I pentastellati corteggiano da giorni l'ormai ex presidente del Consiglio e si parla per la prima volta di indulgenza nei confronti dei fuoriusciti. Ma non tutti sembrano allettati dalla possibilità, tutt'altro. Intanto a Roma saltano altri tre deputati
M5s, l’ipotesi di un’era Conte non riavvicina gli ex Dal «mai più» di Giarrusso ai dubbi di Paxia e Foti
Il Movimento 5 stelle è pronto ad aprire un nuovo corso targato Giuseppe Conte. Ogni giorno aumenta il pressing nei confronti dell’ex presidente del Consiglio perché accetti la guida politica dei pentastellati, usciti fortemente indeboliti dalla raffica di espulsioni arrivate per il voto contrario alla fiducia nuovo governo di Mario Draghi. Si è addirittura parlato di una sorta di indulgenza da concedere ai ribelli che sarebbe stata promossa dai vertici del Movimento, Grillo e Casaleggio su tutti, anche se risalgono a ieri le ultime epurazioni alla Camera dei deputati. Un’incongruenza che, come tante cose nella gestione degli ultimi giorni e del transito da Conte a Draghi a palazzo Chigi, sembra non allettare i fuoriusciti, da Roma a Palermo.
«Sono stati espulsi altri tre deputati ieri alla Camera – dice Laura Paxia, deputata tra le prime a essere cacciate dopo il no a Draghi – mi sembra alquanto strano che da una parte il Movimento chieda di reintegrarci e dall’altra faccia delle espulsioni: mi sembra un cortocircuito con Grillo da un lato e dall’altro il gruppo parlamentare. Questo a testimonianza del grande caos che c’è all’interno». L’investitura di Conte a nuovo capo politico, che comunque è ancora piuttosto lontana dall’andare in porto, sembra dunque non convincere particolarmente i dissidenti a cambiare idea, anche perché brucia ancora la cacciata così repentina e senza appello, come spesso peraltro accaduto all’interno delle stanze dei pentastellati.
«Sappiamo che ancora Conte dovrà sciogliere la riserva e le notizie che si hanno sono tutte da fonti giornalistiche – continua Paxia – Ancora non abbiamo nessuna dichiarazione di Conte in merito a una nuova riformulazione del M5s. Anche sui possibili rientri lo abbiamo letto solo sui giornali, di fatto non ci sono state interlocuzioni tra gli espulsi e il direttivo, solo note di agenzia. Certo è che se anche ci fosse una disponibilità a farci rientrare ci sarebbe comunque un problema nell’andare a sostenere questo governo. Di fatto non vedo possibilità di rientrare finché il Movimento resterà all’interno del governo. A oggi comunque non ci è stata fatta nessuna proposta concreta e se la proposta è “rientrate come se niente fosse” per noi non è accettabile. Tutto quello che è successo, con l’espulsione in meno di 24 ore, non può lasciarci indifferenti».
E non resta indifferente neanche Alessio Villarosa, sottosegretario all’Economia con il governo Conte, tra i primi a credere nel sogno di Beppe Grillo in Sicilia, anche lui vittima dell’ultimo repulisti. Villarosa, però, preferisce non parlare. «Non voglio rispondere – dice – sono espulso in questo momento, ho deciso di non parlare e non lo farò, più in là comincerò a parlare, ma di lavoro». Chi spara invece a zero sul suo ex partito è Mario Giarrusso, che già da qualche tempo aveva deciso di passare al gruppo misto in Senato. Giarrusso parla di «fine del Movimento come l’abbiamo conosciuto, una mossa disperata di gente che è alla canna del gas. Cercano di appoggiarsi alla popolarità di Conte. Gli attivisti non contano più nulla. Non è il M5s, è un partito come Forza Italia, moderato di centrodestra». E sul possibile apparentamento con Pd e Leu: «Faranno l’area di centrodestra dello schieramento centrista, perché il Pd certo non è un partito di sinistra». Riguardo al suo futuro, Giarrusso schiva la domanda: «Continuerò a fare quello che ho sempre fatto: lottare», ma nessun indizio sul suo destino politico.
In Sicilia da quasi un anno una frangia di deputati regionali si è staccata dal Movimento 5 Stelle. Così è nato Attiva Sicilia, che raccoglie, tra gli altri, Angela Foti e Sergio Tancredi. «Sicuramente la carta Conte cambia lo scenario e determinerà un riavvicinamento di alcuni – spiega Tancredi – Non credo che però possa cambiare in maniera sostanziale le sorti del Movimento dal punto di vista politico. Fossi stato in Conte, avrei capitalizzato il consenso con un soggetto nuovo, il classico valore aggiunto che avrebbe potuto giocare una partita importante a livello nazionale. Questa è una decisione che conviene al Movimento e non tanto a Conte. Quel percorso, viste le ultime giravolte, non lo vedo più affine a quelle che sono le mie aspirazioni, ma in politica tutto è possibile».
«Direi che in questo momento a parte l’annuncio sulle pagine social, prevalentemente del M5s, di sostanzioso non ho visto nulla – aggiunge Foti – Poi ricordo che la scelta del capo politico non può uscire da una riunione di persone ristrette, non dico dalla base, ma quanto meno agendo da partito, con un segretario, che potrebbe essere Conte, una figura a cui siamo tutti affezionati. In quel caso sarebbe compito suo decidere con quali entità confederarsi e in questo senso Attiva Sicilia potrebbe valutare l’ipotesi. Se usciranno dalla tenda da tribù e si vestiranno da partito, Attiva Sicilia sarà disposta ad ascoltare, ma quando gli passerà la sbornia, se assumeranno una veste credibile, se ne parlerà. Parliamo con chiunque, figuriamoci se non lo faremmo con i nostri ex compagni di partito».