Mafia, sequestrati beni per 20 milioni Aziende etnee nelle mani di Piddu Madonia

Circa 20 milioni di euro. A tanto ammonta il valore dei beni sequestrati all’imprenditore catanese Giovanni Puma. L’operazione – denominata Fenix – partita nelle prime ore di stamane è stata disposta dalla Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta, sotto il coordinamento del procuratore capo Sergio Lari. Ben 33 i distinti reati di riciclaggio contestati, per un ammontare di 3 milioni di euro, commessi a Catania e Padova tra il 2003 e il 2005. Soldi sporchi, secondo gli inquirenti. Sotto sequestro preventivo anche le quote di tre società – Set servizi espressi e trasporti Srl, Marco Immobiliare srl e Puma logistica e Trasporti srl, tutte con sede a Catania – assieme a mezzi e autoveicoli di vario genere e un lussuoso appartamento di dieci vani nel centro di Milano. Secondo le dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, alcune delle attività illecite farebbero capo direttamente al boss della mafia nissena Giuseppe Piddu Madonia.

Si tratta di indagini lunghe e complesse avviate già nel 2006, quando nel corso dell’operazione Dirty Money condotta sempre dalla Dia nissena fu commissariata la banca cooperativa So.Fi.Ge. di Gela interamente controllata dalla Stidda.

Secondo gli inquirenti, Puma, grazie al trasferimento di fondi ad un’altra società che aveva sede a Padova, riciclava il denaro sporco con la complicità del figlio Marco Antonio. «Il presupposto del delitto di riciclaggio veniva individuato – scrive la Dia in un comunicato- nell’appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera a danno della società Omnialogistic s.p.a. ed attribuito a specifiche condotte illecite ascrivibili ai due consiglieri d’amministrazione della predetta società: i noti imprenditori romani Alessandro Gili e Adriano Ventucci».

Le indagini hanno permesso di individuare il coinvolgimento di 32 società italiane e 20 estere (con sede in paradisi fiscali), 25 filiali bancarie e tre società fiduciarie e finanziarie di Roma e Milano. «L’intero contesto d’indagine – si legge nel provvedimento di sequestro – consente di porre in evidenza l’inserimento del Puma Giovanni in un circuito criminale ben più ampio dell’ambito operativo delle sue attività commerciali, che interessa contesti internazionali, denotando l’assoluta gravità della condotta a lui ascrivibile». Proprio per l’abilità dimostrata dall’imprenditore catanese, la Procura nissena – nonostante l’incompetenza territoriale – ha agito in regime di urgenza attraverso il sequestro preventivo dei beni di Giovanni Puma.

A confermare le attività illecite di Giovanni Puma sono giunte le dichiarazioni autonome del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. Secondo le sue deposizioni, l’impresa catanese Puma trasporti era direttamente riconducibile nientemeno che al boss nisseno Piddu Madonia. «Nonostante tali dichiarazioni abbiano ritrovato in linea di massima un puntuale riscontro nelle attività svolte dalla Dia di Caltanissetta – si legge nel comunicato – non ha avuto conforto la circostanza principale pertinente alla presenza di un uomo fidato del Madonia all’interno della suddetta impresa, venendo così a mancare l’anello di congiunzione formale tra Giuseppe Madonia e le attività commerciali di Giovanni Puma».

[Foto di piervincenzocanale]


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