Matteo Renzi ha lanciato la candidatura del senatore a sindaco del capoluogo. Una fuga in avanti che potrebbe essere pura strategia politica. Alla Regione azzurri ed ex Pd sono federati e non bisogna dimenticare il sogno di Silvio Berlusconi di succedere a Mattarella
L’intesa tra Forza Italia e i renziani passa per Faraone Si cerca l’accordo a Palermo con uno sguardo al Colle
Da un lato il «noi non siamo con Miccichè ma con Davide Faraone», dall’altro «se Italia Viva vorrà fare parte del centrodestra non ci sono problemi». Le appena accennate schermaglie sono quelle che hanno avuto come protagonisti, nelle ultime ore, Matteo Renzi e Gianfranco Miccichè. Chiamati, ognuno guardando al proprio quadrilatero politico, ad analizzare la mossa del segretario di Italia Viva di candidare alle Amministrative di Palermo il pupillo siciliano: il senatore palermitano Davide Faraone. L’annuncio, spifferato per giorni e adesso ufficiale, è arrivato durante l’undicesima edizione della Leopolda di Firenze. Una fuga in avanti tutt’altro che nuova per Renzi. Basti pensare che quando presentò il suo partito in Sicilia – era il 16 novembre del 2019 – l’ex presidente del Consiglio spiazzò tutti indicando il deputato regionale Luca Sammartino come successore di Nello Musumeci a presidente della Regione. «Saremo il primo partito in Sicilia», disse Renzi nella cornice del centro fieristico Le Ciminiere di Catania.
Due anni dopo, nomi e luoghi sono gli stessi o quasi ma le pedine nello scacchiere hanno cambiato posizione. Sammartino si è accasato alla Lega, ieri Musumeci ha ripetuto, per l’ennesima volta, di volersi ricandidare e Renzi ha calato la carta Faraone per le Amministrative di Palermo. Italia Viva, rispetto a 24 mesi fa, è passata dall’altro lato della barricata, almeno in Sicilia, grazie al patto federativo con Forza Italia. Ed è qui che entra in gioco Miccichè non solo come leader degli azzurri nell’Isola ma come regista politico con la nota cena consumata insieme all’ex sindaco di Firenze all’enoteca Pinchiorri, luogo in cui a fine settembre è nato l’accordo per la nascita dell’intergruppo all’Assemblea regionale siciliana.
Cosa ne sarà di questo patto, ufficializzato a fine ottobre davanti giornalisti e telecamere, con la candidatura di Faraone? Il diretto interessato ha fatto spallucce affermando di essere concentrato sui «palermitani che hanno bisogno di una guida solida». Ruolo che si è detto disponibile a ricoprire anche Francesco Cascio. Il suo nome, venuto fuori durante la convention di Forza Italia a Mazara del Vallo, sembrerebbe trovare d’accordo Miccichè e, chissà, anche Italia Viva. L’ex presidente dell’Ars, per un periodo passato con il Nuovo centro destra dell’ex ministro Angelino Alfano, potrebbe essere l’uomo giusto per trovare la sintesi all’interno della coalizione del centrodestra. Sembra, invece, affievolirsi il nome di Gaetano Miccichè, fratello del leader azzurro Gianfranco.
Dietro la federazione tra forzisti e renziani bisogna considerare anche il nodo della corsa al Colle di Silvio Berlusconi e le interlocuzioni avviate dal fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, pregiudicato per concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo la scarcerazione e l’assoluzione nel processo sulla trattativa Stato-Mafia, l’ex senatore palermitano, come rivelato da Repubblica, avrebbe visto Renzi a Roma e poi partecipato a un vertice ad Arcore. In quest’ultima occasione, avrebbe detto a Berlusconi di «potersi fidare di Matteo». A confermare l’incontro anche Miccichè, mentre Renzi ha dato una smentita durante una trasmissione in onda su La7. Per capire cosa ne sarà di tutte queste indiscrezioni basterà rimanere sintonizzati sull’asse Palermo-Firenze. Di certo c’è che anche nel 2022 la Sicilia confermerà il suo ruolo di eterno laboratorio della panorama politico nazionale.