Edipower vuole riconvertire la centrale termoelettrica di S. Filippo del Mela in un termovalorizzatore da 500mila tonnellate di rifiuti l'anno. Per farlo funzionare servirebbe una differenziata tra il 45 e il 65%. Ma una larga parte della popolazione dice no. «Il vero profitto sarà assicurato dai milioni di contributi pubblici»
Valle del Mela, la battaglia contro l’inceneritore Dieci volte più grande di quelli voluti dalla Regione
Un termovalorizzatore da oltre 500mila tonnellate di rifiuti l’anno, destinato a servire le province di Messina, Catania ed Enna. Questo, il polo delle energie rinnovabili che Edipower intende ricavare dalla riqualificazione della centrale termoelettrica di San Filippo del Mela. Generando il malcontento di una buona fetta della popolazione locale che, come annunciato dal comitato No inceneritore del Mela, alle 15.30 di domani, domenica 27 settembre, a un anno dal rogo della Raffineria di Milazzo, sfilerà in corteo lungo la statale 113, all’altezza di Archi.
La protesta è indetta in una zona in forte emergenza ambientale e sanitaria. Qui hanno sede la raffineria e la centrale termoelettrica che dà lavoro a circa 200 persone. In cantiere, pure l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, della Terna. Proprio la concorrenza di quest’ultimo ha suggerito a Edipower la riconversione, «garantendo la prosecuzione nel mercato dell’energia elettrica e contribuendo alla chiusura del ciclo dei rifiuti, minimizzando il ricorso alla discarica in accordo al piano regionale di gestione dei rifiuti 2012 della Regione Sicilia». Così, si legge nel progetto che, dallo scorso 18 settembre, è in attesa di valutazione di impatto ambientale (Via) da parte del ministero dell’Ambiente. I termini per la presentazione delle osservazioni scadranno il 21 novembre. La progettazione definitiva è consultabile pure al ministero dei Beni culturali, alla Regione, alla Provincia di Messina e al Comune di San Filippo del Mela.
L’impianto di valorizzazione energetica di Css (combustibile solido secondario, materiale di scarto della differenziazione) verrà realizzato all’interno dell’area da 540mila metri quadrati della centrale termoelettrica a olio combustibile ad alto tenore di zolfo di Archi Marina, all’interno del consorzio Asi di Messina, sul litorale est di Capo Milazzo. «Trattandosi di un rifiuto speciale, per il Css non ci sono vincoli al bacino di approvvigionamento», si legge nel progetto. Annualmente, si prevedono 510mila 545 tonnellate di rifiuti (quasi dieci volte la portata dei sei piccoli inceneritori auspicati da Rosario Crocetta in Sicilia), conferiti tramite trasporto su gomma, in un raggio di circa 200 chilometri. Quindi, dalle province di Messina, Catania ed Enna. Perché vengano rispettati questi criteri, è necessaria una raccolta differenziata tra il 45 e il 65 per cento. Valori ancora lontani dalla realtà, in Sicilia, ferma al 10 per cento.
Secondo Edipower, la riqualificazione «garantirà consistenti riduzioni delle emissioni in atmosfera». Dell’85 per cento per gli ossidi di zolfo, del 23 per quelli di azoto, del 73 per l’anidride carbonica. «La mancata realizzazione impedirà di diminuire le emissioni di inquinanti e di salvaguardare l’occupazione». Di parere diametralmente opposto il comitato No inceneritore del Mela che raccoglie, tra gli altri, associazioni come Rifiuti zero Sicilia e Zero waste Europe. «Nella loro indagine – afferma uno dei membri, Samadhi Lipari – non si fa menzione alcuna di micro inquinanti come diossine, metalli pesanti, nano polveri. Quello che si vuole realizzare è peggiore di un normale termovalorizzatore, per via della maggiore concentrazione di plastica e derivati petroliferi da bruciare».
Risibili, secondo il comitato, i benefici che la riqualificazione comporterebbe: «Si produrrebbe solo il 5 per cento di energia elettrica: 60 mega watt l’ora contro gli attuali 960. Il vero profitto sarà assicurato dai milioni di euro di contributi pubblici derivanti dalla legge sul conto energia. Di contro, aumenta la spesa sanitaria a causa dell’alto tasso di malattie oncologiche che si registrano in un raggio di 30 chilometri dagli impianti». Danni anche alle attività produttive alternative, come «l’agroalimentare e il turismo», secondo Lipari. Mentre i 150 posti di lavoro sottoscritti con i sindacati si vedranno solo dal 2019: «Posti che si possono attivare prima, facendo consorziare i Comuni della zona, puntando sulla differenziata porta a porta e la biostabilizzazione». Problemi anche al traffico stradale: «Per conferire i rifiuti si prevede un camion ogni sette minuti. Non si risolve nemmeno il problema delle discariche, perché è contemplato lo stoccaggio pre combustione e quello delle ceneri pericolose, il 30 per cento delle oltre 500mila tonnellate di Css programmate». Riqualificazione sconsigliata, infine, poiché per decreto regionale «l’area è a elevato rischio ambientale mentre San Filippo e Milazzo sono siti di interesse nazionale per le bonifiche».