L'emergenza idrica dovrebbe andare avanti ancora sette giorni. Il nuovo collegamento sarà lungo 350 metri e verrà collocato a 150 metri d'altezza. «Rimarrà fino al ripristino della collina di Calatabiano». Su cui si effettueranno monitoraggi con lo stesso radar usato per la Costa Concordia
Messina, il nuovo bypass pronto in una settimana «Fino ad allora una parte di città rimarrà senz’acqua»
Ancora sette giorni di passione prima del ripristino della normale erogazione dell’acqua corrente a Messina. Questo, secondo la Protezione civile, il tempo necessario alla realizzazione del bypass provvisorio lungo l’acquedotto Fiumefreddo. Un impianto della portata di 600 litri al secondo che, insieme ai circa 300 del bypass con l’Alcantara, dovrebbe soddisfare anche il fabbisogno di chi è ancora all’asciutto.
Il progetto è stato presentato oggi pomeriggio nei locali della Protezione civile di viale San Martino. Il nuovo bypass, lungo 350 metri, sarà composto da tre tubi in polietilene, ognuno di 30 centimetri di diametro, rivestiti in kevlar e collocati a 150 metri di altezza. L’utilizzo di un rullo eviterà di effettuare saldature sul posto, alla luce delle condizioni del terreno. Le tubature saranno ancorate con dei tiranti, proprio per garantire la stabilizzazione della condotta in presenza di eventuali nuove frane. Il bypass sarà costruito lontano dal corpo della frana per favorire la messa in sicurezza dell’acquedotto. Sarà la ditta Benassi di Reggio Emilia a fornire le tubazioni e a posizionarle.
Come spiega Leonardo Termini, presidente dell’Amam, che ha redatto il progetto, «il bypass rimarrà tutto il tempo necessario al ripristino della collina». Solo dopo la messa in sicurezza dell’area di Calatabiano colpita dalla frana si potrà pensare a interventi permanenti. L’azienda, inoltre, «verificherà lo stato di tutta la condotta» per prevenire altri disservizi. Questa soluzione, assicura Fabrizio Curcio, direttore della Protezione civile nazionale, inviato a Messina dopo la proclamazione dello stato di emergenza da parte del governo, permetterà di rifornire le zone della città rimaste finora sprovviste: «Quello di Messina è un sistema idraulico complesso e con l’emergenza la situazione è peggiorata. Finché non realizzeremo il bypass, una parte della città rimarrà senz’acqua». Il ricorso alle autobotti – 34 quelle impiegate – sebbene non rappresenti la condizione ottimale, è finora il mezzo ritenuto più idoneo a tamponare.
L’acquedotto Fiumefreddo, come conferma il dirigente, presenta criticità importanti, «non fosse altro per il tracciato che in più punti attraversa zone in dissesto idrogeologico. Il problema va affrontato in maniera strutturale – prosegue – Messina merita una struttura più resiliente. Si stanno incrementando le dotazioni d’acqua alle categorie fragili – aggiunge con riguardo alla gestione dell’emergenza – così come ai condominii con famiglie numerose in difficoltà. L’obiettivo è dare acqua il prima possibile a chi non ce l’ha».
Il prima possibile, come dichiara Calogero Foti, commissario delegato per l’emergenza idrica, è «una settimana». Questo il tempo stimato per costruire il bypass provvisorio: «Abbiamo agito con la massima velocità – dice – considerando la necessità di non interrompere gli interventi di sistemazione del versante della frana. Da domani effettueremo un monitoraggio dell’area con un sistema Gps e un radar». Radar che è lo stesso impiegato in occasione del naufragio della Costa Concordia e per controllare l’attività dello Stromboli, come attesta il professor Nicola Casagli, dell’università di Firenze, parte della task force messa in piedi, insieme ad Acea e Acquedotto Pugliese, indicati da Utilitalia, e ai tecnici della società Sidra di Catania.
Casagli, dopo una prima analisi dei luoghi, parla di «frana poco profonda», di cinque metri rispetto allo strato roccioso, ma capace di accelerare col fango che potrebbe crearsi con la rottura della condotta e la fuoriuscita d’acqua. Il monitoraggio darà riscontri più precisi mentre le operazioni di messa in sicurezza saranno mirate al «ripristino dei terrazzamenti e alla stabilizzazione del versante». La Protezione civile non muove ufficialmente accuse al Comune, in merito alla gestione della crisi idrica che perdura ormai dal 24 ottobre scorso. Tuttavia, Curcio e Foti fanno notare che «tutti i grandi centri dovrebbero dotarsi di un piano d’emergenza per fare fronte ai guasti, soprattutto in presenza di strutture non resilienti».