Il noto attivista è recluso al Pagliarelli di Palermo dal 5 agosto 2018 per aver scagliato delle pietre contro l'apparato militare di Niscemi. Le attiviste si rivolgono al presidente Sergio Mattarella: «Lo Stato deve prendersi le sue responsabilità»
Mamme No Muos chiedono la grazia per Turi Vaccaro «In questi tempi di guerra in carcere c’è un pacifista»
«In questi tempi di guerra l’unico in carcere è un pacifista». Samanta Cinnirella è una delle mamme No Muos di Caltagirone. E il paradosso sul quale riflette è quello relativo a Turi Vaccaro, il noto attivista non violento che dal 5 agosto del 2018 è recluso al Pagliarelli di Palermo. Turi non ha bombardato interi popoli, non ha armato nessuno Stato, ha anzi provato a impedire tutto ciò scagliando delle pietre verso alcune apparecchiature necessarie al funzionamento del Muos (il contestato sistema di telecomunicazioni satellitari di proprietà della Marina militare Usa).
Recentemente ha rifiutato di firmare i moduli che avrebbero potuto permettergli di tornare libero. «Non vuole la carità dallo Stato per quello che è un suo diritto», ha spiegato il presidente di Antigone Sicilia Pino Apprendi. Ecco perché le mamme No Muos hanno scelto di rivolgersi direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affinché conceda la grazia a «un uomo, un attivista e un nonno profondamente pacifico, sempre scalzo e di una sobrietà ecologica sorprendente».
Nella lettera, che è anche una raccolta firme sulla piattaforma Change.org, le attiviste ripercorrono la storia di Vaccaro: il lavoro giovanile presso la Fiat a Torino e il successivo licenziamento quando scopre che lì si assemblano componenti di un sistema di trasporto militare, l‘opposizione all’installazione degli euromissili nucleari a Comiso negli anni ’80, la costruzione della Pagoda della pace a Comiso insieme al monaco buddista Morishita e poi una vita errabonda tra Val di Susa (dove aderisce al movimento No Tav), Olanda (dove distrugge negli anni ’80 due F16) e Sicilia. Sempre fuori dal sistema produttivo: non ha il cellulare, non usa l’auto per spostarsi, non indossa scarpe, non ha una casa.
Da più di un anno, per lui, la detenzione in uno dei carceri più duri d’Italia. «Con la petizione abbiamo voluto rendere pubblica la figura di Turi – racconta Samanta – e l’importanza delle sue e delle nostre lotte. Turi è un uomo controcorrente, certamente, ma il fatto che in galera ci sia uno come lui è un ossimoro. E intanto in tanti parlano di pace, mentre ormai si è perso il valore di questa parola in una società che vive in un conflitto perenne, sia nei termini che nelle azioni politiche quotidiane. Lo Stato deve prendersi le sue responsabilità e liberare un uomo che fa del bene».