Secondo l'ingegnere Marcello D'Amore, dell'ateneo romano, non sono disponibili dati sufficienti per escludere rischi alla salute derivanti dall'impianto di telecomunicazioni Usa. Lo studioso era stato incaricato dal Tar di Palermo, dove pendono tre ricorsi che vedono coinvolti la Regione Sicilia, il ministero della Difesa e il Comune di Niscemi. Nella relazione si certifica anche che le onde irradiate dalle 46 antenne esistenti hanno superato più volte i limiti di legge. Ma resta l'enigma sul dato della potenza massima delle parabole: 1600 watt secondo i documenti ufficiali su cui si basa anche lo studio de La Sapienza, otto volte meno secondo gli americani
Muos, l’Uni La Sapienza dà parere negativo «Tutti gli studi effettuati sono incompleti»
Primo punto: non sono ancora disponibili dati sufficienti per calcolare i livelli di campo elettromagnetico irradiato dalle antenne del Muos, e quindi i potenziali rischi per la salute. Tutti gli studi effettuati fino ad ora sono incompleti. Secondo punto: le misurazioni effettuate negli ultimi anni dall’Arpa Sicilia (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente) sulle onde generate dalle 46 antenne esistenti nella base della marina statunitense a Niscemi, sono risultate in numeri casi superiori ai limiti di legge. La relazione dell’ingegnere Marcello D’Amore, dell’Università La Sapienza di Roma, su incarico del Tar di Palermo, mette nero su bianco due principi da cui la discussione sull’impianto di telecomunicazione militare Usa può ripartire. Si tratta di affermazioni importanti, non soltanto per i contenuti, ma anche per la fonte da cui provengono. Un parere super partes espresso a seguito dell’incarico assegnato all’ateneo romano dal Tribunale amministrativo di Palermo.
L’ingegnere D’Amore ha avuto accesso agli atti ed è arrivato alla conclusione che «il calcolo rigoroso dei livelli del campo elettromagnetico irradiato dalle parabole satellitari, congiuntamente ai contributi dovuti alle antenne esistenti, può essere effettuato solo se si è in possesso dei dati descriventi in modo completo le sorgenti radianti». E che invece gli Stati Uniti non hanno mai fornito, nonostante le ripetute richieste. «Un tale calcolo – continua il docente de La Sapienza – non è stato effettuato dai responsabili del progetto Muos, né, per ragioni differenti, da Arpa Sicilia, né dai consulenti del precedente presidente della Regione (i professori Patrizia Livreri e Luigi Zanforlin, dell’università di Palermo ndr), né dai periti del Comune di Niscemi». Per stabilire dunque se l’impianto sia conforme alla normativa vigente e non comporti un pericolo per la salute, «è necessaria – raccomanda D’Amore – una nuova rigorosa procedura di simulazione del campo elettromagnetico irradiato». Segue un lungo elenco di dati tecnici mancanti, come ad esempio il codice di simulazione utilizzato, le caratteristiche del segnale emesso e le proprietà riflettenti del terreno.
Ma le puntualizzazioni non finiscono qui. Il perito del Tar sottolinea l’importanza di «valutare i possibili effetti elettromagnetici sugli aeroporti interessati, in particolare quello di Comiso, e sugli aeromobili che potrebbero attraversare il fascio elettromagnetico delle parabole». Mentre sulle 46 antenne esistenti precisa che le modalità con cui l’Arpa ha condotto le misurazioni sono «solo in parte conformi a quanto previsto dalle norme europee e regionali» e che, nonostante questo, dimostrano come in contrada Ulmo si siano superati in più occasioni i limiti di legge.
Davanti al Tar di Palermo pendono tre ricorsi riguardanti il Muos. Due sono stati presentati dal Ministero della Difesa contro la Regione e il Comune di Niscemi, a seguito della revoca delle autorizzazioni decisa dal governo Crocetta. Un terzo, invece, vede il Comune di Niscemi schierato contro la Regione Sicilia, che aveva rilasciato le autorizzazioni. I giudici hanno quindi chiamato in causa l’Università La Sapienza come perito super partes.
Sullo sfondo della discussione sul Muos e delle perizie delle parti, resta un enigma irrisolto, che cambierebbe radicalmente i termini della contesa. Il parere dell’ingegnere D’Amore si basa su un dato, quello della potenza massima di ciascuna delle tre antenne che comporranno il Muos, pari a 1600 watt. Questo numero è ricavato dai documenti ufficiali, quelli che gli Usa hanno depositato alla Regione Sicilia al momento della prima richiesta di autorizzazioni. Su questo dato si basano anche le consulenze dei docenti del Politecnico di Torino, Massimo Zuchhetti e Massimo Coraddu, per conto del Comune di Niscemi. L’ambasciata statunitense, però, nell’ultimo periodo ha diffuso un dato completamente diverso, sostenendo che la potenza massima per parabola è di 200 watt. «Meno di un forno a mircoonde», ripetono gli americani nel tentativo di tranquilizzare. Questo è il numero che è stato fornito alla delegazione di giornalisti in visita alla base ed è anche il dato su cui si starebbe fondando la relazione dell’Istituto superiore di sanità, la cui pubblicazione è stata ancora una volta rinviata per divergenze tra tecnici.
L’enorme incongruenza – un valore otto volte inferiore – è stata fatta notare dai cronisti in visita al Muos. La risposta dei tecnici Usa è stata secca. «Si è trattato di un errore». Altro quesito. «Se la potenza massima fosse realmente di 1600 watt, come depositato nei documenti ufficiali, e non di 200 watt, le onde elettromagnetiche supererebbero i limiti consentiti dalla legge?». Un’interrogazione rivolta al professore John Oetting, studioso di ingegneria elettronica ma anche project manager del Muos, la cui risposta è stata prontamente stoppata dal portavoce dell’ambasciata americana, Stephen Anderson: «La domanda non è pertinente».