L’Italia non è più tra le prime dieci economia europee e la notizia viene tenuta nascosta!

ALTRO CHE RIPRESA ECONOMICA COME VA DICENDO LETTA! SIAMO AL QUARANTANOVESIMO POSTO DELLA CLASSIFICA DEI PAESI PIU’ COMPETITIVI. NAZIONI COME MAURITIUS, PANAMA E MALTA SONO DAVANTI A NOI!

“Il 2014 inizia sia per la Spagna sia per l’Italia senza la tempesta finanziaria addosso” e i dati confermano che è ripresa la crescita: “Ci aspettiamo che il 2014 sia un anno di crescita sia in Spagna che in Italia”. Con queste parole il premier Letta ha concluso, pochi giorni fa, il vertice Italia-Spagna.

Ciò che sorprende non è il suo ottimismo, né la sua ostinazione nel presentare la situazione dell’economia italiana ed europea in modo così roseo. Ciò che dovrebbe sorprendere è la tracotanza con cui, chi ha illegittimamente (viste le vicende che riguardano il Porcellum) ricevuto il compito di gestire l’Italia, in una situazione di gravissima crisi economica (tanto da costringere Monti a dimettersi dopo aver ricevuto lo stesso mandato), descrive lo stato della nostra economia.

La realtà è del tutto diversa da quella presentata dal sig. Letta. Secondo Standard & Poor’s, l’Italia continua ad avere un outlook negativo sul rating perché ancora “incerta sulla tenuta dei trend economici e delle politiche economiche”. Che tradotto in parole povere significa che “proprio a causa delle scelte imposte dal Governo” Standard & Poor’s ha previsto una crescita “molto limitata” fino al 2016, per di più con forti dubbi sul debito, previsto essere non in calo, ma in rialzo (fino al 134% del Pil) con disastrose conseguenze grazie al Fiscal Compact.

La situazione è, se possibile, anche peggiore se si guarda ad altre autorevoli stime. Qualche tempo fa scoppiò quasi un caso internazionale perché l’Italia non era più considerata facente parte dei G8, le otto principali potenze del pianeta Terra. Qualche anno fa il nostro Paese era considerato la quinta potenza economica del mondo. Nel 2014, grazie alle politiche adottate prima da Berlusconi, poi da Monti e ora da Letta, l’Italia non fa più parte di questo selettivo “club”.

Ma la cosa più grave, e che nessuno dice, è che non facciamo parte nemmeno del novero delle prime 10 economie europee (non mondiali: europee!). A Davos, dove in questi giorni si è tenuta la riunione annuale del World Economic Forum, sono state citate le prime dieci economie europee per competitività (Svizzera, Finlandia, Germania, Svezia, Olanda, Gran Bretagna, Norvegia, Danimarca, Austria e Belgio). E l’Italia non è tra queste. Ovviamente questa notizia non è stata diffusa da nessun telegiornale. Perché? Probabilmente perché chi lo avesse fatto avrebbe dovuto aggiungere che, in realtà, l’Italia, grazie alle politiche adottate da chi non avrebbe dovuto nemmeno stare in Parlamento, in realtà occupa il 49simo posto della classifica dei Paesi più competitivi. Nazioni come Mauritius, Panama o Malta occupano posizioni migliori.

A dirlo non è un gruppo di ricercatori di parte o in cerca di pubblicità. Questa classifica è contenuta nel rapporto “The Global Competitiveness Index 2013-2014” pubblicato dal Forum Economico Mondiale. La classifica, stilata sulla base di parametri come sviluppo tecnologico, efficienza delle istituzioni, istruzione, mercato del lavoro, innovazione, situazione finanziaria e altri, offre previsioni che per il nostro Paese sono tutt’altro che rosee. Sì, perché, in un mondo in cui molti altri Paesi presentano trend di crescita, la stagnazione dell’Italia non può che avere effetti negativi.
In altre parole, stiamo scivolando verso il fondo (e non solo della classifica). Due anni fa il nostro Paese occupava la 43esima posizione, l’anno scorso la 42esima, oggi è 49esima. Quindi, la verità è che c’è stato un netto peggioramento. Altro che miglioramento e previsioni di recupero!

Senza contare che quasi tutti i settori di vitale importanza sono in netto calo. Sotto il profilo macroeconomico l’Italia occupa la 101esima posizione su 148 Paesi (ma non avevamo assunto un mega esperto/professore universitario per risolvere i problemi economici? E il gruppo dei “saggi” scelto da Letta che fine ha fatto?). Sotto il profilo dell’efficienza del mondo del lavoro occupiamo la 137esima posizione (in altre parole, non siamo ultimi in classifica, ma poco ci manca) e sul piano dei mercati finanziari (quelli che il governo Monti, prima, e il governo Letta, ora, stanno cercando in tutti i modi di aiutare anche a costo di regalare loro le riserve auree italiane) il Bel Paese ricopre la 124esima posizione.

Gli analisti non si sono fermati alla mera stima dei dati rilevati, ma, per una volta, si sono presi anche la briga di indicare quali sono i maggiori ostacoli alla crescita. Primo fra tutti è stato il carico fiscale: l’Italia ha il maggior carico fiscale d’Europa (e forse del mondo). E cosa hanno fatto gli ultimi governi per risolvere il problema? Invece di ridurre il carico fiscale, lo hanno aumentato.
Il secondo fattore che crea maggiori problemi allo sviluppo è lo scarso accesso al credito: le banche hanno ricevuto dall’UE una montagna di Euro per aiutare le imprese, solo che non li hanno messi in circolazione e così l’economia è in crisi. E cosa ha fatto il governo? Ha pensato bene di rivalutare di alcune migliaia di volte il capitale sociale della Banca d’Italia (che è una società privata gestita dalle banche).
Al terzo posto tra i principali fattori che hanno ostacolato la crescita del nostro Paese è stata posta l’inefficienza della pubblica amministrazione (e qui qualsiasi considerazione sarebbe superflua…).

A conferma del fatto che la situazione dei Paesi dell’Eurozona, Italia in primis, non sia affatto rosea, anche uno studio della Commissione Europea dimostrerebbe che il calo delle produzioni industriali nell’Eurozona di fatto riporta lo sviluppo economico ai valori del 2000 e che l’economia di alcuni Paesi, come l’Italia, lungi dal migliorare, sta in realtà regredendo a livelli degli anni Settanta… E la causa di tutto ciò è certamente da cercare nel modo di gestire la cosa comune.

La moda del “domani andrà meglio” pare sia prerogativa di molti esemplari di HOMO POLITICUS, ma una vera e propria epidemia di “falso ottimismo” sembra sia dilagata nel 2008. L’allora premier, Silvio Berlusconi, adottò la strategia di rinchiudere la crisi economica dentro indicatori numerici per lo più incomprensibili agli italiani e di dire il contrario. Gli studi già evidenziavano i primi sintomi di crisi economica, ma lui disse che “nel 2009, l’Italia potrà agganciarsi alla ripresa internazionale”.

La situazione, invece, peggiorò. Eccome. Ma la strategia non cambiò: “Mi aspetterei che tutte le fabbriche del disfattismo e del pessimismo la smettano di produrre un’atmosfera che non è soltanto di odio e di violenza nella politica, ma che è anche negativa sul piano dei consumi e degli investimenti”.
Poi, rispondendo ad una domanda sulla possibilità di una fase di crescita nel 2010, il Cavaliere disse: “La ripresa ci sarà”. Ovviamente ciò non avvenne. Anzi la situazione cominciò a farsi preoccupante. Berlusconi non si arrese e a fine anno fece le sue previsioni: “Il 2011 sarà un anno di ripresa di cui già abbiamo iniziato a cogliere qualche segnale”. “L’Italia è al riparo da attacchi speculativi, ed è merito del governo che ha tenuto in ordine i conti pubblici ma soprattutto delle famiglie e delle imprese dei lavoratori”. Infatti alla fine del 2011 il governo Berlusconi e l’economia del Paese crollarono.

Il suo posto nel ruolo di “profeta della ripresa economica” fu preso da Mario Draghi, presidente della Bce, che nel 2012 a dichiarare: “Ci sarà una ripresa graduale dell’economia nel corso di quest’anno”. Non accadde niente di tutto ciò, ovviamente. Fu poi il turno di Mario Monti, il professore, che spiegò agli italiani: “L’anno prossimo sarà un anno in ripresa per l’andamento dell’attività economica, il 2013 sarà crescente”. La storia ha dimostrato che aveva torto.

Ora pare sia la volta di Letta. Forse, però, vista la situazione in cui lui e i suoi predecessori hanno ridotto il Paese, prima di proferire parole al vento prive di ogni riscontro statistico, sarebbe meglio che chi governa capisse che continuare a ripetere (come hanno fatto i suoi predecessori) che va tutto bene e che la crisi sta passando quando la maggior parte degli italiani non ha più di che sfamare le proprie famiglie, potrebbe risultare offensivo e allora…

 

 


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