Mafia, sequestrati beni per 30 milioni di euro «L’imprenditore era vicino ai Santapaola»

Undici società e un patrimonio di 30 milioni di euro. È questo l’ammontare del capitale che è stato sequestrato a Emanuele Caruso, 44 anni, di Paternò, imprenditore ritenuto dai magistrati vicino al clan Santapaola-Ercolano. Imprese, quelle riconducibili a Caruso, che stavano sul mercato, fatturavano, commercializzavano prodotti e partecipavano a gare d’appalto: non soltanto interessi mafiosi, ma anche puramente imprenditoriali. Sintomo di una gestione del patrimonio più attenta e curata da parte della criminalità organizzata.

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Assolto in primo grado per associazione mafiosa, ma condannato per associazione a delinquere semplice, Caruso aveva subito già nel 2006 la confisca definitiva dei beni. «Quella di oggi è una misura cautelare – spiega il neo procuratore capo Giovanni Salvi – Saranno poi i giudici a decidere se trasformarla in un provvedimento definitivo». Nessuna delle società sequestrate, adesso in mano ad amministratori giudiziari, era direttamente legata a Emanuele Caruso. Intestate a parenti dell’uomo e a prestanome, erano amministrate da personaggi «senza nessuna competenza nel settore». Come la donna delle pulizie di origini russe che era stata nominata amministratrice di un’azienda, o l’autista di Caruso, dirigente di un’altra. Dai controlli sui redditi dei soggetti coinvolti è poi emerso che i capitali investiti erano probabilmente i proventi di altre attività illecite. Ma questo non ha stupito gli inquirenti.

Oltre a diversi immobili, di cui erano formalmente proprietarie le società – al fine di salvaguardare il patrimonio familiare – la Guardia di Finanza ha sequestrato una Ferrari, una Maserati, alcuni cavalli e diversi conti correnti bancari.

Le società a responsabilità limitata oggetto dell’operazione hanno quasi tutte sede a Catania: la Urbanizzazioni in piazza dei Martiri, la Società agrumicola siciliana in viale Vittorio Veneto, la Ecoin alla zona industriale, così come la Servizi ingegneria, la Elar, la Cogefin e la Stylus. A Roma, invece, ha sede la Ubertazzi G&C, a Paternò la ditta individuale di Salvatore Caruso, e a Ramacca la Agrifin. I settori d’impresa, erano piuttosto vari: quello agricolo e quello edile principalmente, ma anche smaltimento di materiali di risulta, progettazione e realizzazione di opere d’ingegneria, produzione di ceramiche e impiantistica legata alla terra.

«Il settore tributario – avvisa Salvi – è quello su cui la procura si impegnerà maggiormente d’ora in avanti». E continua: «Riorganizzeremo gli uffici per migliorare l’efficienza in quest’ambito: bisogna attaccare la malavita organizzata partendo dal suo patrimonio».

[Nella foto: la sede di una delle società sequestrate dalla Guardia di finanza]


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Società, auto di lusso, conti correnti e cavalli. E' quanto la Guardia di Finanza ha sequestrato a Emanuele Caruso, 44 anni, di Paternò, ritenuto dai magistrati vicino allo storico clan etneo. Nessuna delle aziende era direttamente legata al suo nome: a risultarne amministratori erano parenti e prestanome. E, perfino, una donna delle pulizie russa e un autista

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