Medici senza frontiere lascia il Cpsa di Pozzallo «Condizioni indegne, manca volontà di cambiare»

Poco più di un mese fa, Medici senza frontiere aveva denunciato con parole forti la situazione all’interno del centro di prima accoglienza di Pozzallo: «Un trattamento umiliante e degradante che aumenta la tensione e provoca casi di autolesionismo», affermava. Oggi si arrende di fronte all’impossibilità di cambiare e annuncia che l’organizzazione lascerà il Cpsa, chiudendo anche il progetto di supporto psicologico nei Centri di Accoglienza Straordinaria della Provincia di Ragusa. «Msf – si legge nella nota – ritiene che il centro di Pozzallo non offra le garanzie minime per una collaborazione efficace e rinnova il proprio appello alle autorità italiane affinché sviluppino risposte concrete e di lungo termine. I bisogni medici e umanitari delle persone più vulnerabili, passate attraverso condizioni durissime nel loro viaggio verso l’Europa, devono essere la priorità».

Nel report consegnato a novembre alla Commissione parlamentare d’inchiesta, l’organizzazione denunciava la presenza di blatte ovunque, anche nell’ambulatorio medico; docce con acqua freddasenza porte o tendine; molti casi di scabbia non curati come si dovrebbe a causa della mancanza del kit previsto dal capitolato; porte chiuse con assi di legno e minori privati per due settimane della possibilità di prendere aria nelle zone all’aperto dello stesso centro. Dopo il rapporto e mesi di trattative, «nessun segno concreto di miglioramento o alcuna volontà politica sono stati espressi dalle autorità locali e nazionali – sottolinea Msf – lasciando presagire il permanere di un modello strutturalmente inadeguato». «Nonostante le nostre richieste – dichiara Stefano di Carlo, capo missione Msf in Italia – le condizioni precarie e poco dignitose in cui vengono accolti migranti e rifugiati appena sbarcati – quali sovraffollamento, scarsa informazione legale e tutela dei diritti – rischiano di rimanere la realtà del futuro. In queste condizioni – continua – la nostra capacità di offrire una risposta efficace ai bisogni medici e psicologici delle persone vulnerabili – come le donne gravide, i minori e le vittime di tortura – è estremamente limitata».

La stessa struttura – di proprietà della Regione Sicilia e gestita dal Comune – è destinata a diventare uno degli hotspot cogestiti dall’Unione europea. Cosa che preoccupa l’organizzazione medico-umanitaria. «Sempre meno attenzione viene data alla protezione delle persone più vulnerabili che arrivano provate dal lungo viaggio – sostiene Federica Zamatto, responsabile medico per MSF dei programmi sulla migrazione – Durante lo sbarco e la prima accoglienza l’aspetto medico-umanitario deve avere la priorità e il benessere psico-fisico delle persone deve essere assicurato. Proprio mentre il centro di Pozzallo si appresta a diventare un hotspot, siamo estremamente preoccupati che si trasformi nel modello della prima accoglienza in Italia, un modello che riteniamo del tutto inadeguato».


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