Insegnante, giornalista, militante pacifista. Così Antonio Mazzeo, candidato al parlamento europeo per la circoscrizione isole, descrive in questa intervista la motivazione che lo ha portato a mettersi in gioco: «Perché l'Europa oggi è troppo lontana dai bisogni delle persone e troppo vicina a quelli di grandi industrie e banche»
Mazzeo, candidato in Europa con Tsipras «Politici boia delle sentenze di Bruxelles»
Si definisce un pacificista anti militarista Antonio Mazzeo, candidato alle prossime europee nella circoscrizione isole con la lista Tsipras. Conosciuto a molti come attivista anti Muos, l’impianto di antenne satellitari costruito a Niscemi e al centro di tante contestazioni, è da sempre impegnato in campagne sociali e ambientali. E’ un insegnante di educazione fisica e si definisce un giornalista seppure non è iscritto all’Ordine. «Giornalista è chi scrive non chi è iscritto», dice. Ambiente, diritti umani e disarmo sono i temi che vuole portare all’attenzione del parlamento europeo. «Perché l’Europa oggi è troppo lontana dai bisogni delle persone e troppo vicina a quelli di grandi industrie e banche. Non è nata per questo e bisogna invertire la rotta», dichiara.
Partiamo dal suo percorso professionale.
«Sono un insegnante di educazione fisica che però si è sempre occupato di problemi sociali. Per circa 13 anni ho anche preso una pausa dall’insegnamento perché ho partecipato a progetti di cooperazione con associazioni non governative in paesi del sud del mondo. Da sempre inoltre, alterno tutto questo con la scrittura. Ho scritto centinaia di articoli e rivendico di essere un giornalista, ma non sono iscritto all’Ordine. Non ci credo infatti, perché non tutela chi subisce discriminazioni e come ho imparato all’estero: giornalista è chi scrive non chi è iscritto».
Giornalista, attivista, insegnante. Se dovesse scegliere una definizione quale preferirebbe?
«Mi definisco un pacificista anti militarista. La naeutralità non mi è mai piaciuta e credo che tutto quello che facciamo sia una scelta politica. Anche giornalisticamente, quindi, io mi sono schierato. Non esiste un giornalismo neutrale e si deve scegliere da che parte stare».
Perché ha deciso di candidarsi? Qual è il senso dell’Europa oggi?
«Mi candido perché è necessario cercare di cambiare le cose, ridare centralità alle persone piuttosto che ai mercati. L’Europa nasce con lo scopo di porre al centro l’essere umano, di evitare i conflitti e quindi creare un mondo di pace in cui i diritti umani stanno al primo posto. Oggi però io non la ritrovo. Le politiche europee come il fiscal compact hanno permesso una esplosione del debito incedibile, ad esempio. Hanno distrutto la Grecia, la culla della cultura, per non parlare del fatto che la banca europea presta – a tasso zero – denaro alle banche commerciali, perché poi queste lo prestino agli Stati facendoli pagare. E’ assurdo, ma purtroppo solo solo alcuni piccoli esempi, se ne potrebbero fare molti altri.
Perché ha scelto la lista Tsipras? Cosa la differenzia dagli altri partiti?
«Se non ci fosse stata questa lista non mi sarei candidato perché non c’è forza politca nel centro sinistra che non abbia gradi responsabilità per come l’Europa è stata progettata negli ultimi anni. Non si tratta infatti di un partito, ma di una coalizione di movimenti, gruppi e singoli che stanno tentando un processo di riunificazione della sinistra che sia radicale e anti neoliberista. Non sono mai stato iscritto ad un partito anche se credo che siano necessari per una piena democrazia. La lista Tsipras è il tentativo di mettere insieme chi da sempre lotta per la difesa dei diritti umani, per la salute della gente, per un futuro migliore. Sono tante le battaglie importanti fatte e da continuare come quella contro il Muos a Niscemi o la discarica a Motta Sant’Anastasia.
Quali sono le sue priorità da portare all’attenzione del parlamento europeo?
«Mi batterò perché ogni scelta deve essere per uno sviluppo autocentrato. Vuol dire che deve partire dal basso, soddisfacendo prima di tutto i bisogni degli uomini e delle donne europee. Serve, pace, disarmo e politiche ambientaliste, inoltre».
I siciliani sentono molto distanti le istituzioni europee. Come fare per cambiare questo atteggiamento?
«È una scommessa. Bisogna fare capire alla gente che le decisioni che riguardano il territorio dipendono moltissimo dallEuropa. Le scelte europee hanno infatti permesso che leconomia locale fosse devastata. È il frutto di scelte geostrategiche che non implicano la Sicilia, ma unagevolazione per i paesi del Magreb a cui abbiamo chiesto di arginare il fenomeno dellimmigrazione. Loro fanno quello che gli chiediamo, insomma, e in cambio agevoliamo le loro esportazioni conseguenza di unagricoltura piuttosto schiavista. Gli amministratori locali spesso sono soltanto dei boia che eseguono le sentenze emesse a Bruxelles e invece dovrebbero avere il coraggio di schierarsi a favore dei movimenti sociali».
Fondi europei. Come fare in sede locale per spendere davvero le risorse assegnate? Dai parlamentari europei siciliani non sarebbe auspicabile unazione di controllo o supervisione?
«Bisognerebbe smetterla di pensare che lEuropa è una vacca da mungere e quindi smetterla coi progetti studiati a tavolino che hanno solo questo scopo. Si devono invece spendere i soldi, al momento se ne usano percentuali infinitesimali, per servizi reali. Parte di quelli spesi, invece, sono stati destinati al settore della Formazione regionale, che come sappiamo tutti è stato investito da uno scandalo secondo cui tali corsi esistevano solo sulla carta. Una commissione parlamentare certo, servirebbe, ma non fatta solo da siciliani, che senso ha?».
Trasporti e infrastrutture. Quelle esistenti sono obsolete e molte mancano quindi fuori dai cosiddetti corridoi Core. Cosa fare per invertire la rotta?
«Bisogna pensare al territorio. Servono strutture e infrastrutture che fungano da servizi e non si configurino come strumenti a disposizione delle grandi imprese di costruzione, che decidono di tracciare linee di collegamento calpestando tutto quello che cè in mezzo. I progetti devono essere intelligenti e realizzabili. Non come quello per il ponte sullo stretto tanto che lEuropa non ha voluto finanziarlo».
[Foto di Antonio Mazzeo]