L’Italia di oggi: tanta scuola, poco lavoro e meno pensione

da Davide Faraone
parlamentare nazionale del Pd
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Scuola-lavoro-pensione, il ciclo della nostra vita, dagli anni ’70 in Italia, è stato sempre questo. Anzi, poca scuola, tanto lavoro, tanta pensione.

Mio padre, con un diploma di perito elettrotecnico fu chiamato a scegliere fra lavorare per l’Enel, per le ferrovie o per le poste. Mia madre con la terza media fu assunta al catasto.

Il posto è “fisso”, niente lavoro precario, niente co.co.co, niente contratti a tempo determinato. Tranne rarissime eccezioni, il lavoro che sceglievi a 20 anni, era il lavoro per tutta la vita. Tante, sono state, le possibilità di carriera, la progressione verticale non era una chimera, ma un concreto orizzonte.

Sono gli anni del”sistema retributivo”, si calcola la pensione con la media degli ultimi redditi dichiarati prima di mettersi a riposo. Il massimo. Sono gli anni del lavoro prevalentemente “al maschile”.

Scuola-Lavoro-Pensione , i “trattini” tra scuola, lavoro e pensione si affievoliscono, emergono numerosi fattori di accavallamento nelle fasi della vita di un’italiana o un italiano. Anzi, sono cambiate anche le proporzioni: tanta scuola, poco lavoro, meno pensione.

La mia generazione, quella dei trenta/quaranta, è la generazione delle infrastrutture immateriali, dell’economia dei servizi. Si è studiato tanto. La laurea era un requisito quasi indispensabile per trovare lavoro, e se non lo trovavi qui, eri certo di trovarlo emigrando.

La preparazione ti garantiva la quasi certezza di trovare un’occupazione. Sono però, anche gli anni dei “fuori corso” e delle università parcheggio. Sono gli anni del precariato, del lavoro flessibile, del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, delle liberalizzazioni, del prestito d’onore, dell’introduzione dell’apprendistato.

Il sistema pensionistico sperimenta il sistema contributivo, il futuro assegno dell’Inps dipenderà esclusivamente dalla quantità di contributi versati nel corso della carriera. Una pensione molto meno pesante di quella calcolata con in vecchio sistema “retributivo”.

Nel 2013 scompaiono i trattini, ScuolaLavoroPensione sono tre vasi perfettamente comunicanti. Sempre più in osmosi. Difficile capire dove inizia e dove finisce una fase del ciclo produttivo.

Una generazione poca scuola, pochissimo lavoro, niente pensione.

Dai recenti dati diffusi dall’Istat, emerge che l’Italia ha “la quota più alta d’Europa” di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano. Si tratta dei cosiddetti Neet, arrivati a 2 milioni 250 mila nel 2012, pari al 23,9%, circa uno su quattro. Basti pensare che in un solo anno sono aumentati di quasi 100 mila unità. Nemmeno studiare appare, in molti casi, una valida alternativa al lavoro. “Tanti giovani di oggi rischiano di ricevere delle pensioni miserabili, che li costringeranno a dormire nelle auto” ha detto Giuliano Amato. Chi versa pochi soldi all’Inps nel corso della carriera, infatti, incasserà quasi sicuramente una rendita assai magra.

La famiglia rappresenta il nuovo welfare. La nonna pensionata, il papà dipendente pubblico, garantiscono il livello di sussistenza a chi oggi è sfiduciato, non studia e non lavora. Il welfare familiare compensa uno stato sociale che non offre alcuno strumento di assistenza ad un giovane disoccupato o ad un giovane precario. Naturalmente è antidemocratico, prescinde dal merito, dipende soltanto dalla fortuna di essere nato in una famiglia fortunata o meno; e si dirà che è un fenomeno che è sempre esistito. Tutto vero, ma io credo che mai abbia raggiunto questi livelli, era la fortuna di chi poteva avere un po’ di più, oggi può significare la soglia della sopravvivenza per molti.

Si è passati da un sistema ultraprotetto e ultragarantito, ad un sistema pieno di incertezze ed ostacoli. La vita di una donna o un uomo, in Italia, si è trasformata da una passeggiata in bicicletta, ad una traversata del Grand Canyon sospeso su un filo senza imbracatura alla Nik Wallenda.

Ciò che è più grave è che il sistema politico e sindacale, si preoccupa ancora di come fornire le rotelle a chi passeggia in bici e, anzi, ogni tanto dà qualche calcio al filo su cui è sospeso l’uomo senza imbracatura.

Ad una maggiore precarietà del mondo del lavoro, ad una crescita esponenziale delle incertezze, non ha corrisposto, insomma, una crescita proporzionale delle tutele.

E forse ancor più grave, illudendosi di ripristinare i “trattini” e il sistema degli anni 70, si è lottato per ristabilire quel sistema senza accorgersi che sono passati quarant’anni in cui tutto è cambiato. Questo è il dramma, a cui partiti, di destra e di sinistra e sindacati non sono ancora riusciti a dare risposte. Una corsa affannata a garantire i garantiti, dimenticando totalmente il nuovo “proletariato” rappresentato dalle nuove generazioni. Col rischio che, presto, quando anche la famiglia-welfare sarà composta dai quarantenni di oggi, oltre ai trattini, appariranno sempre più sfocati i termini che ci sono in mezzo.


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