«Ritardare un’operazione al femore anche di un solo giorno può rappresentare la differenza tra la vita e la morte». A ricordarlo è Giovanni Trimarchi, direttore della casa di cura polispecialistica Cristo Re, a Messina, alle prese con la carenza di sangue tipica dell’estate. Una situazione che, nei giorni scorsi, ha indotto i parenti di due anziane pazienti a rivolgersi al Tribunale per i diritti del malato (Tdm) della provincia peloritana, a causa dei ritardi dei rispettivi interventi chirurgici. Vittime di un «fenomeno che non è affatto messinese» si ritengono pure i vertici della clinica. Per questa ragione, lo stesso Trimarchi, due giorni fa, ha scritto all’assessorato regionale alla Sanità, all’Asp di Messina e al centro trasfusionale dell’azienda ospedaliera Papardo, invocando provvedimenti.
Ad aprire il caso è un anziano di Messina, rivoltosi al Tdm poiché la propria moglie 66enne, ricoverata lo scorso 21 luglio a causa della rottura di un femore, dopo sei giorni non era stata ancora operata per «mancanza di sangue». L’uomo riferisce della richiesta della casa di cura di reperire dei donatori, «che prontamente si sono presentati al centro trasfusionale del Papardo». Il 28 luglio, l’intervento. Analoga la disavventura di una 81enne di Fiumefreddo di Sicilia, in provincia di Catania. A sollecitare il tribunale, stavolta, è il figlio. Avendo rimediato la frattura di un femore, la donna viene ricoverata a Cristo Re il 2 agosto. Anche qui, l’invito a trovare dei donatori. L’operazione, fissata per il 10, stando alle dichiarazioni del congiunto, un 45enne iscritto all’Avis, sarebbe stata messa in discussione da una comunicazione ricevuta il giorno prima: «Il centro trasfusionale del Papardo non aveva più sangue disponibile per l’intervento». Quanto basta a indurlo a far dimettere la madre per trasferirla in un’altra struttura sanitaria. Da notare che i familiari di entrambe le donne ne denunciano lo «stato depressivo a causa del notevole ritardo accumulato».
Secondo quanto si apprende da fonti interne al Tdm, per l’81enne di Fiumefreddo, dalla casa di cura sarebbe stata avanzata una richiesta al centro trasfusionale il 3 agosto ma nessuno si sarebbe fatto sentire malgrado il plasma fosse disponibile. Contattato telefonicamente, Giovanni Papalia, dirigente medico di medicina trasfusionale, rifiuta alcun riscontro. A differenza di Trimarchi, deciso a portare alla luce una problematica che rischia di avere serie ripercussioni sulla salute dei cittadini: «Giorno 10 – dice – avevamo un flacone ma il parente ha portato via la donna». Il direttore di istituto aggiunge che «ogni giorno abbiamo un addetto che fa la spola Cristo Re – Papardo per il sangue».
«In estate – prosegue – facciamo i conti con una penuria che anche quest’anno ha investito tutti. In questi casi, la priorità viene data ai malati più gravi. Non è la prima volta, non sono condizioni volute e non c’è da colpevolizzare nessuno. I donatori vanno in ferie, per cui è facile incorrere in simili carenze». Ma nei casi di anziani vittime della frattura di un femore, occorrerebbe procedere con tempestività: «Una circolare ministeriale – spiega il dirigente – invita a operare entro le 24 – 48 ore. Ogni giorno in più che passa potrebbe mettere a rischio la vita del paziente». Purtroppo, se si tratta di persone anziane o impossibilitate a muoversi, come nei casi portati all’attenzione del Tdm, «non è possibile procedere con l’autotrasfusione. Pertanto – conclude – invitiamo i parenti a donare ma il loro sangue, invece che andare al congiunto, viene raccolto dal centro. Non si tratta di un problema solo messinese».
Per questa ragione il dirigente ha scritto a Palermo, oltre che all’Azienda sanitaria e al Papardo. È stata, infine, Angela Rizzo, coordinatrice provinciale del Tdm, l’11 agosto, a invitare i direttori generali delle aziende ospedaliere messinesi a «sperimentare sistemi più adeguati per gestire le forniture di sangue, riducendone gli sprechi e migliorandone l’utilizzo».
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