Mi piace quando mi dicono che ho l’animo da contadino. E infatti un po’ mi ci sento. Non solo perché ho scelto di vivere in campagna o perché non c’è mattina che mi svegli all’alba per andare nell’orto e controllare le primizie che ho io stesso piantato. C’è soprattutto, il legame ancestrale con la terra, che mi piace toccare appena bagnata e odorare. Un odore che sa di fertilità, di vita. Da qui il mio dialogo con contadini, vignaioli, produttori, dai quali carpisco i loro segreti antichi. Mi ritrovo così, a percorrere chilometri, ma neanche troppi. Una sorta di itinerario alla ricerca delle eccellenze che questa terra sa offrire, uniche per le caratteristiche e per l’habitat da cui provengono e nel quale sono state coltivate o prodotte. Certo, parto dal mare della mia Taormina, che ogni giorno dona ai pescatori reti abbandonanti di pesce azzurro, che resta il re della mia cucina, per dirigermi per la prima tappa sui versanti dell’Etna, con il suo ricco sottobosco che profuma di spezie, di funghi, di mosto, di rugiada, attorniata da ulivi e viti secolari, di pistacchi di Bronte che sfidano l’asperità dei terreni vulcanici. Riscendo a valle, passando da Giarre e Riposto, dove raccogliere le più tipiche patate che proprio in questa parte di Sicilia germogliarono dai primi tuberi importati dalla Germania all’inizio del secolo scorso. Ad Acireale, il Cavolo Trunzo, che ne è presidio. E nella fertilissima Piana di Catania, faccio scorte di ortaggi e di agrumi, (per l’85 per cento di arance rosse). Da qui, il passo è breve per allungarsi nell’entroterra delle colline ennesi, vocato alla produzione di grano, duro, più in larga misura, e tenero, e a Caltanissetta, dove si concentra oltre il 40% della produzione regionale di carciofi. Il mio viaggio prosegue verso i territori siracusani. Ad Avola, terra della mandorla ‘bianca pizzuta’, a Pachino, con le suggestive serre riscaldate dal sole più caldo d’Europa, dove cresce il pomodorino che utilizzo in cucina. Ancora più giù, nel ragusano per reperire eccellenti mozzarelle di bufala, il caciocavallo, le carni pregiate. Le carote novelle di Ispica, la tipica cipolla rossa di Giarratana, l’olio extravergine di oliva di Chiaramonte Gulfi, altro pilastro della dieta mediterranea, il cioccolato di Modica. A Trapani si fa scorta di sale di Mozia e di aglio di Nubia. Ci si sposta di un po’ verso Mazara del Vallo per aggiungere al carrello della spesa, straordinari gamberi rossi. Senza dimenticare le isole minori che regalano altri sapori unici, come i capperoni di Salina o l’occhio di pernice di Pantelleria. Una visita obbligata ai produttori di nuova generazione che hanno saputo essere innovativi, come i coltivatori di fiori eduli o quelli di caviale di lumaca. Sempre e soltanto grazie al rapporto schietto con i produttori, la mia cucina ha oggi un equilibrio valido e riconosciuto.
Il più grande complimento che possa ricevere è quello di sentirmi dire di essere riuscito nell’opera più complessa di lasciare che il palato riconosca distintamente ciascun ingrediente, senza che la struttura del piatto ne abbia snaturato l’essenza. Sento il legame con un’isola meravigliosa, così piena di contraddizioni e, forse per questo, affascinante, capace di darsi con grande generosità e, allo stesso tempo, sottrarsi con inaspettata severità. Nulla è scontato da queste parti. C’è ancora un ritmo scandito dalla natura, che pure la prepotenza degli uomini ha spesso violato, con viltà. La miopia di pochi e l’indolenza di molti hanno in troppe occasioni trasformato la Sicilia in una terra da depredare a mani basse. Però, appunto, niente è scontato da queste parti. E così, come il sole caldo dell’entroterra è capace tanto di rendere fertili le immense distese di campi, quanto di avvizzirle; o il mare calmo del Sud che fa issare reti stracolme, ma non ammette audacia degli uomini; o, ancora, A Muntagna, il vulcano Etna, fimmina per i siciliani, che avvolge e protegge con indulgenza, ma è sempre pronta a lanciare i suoi moniti con le sue sbuffate di cenere, le sue lingue di fuoco incandescenti che scorrono lungo i versanti incuranti di ciò che distruggono, a ricordare l’impotenza umana di fronte a madre natura; allo stesso modo, questa terra ha impresso nel Dna dei suoi abitanti le stesse caratteristiche. Vulcanici e generosi, pronti a lasciarsi andare a grandi slanci senza chiedere nulla in cambio, noi siciliani siamo guardinghi e tenaci, capaci di scandire il tempo con pazienza, difficilmente cediamo alle lusinghe dell’estetica e ricerchiamo sempre la qualità, forse perché l’abbiamo dovuta conquistare a fatica, con impegno e passione. Tutto questo, provo a raccontarlo nei miei piatti. Ce n’è uno che descrive questo mio tour culinario e l’ho chiamato Passeggiata per la Sicilia, un must della mia cucina, presente nella carta de La Capinera sin dalla sua apertura, ben 17 anni fa. Fa pare della trenta ricette che ho inserito nel mio primo libro appena uscito in libreria. E non chiedetemi il mio piatto preferito, perché non ce l’ho, ma non avrei dubbi a rispondervi spaghettoni al pomodoro se mi chiedeste il mio piatto comfort food!
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Ricetta: Passeggiata per la Sicilia
Ingredienti per 4 persone:
•1 gr di zafferano di Enna
•2 barbabietole
•1 mazzetto di broccoletti teneri
•1 mazzetto di finocchietto selvatico
•10 gr di origano selvatico
•1 spicchio di aglio di Nubia
•1 mazzetto di erbe aromatiche
•100 ml di olio extravergine di oliva
Per l’infuso di cipolla:
•1⁄2 l di aceto di vino rosso
•1⁄2 l di acqua
•300 gr di zucchero
Preparazione:
Battete il polpo con un batticarne di metallo per intenerirlo, prima della cottura (in alternativa, anche riporlo in congelatore per 48 ore). Lasciatelo cuocere a vapore (40 minuti per ogni kg di peso); quindi fatelo raffreddare e tagliatelo a tocchetti. Tagliate a metà i pomodorini, disponeteli su una teglia con uno spicchi di aglio, salate, pepate, aggiungete dell’origano selvatico e un filo di olio e lasciate seccare in forno a 70 gradi per un’ora circa. Nel frattempo, fate bollire l’aceto di vino rosso e acqua, aggiungete lo zucchero semolato; pulite la cipolla a metà e ricavatene dei petali che metterete in infusione nel composto di aceto, acqua e zucchero per otto minuti. Con l’aiuto di una pinza, estraete i petali di cipolla dall’infuso e adagiateli su un foglio di carta assorbente; lasciate raffreddare. Tagliate una patata a dadini: fatela cuocere in acqua fredda e aggiungete lo zafferano. Dopo aver aggiustato di sale e pepe nero, frullatela e filtratela bene con un colino affinché ne risulti una crema setosa, lucida e priva di grumi. Cuocete a vapore le barbabietole intere, non appena cotte, pelatele e tagliatele a pezzi. Utilizzate un bicchiere di metallo in cui riporre la barbabietola e frullatela fino a ottenere una salsa fluida. Aggiustate di sale e pepe. Nel frattempo, sbollentate il finocchietto selvatico in un tegame. Tagliate la seconda patata a fette molto sottili e lasciatela cuocere con poca acqua. Aggiungete il finocchietto selvatico, sale, pepe e frullate delicatamente per ottenere una salsa di colore intenso e ben omogenea. Lasciate riposare per qualche minuto. Tritate parte della cipolla, lasciatela appassire in padella con olio extravergine e aggiungete le zucchine tagliate a tocchetti. Aggiustate di sale e pepe e lasciate cuocere con il coperchio a fuoco moderato per 20 minuti circa. Passate il tutto con un frullatore a immersione e filtrate con un setaccio. Intanto, riducete in polvere 80 grammi di mandorle e lo zenzero fresco. Aggiungete latte, miele e fate cuocere per 8 minuti. Ultimate con un pizzico di sale e mescolate. Prendete le mandorle che vi sono rimaste e fatele tosta- re in una padella antiaderente ben calda. Pulite i broccoletti e fateli sbollentare in acqua salata: la cottura deve far sì che il broccoletto mantenga un colore vivo e la consistenza croccante. Scottate il polpo su una padella anti aderente con un filo di olio extravergine di oliva. Ultimate il piatto, stendendo un abbondante cucchiaio di crema di zucchine: adagiatevi il polpo, il cipollotto, le mandorle tostate e condite con olio extravergine. Completate con i broccoletti lessati e la crema di mandorle, la salsa allo zafferano, la barbabietola e finocchietto selvatico. Decorate con erbe mediterranee e fiori eduli.
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