Lotta alla corruzione, ecco la proposta Ingroia-La Torre L’ex pm: «Emergenza nazionale in un’Italia irresponsabile»

«Mafia e corruzione sono due facce della stessa medaglia, lo dimostra “Mafia Capitale”. Un unico sistema criminale». Antonio Ingroia, a Palermo per presentare la proposta di legge elaborata insieme a Franco La Torre, che prevede il sequestro e la confisca dei beni dei corrotti, così come avviene con quelli dei mafiosi, non ha dubbi: «La corruzione è oggi un’emergenza nazionale» al pari della criminalità organizzata. Colpa di un’inadeguatezza della politica, perché le inchieste che in questi anni hanno travolto il Paese sono «una clamorosa conferma di quello che avevamo percepito da tempo, sin dagli anni ’90». In assenza di «rimedi» posti dalla politica «la corruzione si è organizzata diventando sistema», grazie anche alla «progressiva erosione di tutti i punti di resistenza costituzionale e istituzionale, frutto delle macerie degli anni berlusconiani».

«Se vogliamo ricostruire un’Italia, una politica e un’economia diversa – dice l’ex pm antimafia, oggi avvocato – bisogna costruire sotto le bandiere dell’intransigenza, non quella delle manette, ma quella che corrisponde al principio di responsabilità». Perché l’Italia è un Paese che «si fonda sull’irresponsabilità a tutti i livelli: amministrativa, politica, giuridica». Insomma per Ingroia la corruzione va colpita con gli stessi strumenti che si sono rivelati vincenti nella lotta a Cosa nostra. Nasce così la proposta di legge Ingroia-La Torre, ideale prosecuzione della legge del 1982, che fu «la vera svolta nella lotta alla mafia, senza – spiega Ingroia – non avremmo avuto il 416bis e il sequestro e la confisca dei beni mafiosi, una delle armi più importanti in possesso della magistratura».

Il testo individua due diverse categorie di soggetti i cui beni sarebbero potenzialmente assoggettabili a sequestro e confisca. Innanzitutto i “pubblici ufficiali” indiziati dei reati più gravi, dalla corruzione alla concussione, alla corruzione giudiziaria. «Per questi soggetti, così come per i mafiosi – dice Ingroia -, la proposta prevede che basterebbe l’indizio del reato e la sproporzione dei beni a lui riferibili rispetto ai redditi dichiarati per procedere al sequestro, fermo restando che nel processo che seguirebbe l’indiziato avrebbe l’onere di provare la legittima provenienza del bene». La seconda categoria è prevista per i reati meno gravi contro la pubblica amministrazione: quelli commessi dai privati. In questo caso, dice ancora l’ex pm antimafia «si prevede ciò che oggi è stato già applicato dalla magistratura, e cioè il sequestro dei beni di chi si dimostri che sia anche un corruttore abituale o un evasore fiscale abituale». «Si potrebbero poi costituire – spiega ancora Ingroia – degli uffici specializzati, ramificati su territorio con un ufficio centrale, che abbiamo come compito esclusivo la caccia ai patrimoni illeciti». Delle procure distrettuali patrimoniali, uffici che passino ai raggi X il patrimonio degli indagati.

«Chiunque ha a cuore le sorti della democrazia e dello Stato di diritto, messo in crisi dall’emergenza corruzione – dice ancora Ingroia – può adottare la nostra proposta di legge». Un appello, insomma, ai parlamentari di qualsiasi estrazione a presentare il ddl in Parlamento «riconoscendoci la paternità». Contemporaneamente è stata avviata una raccolta di firme perché possa essere presentato un disegno di legge di iniziativa popolare «una strada faticosa e in salita che non è scontato vada a buon fine».

Sullo sfondo resta lo scandalo che ha travolto il Tribunale di Palermo con l’inchiesta della Procura nissena sulla gestione dei beni confiscati. Un caso che ha portato alle dimissioni dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione, Silvana Saguto, indagata per corruzione, e su cui anche il Csm e gli ispettori del ministro Andrea Orlando hanno accesso i riflettori. «Mi auguro che il Consiglio superiore della magistratura – aggiunge Ingroia – sia energico contro i magistrati che commettono queste nefandezze. La corruzione è riuscita a infiltrarsi anche in questo ambito rischiando di delegittimare uno strumento, che resta straordinario, ma che necessita di qualche accorgimento. Il danno di immagine al mondo dell’antimafia resta incalcolabile, ma il nuovo corso del Tribunale di Palermo mi sembra la strada corretta da percorrere. Certo, anche da parte della magistratura si è mormorato molto e si è fatto poco» ammette, spiegando che da procuratore aveva segnalato «anomalie in questo campo, ma le mie segnalazioni sono rimaste senza seguito». Un «alto tasso discrezionalità» nella scelta degli amministratori giudiziari, nella liquidazione delle parcelle, nell’autorizzare l’amministratore ad avvalersi a sua volta di consulenti ed esperti ha creato «una sorta di impero».

Insomma per l’ex pm antimafia «i germi» delle storture c’erano da anni, ma «nulla è avvenuto». Adesso il Tribunale si sta dando delle regole, ma per Ingroia è «necessario un intervento legislativo» perché la corruzione è «un’emergenza pericolosa per la tenuta stessa del Paese». 


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