La compagnia Daf coinvolge decine di giovani migranti per inserirli realmente nella società. Il progetto prende spunto dal film Teorema di Pasolini. Seguiranno cinematografia, calcio, musica e fotografia. «Affinché questa città non sia solo luogo di passaggio, ma fornisca una crescita culturale»
Messina, minori stranieri a laboratorio di teatro «Ogni uomo ha diritto di coltivare i propri talenti»
L’integrazione, quando dalle parole si passa ai fatti, può assumere tante forme e tante facce. Come quelle dell’iniziativa in corso a Messina, grazie alla compagnia Daf – Teatro dell’esatta fantasia, e ai suoi protagonisti. Con un laboratorio teatrale capace di coinvolgere decine di giovani migranti, attualmente collocati nel centro Ahmed, e l’obiettivo di inserirli nel contesto sociale cittadino, grazie alla collaborazione volontaria e a titolo gratuito di professionisti e no della mediazione culturale. Un progetto che contempla anche attività che spazieranno dalla fotografia alla cinematografia, fino alle arti visive, musicali e sportive. Il calcio, in particolare.
L’inizio delle attività è previsto per questa settimana. Tranne quella teatrale, già avviata grazie al progetto Parola Pasolini, ricerca che prende spunto dal film Teorema, nel 40esimo anniversario della morte del regista. Un testo che, come affermano i vertici del Daf, «indaga sul rapporto con l’altro, quale estraneo, ospite, diverso». Il laboratorio, ideato e guidato dall’attore Angelo Campolo, è inserito nel progetto teatrale Laudamo in città 2015/16, in collaborazione con il teatro Vittorio Emanuele.
Negli incontri che in questi giorni si stanno tenendo nella sala Laudamo (ridotto del teatro Vittorio Emanuele), sta avvenendo un primo scambio di idee, esperienze, influenze musicali, e artistiche più in generale, cariche della storia di ognuno dei giovani, ma ricche di speranza. «La sfida che ci prefiggiamo – afferma Giuseppe Ministeri, presidente dell’associazione culturale – è di andare oltre il primo approccio che si pone davanti all’emergenza». La città dello Stretto è tra i porti col più alto numero di sbarchi: «Al di là di vitto, alloggio e assistenza medica – prosegue – si vuole consentire ai migranti un inserimento reale nella nostra società, valorizzando inclinazioni, attitudini e talenti che ogni uomo ha diritto di coltivare e migliorare. Affinché Messina non sia solo luogo di passaggio, ma fornisca anche le condizioni per una crescita culturale e sociale».
A spiegare come sia nato tutto è Clelia Marano, operatrice del centro Ahmed: «È stato Alessandro Russo (esponente locale del Pd, ndr) a propormi di fare qualcosa di simile, un paio di mesi fa. Subito dopo questa conversazione, mi è arrivata casualmente la telefonata di Angelo Campolo, deciso a illustrarmi un progetto che si conciliava perfettamente». Tutti i ragazzi del centro per minori accompagnati che lo vorranno, potranno a rotazione partecipare ai laboratori che si terranno due volte la settimana. «Importante – spiega Marano – è il supporto degli educatori». Trattandosi di minorenni, sono tutti tutelati dagli avvocati Carmelo Picciotto e Paola Magaudda.
«Si tratta di giovani – racconta Campolo – che per la prima volta hanno calcato le tavole di un palcoscenico. Il loro ingresso in teatro in fila indiana, l’imbarazzo, le risate, gli sguardi incerti, la fierezza e il dolore negli occhi sono immagini che non scorderò facilmente». Niente pasoliniani elogi della sconfitta, tuttavia: «Forse vittoria e sconfitta sono concetti da storicizzare, ormai, sostituiti da sopravvivenza o cancellazione. Vita o deserto. Il teatro per cui mi piace lavorare è quello della vita, che non nega il dolore, anzi gli va incontro senza freni per compiere un balzo micidiale e superarlo. Con questi ragazzi – conclude – per i primi due incontri abbiamo dato spazio alla lingua del teatro, fatta di corpo, musica e ritmo. Poi alcuni di loro, in modo spontaneo, hanno deciso di far entrare le parole. Lo spunto è arrivato da un passo di Una stagione all’inferno di Arthur Rimbaud, letto in francese, lingua ufficiale del Mali».