: i costi della politica, il debito pubblico, la corruzione e via sproloquiando. Con una posizione del genere Bagnai non vuole avere niente a che fare la ritiene addirittura uno strumento da “lotta di classe”: i padroni ne approfittano per costringere salariati e stipendiati a contrarre le proprie risorse. Una cosa indegna. Eppure, nonostante quest’enorme distanza Bagnai viene sempre più accreditato come “vicino a Grillo”. Questa è una delle tante ambiguità del percorso del M5S che sarebbe bene sciogliesse.
La seconda riguarda proprio Bagnai, che da sempre sostiene di voler andare ovunque lo chiamino, tant’è che l’economista a cui si sente più vicino è un editorialista del “Giornale” della famiglia Berlusconi, Claudio Borghi Aquilini. Anche quest’ultimo, autore di quelle che sono le analisi migliori sul terrorismo dei costi dell’uscita dall’Euro. Ora, la sensazione è che i due economisti tendano a sottovalutare i “frame” discorsivi all’interno dei quali si muovono. Il loro è una sorta di approccio “pasoliniano”, sono consci, crediamo, di poter essere strumentalizzati, ma loro cercano di strumentalizzare i luoghi in cui si trovano a discutere. In genere queste partite le vince il più forte, speriamo che vada diversamente.
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