L'inchiesta ha fatto luce sulla fitta rete di legami di Cosa Nostra nella città dello Stretto. A differenza di quanto emerso in un primo momento, l'avviso di conclusioni delle indagini è arrivato anche ai due big della politica messinese, passati nel frattempo in Forza Italia. L'accusa per i due è associazione a delinquere semplice
Messina, concluse indagini su operazione Matassa Tra i 54 indagati pure i deputati Rinaldi a Genovese
È stato notificato anche agli onorevoli di Forza Italia, Francantonio Genovese e Franco Rinaldi l’avviso di conclusione indagini siglato dalle sostitute della Direzione disetrettuale antimafia di Messina Liliana Todaro e Maria Pellegrino nell’inchiesta Matassa dello scorso maggio, che ha fatti luce sui recenti intrecci tra Cosa Nostra, politica e imprenditoria a Messina, compreso il presunto voto di scambio nelle elezioni del 2013 e gli affari attorno allo stadio San Filippo. In totale l’avviso di conclusione delle indagini è stato recapitato a 54 persone.
A differenza di quanto emerso al momento degli arresti di maggio, adesso nella lista degli indagati compaiono anche i due nomi eccellenti della politica messinese: il deputato nazionale Genovese e il cognato parlamentare regionale Rinaldi. Sono accusati di associazione a delinquere al fine di «commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione elettorale». Nel mirino degli inquirenti sono finite tre tornate elettorali: le amministrative del 2013 e le regionali e nazionali del 2012. Votazioni durante le quali, secondo la Procura, sarebbero stati comprati voti per favorire Genovese, Rinaldi e il consigliere comunale ex Pd, oggi Fi, Paolo David, arrestato il 12 maggio scorso e poi scarcerato.
David, che faceva parte della segreteria politica di Rinaldi e Genovese, è indicato nell’inchiesta come il «promotore e organizzatore». Durante le indagini gli investigatori sono riusciti a documentare come il sistema per procacciare i voti fosse servito fin dalle primarie del Pd per la scelta del sindaco, e poi per le Regionali del 2012 e per le ultime Amministrative. Un voto sarebbe costato circa 50 euro, o acquistato con una busta della spesa. Un pacchetto di una decina di voti, inoltre, sarebbe stato scambiato con un’assunzione trimestrale in strutture compiacenti. L’organizzazione, secondo la Procura «raccoglieva un cospicuo numero di voti, avvalendosi di un gruppo di persone gravitanti negli ambienti della criminalità organizzata che, allo scopo di ottenere vantaggi, agiva come struttura di aggressiva propaganda elettorale». In particolare, alcuni degli indagati, si legge nel dispositivo dei magistrati, «mediante un diffuso e capillare sistema clientelare» ostacolavano «il libero esercizio del diritto degli elettori, procurando voti a Franco Rinaldi e a Francantonio Genovese». I due politici hanno sempre dichiarato che non erano consapevoli della provenienza dei consensi.
L’avviso di conclusione indagini è stato notificato a Giuseppe Barillà, Carmelo Bombaci, Salvatore Borgia, Giuseppe Cambria Scimone, Giuseppe Capurro, Carmelo Catalano, Vittorio Catrimi, Giovanni Celona, Francesco Celona, Vincenza Celona, Fortunato Cirillo, Francesco Comandè, Piero Costa, Paolo David, Andrea De Francesco, Santi Ferrante, Francesco Foti, Gaetano Freni, Francantonio Genovese, Stefano Genovese, Mario Giacobbe, Baldassare Giunti, Lorenzo Guarnera, Paola Guerrera, Michelangelo La Malfa, Antonino Lombardo, Fortunato Magazzù, Salvatore Mangano, Orazio Manuguerra, Raimondo Messina, Massimiliano Milio, Rocco Milo, Gaetano Nostro, Lorenzo Papale, Angelo Pernicone, Giuseppe Pernicone, Giuseppe Perrello, Adelfio Perticari, Cristina Picarella, Giuseppe Picarella, Salvatore Pulio, Rocco Richici, Francesco Rinaldi, Giovanni Santamaria, Pietro Santapaola, Luca Siracusano, Paolo Silvestro Siracusano, Francesco Tamburella, Rosario Tamburella, Fabio Tortorella, Domenico Trentin, Carmelo Ventura, Giovanni Ventura e Francesco Zuccarello.