Montagnalonga tra fascisti e Nato

Quarant’anni fa, la sera del 5 maggio 1972, qualcosa di insolito attirò l’attenzione di non pochi testimoni. Se ne stavano all’aria aperta a godersi la stagione primaverile, o ad ascoltare i comizi elettorali che si stavano tenendo in tutta Italia, in vista delle elezioni politiche del 7 maggio. Il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, per la prima volta nella storia repubblicana, aveva sciolto, con un anno circa di anticipo, le Camere e in tutta la penisola i neofascisti si stavano riorganizzando superando le vecchie divisioni interne, tra componenti filo monarchiche e nuove aggregazioni di destra. Tutte confluite in un nuovo grande schieramento guidato da Giorgio Almirante: il Movimento sociale italiano-Destra nazionale. Era la prima volta che la destra si ricomponeva nelle sue vocazioni unitarie dandosi nuove basi organizzative e un nuovo partito.

Quella sera, dunque, diversi testimoni videro nel cielo un aereo in fiamme passare sulle loro teste o andarsi a schiantare sulla cresta di Montagnalonga (nell’immagine sotto, la coda dell’aereo precipitato a Montagnalonga, Foto Scafidi-Archivio Casarrubea). Un rilievo dell’immediato entroterra siciliano che divide la collina di Carini dalla piana di Cinisi dove, con il piacere di Tano Badalamenti, era nato l’aeroporto di Punta Raisi.

In quell’anno la Sicilia, come del resto l’Italia, pullulava di fascisti. Era reduce, infatti, dal fallito golpe dell’Immacolata. C’erano in giro Pierluigi Concutelli e Stefano delle Chiaie, i fascisti di Avanguardia Nazionale, o della Decima Mas di Borghese e quelli di Ordine Nuovo.

“Insomma – scriveva Giovanni Spampinato, ucciso in quello stesso anno per conto di ambienti legati al fascismo e alla mafia – in Sicilia, accanto allo squadrismo tradizionale […] è presente un fascismo egualmente provocatorio, egualmente eversivo, ma che fa uso di metodi più raffinati per difendere gli stessi interessi di agrari, speculatori ed industriali, che si espone meno all’attenzione dell’opinione pubblica, che mira ad obiettivi ben più importanti della bastonatura di cittadini inermi: un fascismo ‘alla greca’, che prepara giorno per giorno il colpo di stato ”. La Grecia, appunto. Anzi, la guerra fredda, il blocco occidentale, la Nato.

In questo senso almeno due elementi inducono a prendere in considerazione l’istanza presentata dall’avvocato Ernesto Pino, per conto del generale in riserva Antonino Borzì, fratello di Rosario, morto nell’incidente. L’obiettivo è riaprire un processo chiusosi con sentenza della Corte di Cassazione, il 4 aprile 1984. Con il solito tutti assolti, tranne i piloti morti che non possono parlare.

Quali sono questi due elementi? Il primo è che, giusto quel 5 maggio 1972, era in atto un addestramento militare della Nato. Il secondo è che non si prestò molta attenzione all’analisi dei reperti del velivolo. Il fotografo ufficiale registrò segni evidenti di colpi che sarebbe stato bene che un perito avesse sottoposto a relazione. Potevano essere attribuiti alla caduta dell’aereo, ma potevano anche esserne la causa. Se i giudici avessero disposto un accertamento anche sui corpi dei morti sui quali nessuno ebbe a fare mai un’autopsia accurata, allora le conoscenze su quanto accaduto sarebbero potute migliorare. Si tratta di dati immortalati tra gli incartamenti di Montagnalonga e in alcuni archivi fotografici privati.

Per quanto riguarda i reperti, c’è da chiedersi: dove sono andati a finire? Per gli aspetti cartacei un dato rilevante è lo stralcio delle comunicazioni TBT (terra-bordo-terra) intercorse tra il volo AZ 136 e gli Enti ATC (volo Roma-Catania), il 5 maggio 1972, sulla frequenza 128,8 di Roma informazioni. Si riferisce alle ore 17,04, cinque ore prima del disastro aereo dell’AZ 112. L’operatore del Centro di informazione sul volo (FIC) dice: “Di traffici riportati noi non ne abbiamo specificamente. Però abbiamo un Notam, il 112, il quale suggerisce di suggerirvi (sic) di volare fra Catania Control zone e Ponza fra 220 e 310. Al di fuori di questo slot c’è possibilità di possibile traffico, appunto, della esercitazione Dawn Patrol cui fa riferimento il Notam”.

Dall’esame dell’intera conversazione si evince un notevole traffico di natura non precisata e certo inconsueta sui cieli di Sicilia. A tal punto che lo stesso pilota dell’AZ 136, esprime il suo disappunto sull’immediato mancato atterraggio del suo veivolo e sulla possibilità che dovesse attraversare il traffico in fase “finale”. (nella foto a destra, tratta da montagnalonga.wordpress.com, resti dell’aereo precipitato a Montagnalonga).

Perché? La risposta è una sola: c’era una esercitazione militare della Nato in corso. Per l’appunto. Cioè una ricognizione militare, cui partecipano mezzi aerei e navali.

Ma c’è dell’altro. L’AZ 112 dei piloti Bartoli e Dini, quella sera, non era solo nei cieli di Punta Raisi. Lo prova un verbale. Il 10 maggio 1972 nei locali degli uffici del Controllo dell’Aeroporto civile di Punta Raisi, Aldo Rizzo e Domenico Signorino, sostituti procuratori della Repubblica di Palermo (il secondo morirà suicida), procedevano all’ascolto della registrazione delle comunicazioni TBT contenuta nella bobina già sequestrata presso la Torre di Controllo dell’aeroporto, la notte del 6 maggio 1972. Veniva rilevata la perfetta integrità della bobina, si estraeva la stessa e si provvedeva all’ascolto. Risultavano registrate tutte le comunicazioni della torre di controllo con gli aerei: ATI 325, ATI 326, e con l’AZ112 e si trascrivevano le conversazioni. Si apprendeva, tra l’altro, che dopo le ultime parole pronunciate dai piloti del DC 8- AZ 112 I-DIWB, il nastro aveva registrato una pausa e poi una breve conversazione in lingua straniera con un aereo russo Ilyushin Il-18, in attesa di decollo e che nel gergo della Nato veniva definito Coot. Durante l’ascolto si riscontra altra pausa e la voce dell’operatore della torre di controllo che chiama più volte, senza risposta, il personale di bordo dell’aereo AZ 112. Dopo un‘altra pausa, si sente una conversazione (effettuata alle 22,40 circa) in lingua inglese tra l’operatore della torre di controllo e quello a bordo di un aereo inglese poi atterrato alle 23,16 minuti.

Nel caso dell’Ilyushin si tratta di un aereo adottato per una varietà di ruoli militari e che ha giocato un ruolo significativo nei servizi aerei dell’ex Urss. C’è da chiedersi: che ci sta a fare un aereo sovietico a Punta Raisi nel preciso momento in cui l’AZ 112 scompare dalla circolazione? Si trattava di un aereo in quel momento con una funzione squisitamente civile? Qualcuno ha mai indagato per saperne di più? Questa presenza poteva costituire uno degli elementi del traffico inconsueto che si registrò a una certa ora della sera nei cieli di Palermo? Pare di no, visto che il velivolo era ancora in attesa di decollo.

A meglio definire il quadro ci sono altri elementi. Ad esempio il circuito di interessi che legavano, nel nome della guerra fredda e dell’anticomunismo, il grande ombrello protettivo della Nato, i neofascisti e la mafia. Due aspetti, questi ultimi, molto presenti nel famoso Rapporto del vicequestore Giuseppe Peri. I fascisti, a suo modo di vedere, si erano dati all’industria dei sequestri per sviluppare a tappeto la loro attività sovversiva. E nel 1971-’72 i sequestri di persona non mancano veramente. Il 27 febbraio 1971 nella sua fattoria di Salemi è sequestrato Antonio Caruso; a settembre dello stesso anno Giuseppe Vassallo. Un mese dopo la morte per resistenza contro i malfattori causa il fallito sequestro di Vincenzo Traina. Infine, il 18 agosto 1972 è la volta di Luciano Cassina. Contemporaneamente a quest’ultimo evento, il L’Ora dà informazioni sulla scoperta di un campo paramilitare fascista a Menfi, a un tiro di schioppo da Salemi, mentre numerosi altri campi servono all’addestramento di altri militi neofascisti in divisa, pronti ad entrare in azione in caso di un colpo di Stato.

Lo denuncia un foglio ciclostilato del Pci di Cinisi, rintracciato tra le carte di Peppino Impastato. Un gruppo paramilitare è scoperto il 6 ottobre 1973 alle 20,30, nella contrada del Furi sovrastante l’aeroporto di Punta Raisi, quando una vettura grigio-verde con quattro individui a bordo, è vista bazzicare su quelle montagne. Da quanti anni era attivo su quella montagna? Da chi era composto? Chi lo comandava?

Chi sono gli uomini in divisa che si mettono a scrivere sui muri slogan inneggianti al vecchio regime mussoliniano, alla Grecia dei colonnelli, al golpe militare in Cile (1973)? Quasi nessuno a Cinisi sa che sotto quelle scritte, la sigla Sam vuole dire Squadre di Azione Mussolini. Del resto qui non tarderanno a farsi sentire gli attentati a bomba contro il generatore elettrico della cittadina (25-26 febbraio 1974) e contro gli uffici della sede Enel di Terrasini. I cinisensi e i siciliani in genere, abituati alla tranquillità, non si pongono molti problemi, né si chiedono da quanto tempo duravano quelle storie. E allo stesso modo si comportano con Montagnalonga, quando, la stampa e i tribunali, orientano le responsabilità sull’errore umano. (nella foto a destra, tratta da indirettadacarini.it, la croce che sovrasta Montagnalonga).

Ma come è possibile pensare che dei piloti professionisti come Bartoli e Dini commettano errori fatali in condizioni atmosferiche buone? Non può darsi che Montagnalonga in quel momento fosse, piuttosto che un tragico errore di due bravi piloti, un errore della guerra fredda?

La faccenda fu chiusa in un paio di settimane, quando una commissione di indagine, omettendo di valutare tutte le possibili ipotesi, concluse di addossare le colpe dell’accaduto ai morti che non potevano più parlare. Una tesi offensiva per i morti e per i vivi. Per i morti perché in tal modo venivano uccisi un’altra volta, per i vivi perché si sottovalutava l’intelligenza degli italiani.

Troppi elementi si legano direttamente alla geografia fisica e politica del luogo, capitale allora di ‘cosa nostra’. Una coesione di forze che già dagli anni Quaranta del secolo scorso aveva legato molti soggetti a uno stesso circuito: gli interessi prevalenti degli Stati Uniti d’America alla militarizzazione del Mediterraneo, contro eventuali influenze dell’Est europeo.

Consultando il “Base Structure Report 2002” del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, si osserva, infatti, che Punta Raisi è saltuariamente una base dell’Aviazione statunitense (Usaf) e che Isola delle Femmine, a pochi minuti di autostrada dall’aeroporto, è uno dei tre grandi depositi di armi e munizioni degli Usa in Sicilia. Ci troviamo, voglio dire, in un’area abbastanza calda dei piani strategici di difesa e di offesa militare dell’Italia e della Nato. Un’area sovrastata da altri punti militari di rilievo quali la torre di controllo di Monte Gradara sopra il comune di Borgetto, a pochi chilometri in linea d’aria da Punta Raisi, la costa di Torretta e la zona sovrastante verso la contrada Cippi nel territorio di Montelepre, dove ancora oggi è visibile la barriera di filo spinato che indica un’area militare off limit.

E’ nei cieli di quest’area che molti testimoni, intercettati dalla stampa di quei giorni, attestarono che un aereo in fiamme aveva attraversato lo spazio aereo sopra le loro teste, in evidente situazione di emergenza. Non pochi lo videro prima che il buio della notte cadesse su quelle terre e su quelle acque dove un incrociatore lanciamissili come l’Andrea Doria, fiore all’occhiello delle esercitazioni Dawn Patrol (“Ricognizione all’alba”), regnava da tempo.

Dopo Montagnalonga si sono avuti altri incidenti: nel 1974, nei cieli di Palermo, avviene il dirottamento di un aereo civile dell’Itavia. E’ arrestato il dirottatore tunisino, un affiliato ad Alfatah. Il 23 dicembre 1978 un Douglas DC9 si schianta a mare causando ben 108 morti e 21 sopravvissuti. Il 27 giugno 1980 un DC 9 Itavia con 77 persone a bordo e 4 membri dell’equipaggio esplode in volo e precipita tra Ustica e Ponza, a pochi minuti dall’atterraggio a Punta Raisi. E non è ancora finita. Il 27 settembre 1989, un Douglas DC9 dell’Ati diretto a Milano, con 102 persone a bordo in fase di decollo sulla pista 07-25 perde improvvisamente quota e termina la sua corsa sullo sterrato, a pochi passi dal mare. In questo caso il bilancio è di soli due feriti non gravi. In ultimo, il 24 settembre 2010, un Airbus 319-132 della Wind Jet, fabbricazione EI-EDM, proveniente da Roma Fiumicino, atterrando, esce di pista rompendo il carrello principale ed obbliga all’evacuazione dei passeggeri attraverso gli scivoli. Bilancio, anche questa volta, pochi feriti leggeri.

Aerei che sbandano o precipitano, come se una forza maligna li attirasse dentro un vortice o scatenasse contro di loro, bersagli inconsapevoli, il suo potere di morte e di distruzione. (Per approfondimenti vai sul blog di Giuseppe Casarrubea e digita la voce Nato nel riquadro search dell’home page di questo blog).

Foto di prima pagina tratta da casarrubea.wordpress.com

 

 


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