Il ritrovamento di un piroscafo di fine Ottocento nelle acque dello Stretto conferma come il nostro mare sia ricco di tesori tutti ancora da trovare. Si tratta dell’ultima scoperta in ordine di tempo di uno dei tanti relitti che popolano i fondali del porto di Messina. Il ritrovamento del piroscafo in legno è avvenuto per caso durante una campagna esplorativa organizzata da Ecosfera Diving, finalizzata alla documentazione del relitto della nave Groppo.
Il team di appassionati di immersioni si è imbattuto nei resti del piroscafo a soli 50 metri da un’altra imbarcazione: la nave Protugal. Il piroscafo è quasi del tutto insabbiato, a una profondità compresa tra i 55 e i 62 metri. I resti dell’imbarcazione sarebbero assimilabili a quelli di un battello probabilmente utilizzato per il traghettamento tra Sicilia e Calabria, prima dell’avvento dei moderni traghetti bidirezionali.
La scoperta è arrivata in concomitanza con una campagna oceanografica per setacciare i fondali messinesi. Condotta dall’Università degli studi di Messina, si è svolta all’interno del porto di Messina, così come la raccolta dati sui relitti archeologici sommersi al largo di Capo Rasocolmo. A setacciare il fondale interno alla falce di Messina, area oggi interamente portuale, è stata la Uboat Navigator, nave diving maltese, specializzata in filmati subacquei, fotografia subacquea 3D, mappatura e ricerca storica. La Uboat Navigator ha già affiancato l’Ar.Bio.Me, progetto di studio archeologico e biologico dello Stretto di Messina che prevede la collaborazione di diversi enti, tra cui l’Università di Messina e l’Università di Malta, la Sovrintendenza del Mare e la Capitaneria di Porto.
«Proprio dai fondali di capo Rasocolmo – spiega il sovrintendente del mare per la Regione, Sebastiano Tusa – un tempo le navi si fermavano prima di entrare in porto, aspettando correnti favorevoli o il sistemarsi delle condizioni meteo». Ed è proprio qui che in passato sono state fatte importanti ricerche da un punto di vista archeologico. Nell’area di Capo Rasocolmo è stato ritrovato nel settembre del 2008 un rostro. Il reperto era a circa otto metri di profondità a meno di trecento metri dalla costa ad Acqualadroni. Recuperato dalla Soprintendenza del Mare e dalla Guardia Costiera, è collocabile tra il 360 ed il 190 a.C.
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