Gianina Ciancio e Antonello Cracolici danno l'addio all'Ars, il secondo dopo quasi 22 anni. Parole dure nei confronti del presidente della Regione: «La sua assenza è l'ennesimo schiaffo al parlamento»
L’ultimo atto dell’Assemblea regionale siciliana Saluti in un’Aula semivuota e senza Musumeci
«Come sapete ho ricevuto una nota da parte del presidente della Regione, che vi leggo». Si apre così la seduta che segna l’ultimo atto della legislatura per l’Assemblea regionale siciliana, con il presidente Gianfranco Miccichè che, in un’aula semivuota, legge le poche righe inviate dal governatore Nello Musumeci come notifica delle proprie dimissioni. Le ragioni sono le stesse presentate via social la sera prima, nella diretta Facebook in cui Musumeci ha annunciato la sua decisione, pur senza mai pronunciare la parola «dimissioni». Parola che pare mancasse anche nel testo inviato a Miccichè, dopo integrato con la formula «immediate e irrevocabili dimissioni».
Aula che si è aperta con ritardo, mentre tra i banchi c’erano soltanto Antonello Cracolici e Giuseppe Lupo per il Partito Democratico e Alessandro Aricò in rappresentanza della maggioranza, poi raggiunti dal gruppo del Movimento 5 stelle con Gianina Ciancio, Roberta Schillaci, Nuccio Di Paola, Luigi Sunseri e Giampiero Trizzino. «Dispiace che il presidente Musumeci non abbia sentito il bisogno e non abbia avuto la sensibilità di mostrare al Parlamento le sue dimissioni – dichiara Lupo nel suo intervento – ma questo dimostra ancora una volta la sua cultura». Parole riprese dagli altri deputati intervenuti in rapida successione, con Di Paola, capogruppo pentastellato che aggiunge: «Nel corso degli anni, questo governo poteva fare molto di più e non lo ha fatto per l’assenza di un generale che fosse disponibile al dialogo o al confronto. Non l’ho mai visto in una Commissione di questa Assemblea. Questo certifica ancora di più il distacco di questo presidente anche nei confronti dei cittadini». E mentre Schillaci chiede scusa a quei cittadini «ai quali non siamo riusciti a rendere migliore la vita», con particolare riferimento a precari e tirocinanti e Sunseri parla di «ennesimo schiaffo all’Assemblea», la giornata è stata anche occasione di saluto per Gianina Ciancio e Antonello Cracolici.
Ciancio, deputata del M5s, è arrivata alla seconda legislatura e non potrà candidarsi con la sua compagine: «Non siamo ricandidabili – dice – e non ci ricandideremo. Non lo avremmo fatto comunque». Lungo l’addio di Cracolici, deputato regionale per quasi 22 anni. «Appartengo a quella cultura per cui la democrazia ha regole scritte e non scritte e vive attraverso esempi che si tramandano di mandato in mandato – dice – Non mi scandalizza l’assenza di presidente e assessori, ho vissuto in questi 22 anni l’applicazione concreta dell’elezione diretta e oggi mi permetto di offrire una valutazione: l’elezione diretta in Sicilia è diventata una caricatura, non ha prodotto grandi risultati, c’è una scollatura sempre più evidente tra rappresentanza ed esecutivo, e c’è il rischio di una democrazia malata. Oggi è come giocare a tressette col morto, dove uno dei giocatori non partecipa alla partita. Volevo sapere se le dimissioni decorrono da oggi o da ieri, perché se da oggi conta il parlamento, se da ieri conta Facebook. Questo atto è stato compiuto disprezzando non i parlamentari, ma il parlamento. I parlamentari cambiano, ma il Parlamento resta. E il disprezzo per il Parlamento apre derive, costruisce sentimenti che possono allignare nell’opinione pubblica».
A difesa della maggioranza il solo Aricò, seduto non tra i banchi degli assessori, ma al suo vecchio posto tra gli scranni di Diventerà Bellissima. «Devo ringraziare il presidente Musumeci per le sue dimissioni – spiega l’assessore all’Istruzione – Credo siano state un atto d’amore per la sua terra. Dimettersi è stato il miglior gesto che poteva fare. Musumeci non è qui non perché non volesse essere presente, ma perché fino all’ultimo giorno cercherà di dare il massimo per la sua terra». La chiosa però è toccata al presidente Miccichè: «Sarebbe comodo per me dire la seduta è conclusa, ma non lo posso fare. Non ci può essere uno scontro ogni volta che qualcuno presenta un emendamento, che qualcuno chiede la parola, che qualcuno chiede il voto segreto. Faccio un consuntivo positivo di questa esperienza, ma raramente è successo che il potere esecutivo si scontrasse con quello legislativo. Non sono sicuro che le responsabilità siano tutte del governo, certo, ma non c’è dubbio che sia venuta qualche volta meno la voglia di collaborazione, che ci sia stata una voglia di prevaricazione».