C’è anche Giuseppe Biondino, quarantenne figlio di Salvatore, autista di Totò Riina, attualmente all’ergastolo, tra i cinque fermati dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo. Una propaggine dell’operazione Talea, che lo scorso dicembre portò in cella diversi esponenti delle famiglie mafiose di San Lorenzo e Resuttana. I cinque sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata con l’aggravante del metodo mafioso e incendio, anche in questo caso con metodo e finalità mafiose.
A rendere possibile l’operazione sono state le parole di un nuovo collaboratore i giustizia. Si tratta di Sergio Macaluso, arrestato proprio nel corso di Talea, che ha consentito agli investigatori di ricostruire l’organigramma dei mandamenti, individuando in Giuseppe Biondino il nuovo capo del clan di San Lorenzo. Macaluso ha rivelato, tra l’altro, di aver partecipato alla riunione in cui il figlio dell’ex autista di Totò Riina avrebbe ricevuto l’investitura al vertice del mandamento.
Gli investigatori hanno anche ricostruire un’estorsione e due tentativi di estorsione nei confronti di imprenditori e commercianti di Palermo in cui sarebbe coinvolto Bartolomeo Mancuso, anche lui, come Biondino, finito in carcere. Scoperto anche il ruolo di mandante di Francesco Lo Iacono, 37 anni, nell’incendio che, la notte del 14 agosto 2015, distrusse una concessionaria a Partinico. Atto per cui erano già finiti in manette gli esecutori materiali. Francesco Lo Iacono è nipote di Maurizio Lo Iacono, esponente di vertice del mandamento di Partinico, ucciso il 4 ottobre 2005 in seguito ai contrasti sorti tra la sua famiglia e un altro clan storico della zona, quello dei Vitale. In manette sono finiti anche Salvatore Ariolo e il tunisino Ahmed Glaoui.
«Voglio innanzitutto ringraziare l’Autorità Giudiziaria per l’impegno e lo sforzo quotidianamente profusi in un territorio caratterizzato dall’endemico fenomeno mafioso – dice il colonnello Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri – Un grazie anche ai “miei” Carabinieri che giornalmente operano al servizio dei cittadini per l’affermazione della legalità. Nel corso degli anni cosa nostra, pur avendo mutato pelle e diversificato i propri affari, continua ad essere viva e impegnata – anche attraverso il pizzo – nella ricerca quotidiana e ossessiva di denaro. Per questo, a tutti i cittadini, ai commercianti e agli imprenditori di questa stupenda terra esprimo la mia gratitudine per essersi – ancora una volta – affidati allo Stato, continuando a denunciare gli estorsori».
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