Modica, non affittano casa a ragazzo originario del Gambia Volontario: «Non ci ha nemmeno fatto visitare l’abitazione»

«La casa si affitta solo a persone locali». Così, dopo appena tre minuti dall’appuntamento fissato, sono stati liquidati sulla soglia della porta Francesco Rendo – volontario dell’associazione We Care di Modica (nel Ragusano) – e un giovane, originario del Gambia che è in Italia da sei anni, lavora, ha uno stipendio stabile e vive già in un’abitazione indipendente. «Da un po’ ha deciso di cambiare casa ma si sta rivelando un’impresa più difficile del previsto», commenta a MeridioNews il volontario suo amico che aveva preso l’appuntamento telefonico con il locatore modicano. «Quando ha capito che la persona interessata non ero io, ma lui, ci ha subito detto che non era disposto nemmeno a farci entrare per visitare la casa». 

Toni cordiali ma un atteggiamento di palese indisponibilità. «Di solito è mascherata e indiretta, in questo caso, invece, ci siamo trovati di fronte a un rifiuto sfacciato ma con toni per nulla sgarbati», commenta Francesco più abituato a tentativi andati a vuoto con case in affitto che «subito dopo la nostra visita, sono diventate magicamente indisponibili o date per già occupate». In questo caso, il passo indietro è arrivato ancora prima di potere mettere piede in casa. «Il proprietario si è giustificato dicendoci che per una scelta, condivisa anche con il fratello, di affittare la casa solo ai locali». Una motivazione che «ha fatto rimanere male il ragazzo – riferisce l’attivista – ma non lo ha nemmeno impressionato più di tanto. E anche questo è un problema perché significa che ci è abituato». 

Inutili sono stati i tentativi di spiegare che il ragazzo, sebbene nato nella piccola nazione dell’Africa, vive nel Ragusano da più di sei anni con un regolare permesso di soggiorno, una casa già in affitto, un lavoro e uno stipendio stabili, un’ottima padronanza dell’italiano (e anche di altre lingue), che sta completando gli studi di scuola superiore, che ha preso la patente di guida, che fa pure del volontariato. «Quando abbiamo provato a ribattere che, in realtà, la loro intenzione era di affittare soltanto a persone italiane – continua il racconto di Francesco – ci ha risposto che sarebbe stato disponibile a locare l’abitazione anche a non italiani ma “devono essere locali”». Un’affermazione confusa di fronte alla quale il volontario ha preferito non controbattere. 

Non in quel momento e non solo per questa particolare circostanza «che ha comunque fatto rimanere male il mio amico, nonostante purtroppo abbia già gli anticorpi», sottolinea Francesco che adesso, insieme agli altri volontari, ha già in mente una costante campagna di sensibilizzazione sui temi dell’accoglienza. «Episodi di questo tipo anche qui non sono più un fatto eccezionale – fa notare – ma questioni con cui ci troviamo a fare i conti con ordinarietà, quasi ogni giorno in circostanze diverse. La cosa fondamentale sarebbe riuscire ad andare oltre gli sterili pregiudizi». Intanto, da parte del sindaco di Modica Ignazio Abbate è già arrivata la disponibilità a impegnarsi per occuparsi del caso del giovane anche attivando i Servizi sociali del Comune. «Noi ringraziamo l’amministrazione comunale per l’interessamento – risponde il volontario – ma il punto non è trovare una soluzione a questa vicenda anche perché il ragazzo ha uno stipendio che gli consentirà di trovare una nuova casa in cui andare a vivere». L’intento dell’associazione è piuttosto quello di agire sull’intera comunità e di coinvolgere anche i cittadini e le istituzioni locali nella «creazione di un tavolo o di una rete di realtà locali in cui mettere al centro, discutere e confrontarsi sulla costruzione di migliori modelli di accoglienza», conclude Francesco. 

Marta Silvestre

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