Nei circhi finti artisti migranti: giro da sette milioni L’affare di famiglia di un funzionario regionale

Altro che scafisti. Gli uomini al centro dell’operazione Golden circus avevano messo su una vera e propria agenzia di viaggi. Nessuna imbarcazione fatiscente, niente viaggi della speranza, i migranti venivano fatti entrare in Italia su normali voli di linea provenienti da India, Pakistan e Bangladesh. Tutto ciò grazie a una norma presente nella legislazione siciliana e al lavoro di un impiegato infedele dell’assessorato regionale alla Famiglia, su cui adesso pende un’accusa di corruzione. Un business gestito con l’aiuto della famiglia. 

La legge che regola i flussi migratori all’interno dell’ordinamento siciliano consente, a differenza di quella nazionale, di superare il limite di ingressi per quei lavoratori extracomunitari inquadrati nel settore dello spettacolo per svolgere attività artistiche in vari campi, in special modo nel settore circense. Il tutto senza passare attraverso i controlli del ministero del Lavoro. L’organizzazione, che oltre a essere attiva su gran parte del territorio nazionale aveva anche delle propaggini all’estero, pensava a tutto. Ai clienti – i gestori dei circhi che facevano richiesta di dipendenti provenienti dal subcontinente asiatico in cambio di cospicui compensi – veniva offerto persino il disbrigo delle pratiche necessarie per il trasferimento della sede legale in Sicilia.

Gli aspiranti artisti, venivano reclutati direttamente nei Paesi di provenienza da alcuni complici dell’organizzazione, mentre in Italia altri personaggi, tra cui Tommaso Fernandez e il cognato Guglielmo Allemanno, fungevano da intermediazione con gli organismi amministrativi. Il perno attorno al quale ruotava tutto il sistema era Vito Gambino, responsabile dell’ufficio speciale di collocamento per i lavoratori dello spettacolo dell’assessorato della Famiglia e del Lavoro della Regione, che gestiva la parte burocratica, occupandosi di presentare in questura le false istruttorie per ottenere un vero nullaosta. La posta in gioco, quella di un giro d’affari che superava i sette milioni di euro, era però così allettante che l’impiegato ha deciso in un secondo momento di agire in autonomia con l’aiuto della moglie, Provvidenza, e dei figli, Francesco e Vincenzo. Quest’ultimo era proprietario di un piccolo ufficio che molto spesso fungeva da casella postale per i circhi che decidevano di trasferirsi nell’Isola.

Tra i circhi coinvolti nelle indagini anche alcuni noti come il circo Sandra Orfei, il circo Lino Orfei, il circo Bizzarro e il Città di Roma, mentre altri addirittura risultavano esistere solo sulla carta, come il Circo Kumar. Quarantuno i fermi eseguiti dagli uomini della seconda sezione investigativa della squadra mobile di Palermo, con 23 commissari di polizia coinvolti nelle operazioni in Italia e all’estero.  


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