Il Riesame ha confermato il carcere per Lucio Lutri, il dipendente regionale accusato dei rapporti con la cosca di Licata. Si sarebbe impegnato anche per estinguere un debito con l'Ismea tramite un avvocato che a MeridioNews nega ogni tipo di coinvolgimento
L’impegno del funzionario-massone per l’uomo del clan Soldi a un legale. «Lutri mi chiamava fratello? Si usa»
«Maestro venerabile? Io, Lutri, l’ho sempre considerato un funzionario della Regione, una persona al di sopra di ogni sospetto. Se mi ha chiamato fratello è solo perché a Palermo capita che ci si chiami fratello, cucinu…». L’avvocato Renato Vecchioni rimanda al mittente, procura di Palermo e gip del tribunale compresi, qualsiasi allusione riguardante un suo possibile coinvolgimento negli affari illeciti che il funzionario regionale Lucio Lutri – in carcere da settimane con la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa – avrebbe curato per conto degli esponenti della cosca di Licata guidata da Giovanni Lauria, detto u prufissuri.
Il nome di Vecchioni, che non risulta indagato, torna più volte nell’ordinanza di custodia cautelare con cui la giudice per le indagini preliminari Maria Cristina Sala, a inizio agosto, ha convalidato il fermo di Lutri. Arresto che è stato confermato, nei giorni scorsi, anche dal Riesame, che non ha accolto il ricorso presentato dal legale del funzionario, l’avvocato Salvino Pantuso. E così, mentre Lutri continua a trascorrere le giornate in una cella del carcere Pagliarelli, a saltare agli occhi è la vicenda in cui vengono tirati Vecchioni e Giovanni Mugnos, uno degli uomini di fiducia del boss di Licata arrestato nel blitz di luglio. Mugnos avrebbe chiesto l’intercessione di Lutri per cercare di risolvere una situazione delicata: nel 2016 il tribunale di Agrigento aveva disposto il pignoramento di parte del suo patrimonio, in seguito a un debito non onorato con l’Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare.
Secondo i magistrati della Dda di Palermo, Lutri – la cui appartenenza alla massoneria venne svelata da MeridioNews tre anni fa – sarebbe stato informato in prima battuta da un commercialista, anche lui massone, per poi relazionarsi direttamente con Vecchioni, definito «l’avvocato capo di tutta l’Ismea». A Vecchioni – scrive la gip – sarebbe stato chiesto di perseguire gli interessi di Mugnos «anziché tutelare gli interessi dell’ente da lui assistito». Un impegno che avrebbe avuto un costo preciso: cinquemila euro. La cifra, stando alle parole di Lutri, sarebbe potuta essere doppia se Mugnos non fosse stata una persona vicina a Gino Casa, anche lui accusato di far parte della cosca di Licata e ritenuto particolarmente legato al maestro venerabile.
Gli inquirenti individuano nel 22 luglio 2016 la data in cui sarebbe avvenuto il passaggio di denaro definitivo. È un venerdì quando Lutri, che non sa di essere seguito dagli uomini del Ros, va a trovare Vecchioni nel suo studio. Il funzionario regionale due giorni prima aveva incontrato in un bar Mugnos. Da quest’ultimo avrebbe ricevuto una busta contenente, secondo gli investigatori, i soldi prelevati poche ore prima in banca. Ma quella non è l’unica occasione in cui i protagonisti di questa storia si incontrano.
Nell’inchiesta finisce anche un incontro di fine ottobre, nel corso del quale Vecchioni rassicura gli interlocutori: «La pratica la sto monitorando… che fa, vuole pagare oppure no? L’avvocato che vi sta difendendo, lui è sotto controllo mio». Parole, quelle di Vecchioni, che per la giudice dimostrerebbero «l’assoluta connivenza» dell’avvocato palermitano, ma che evidentemente a Lutri non sarebbero bastate per rassicurare Mugnos. Il funzionario e maestro venerabile, infatti, l’indomani ribadisce al licatese il proprio pressing: «Vecchioni sa quello che deve fare, l’ho stretto di nuovo questa mattina. Gli ho detto: “Non rompere i coglioni, si fa come dice noi, punto”». Perentorietà e decisionismo che, per la procura, Lutri manifesta sia quando si tratta di agevolare la cosca che quando c’è da chiedere qualche cortesia ma che il diretto interessato ha disconosciuto durante l’interrogatorio di garanzia. In quella occasione, infatti, ha negato di essere a conoscenza dell’appartenenza alla criminalità organizzata dei licatesi e ha assicurato di non avere pronunciato le frasi trascritte dal Ros.
Chi, invece, si dice sicuro di avere operato con rettitudine è proprio Vecchioni. «Nel mio operato non c’è stato alcun conflitto d’interessi – dichiara l’avvocato a MeridioNews -. Sono stato contattato per portare avanti dei preliminari di vendita di alcune aziende agricole riconducibili a Mugnos. L’interesse di quest’ultimo era quello di raccogliere le somme per saldare il debito con Ismea, debito che però – specifica Vecchioni – non stavo seguendo io per l’istituto, ma un altro legale. Peraltro, nel caso in cui si fosse riusciti a vendere quei terreni, Ismea ne avrebbe beneficiato perché i debiti sarebbero stati estinti».
Secondo la ricostruzione di Vecchioni, a interessarsi all’acquisto dei terreni di Mugnos è stata, in un primo momento, un’azienda del settore delle rinnovabili. «Mi era stato detto che volevano comprare per farci un parco fotovoltaico, la somma in ballo era tale da garantire l’estinzione del debito – racconta l’avvocato -. Poi, però, tutto si è arenato quando l’azienda ha spiegato che nell’immediatezza avrebbe pagato soltanto un acconto di mille euro a ettaro». Successivamente, a farsi avanti sarebbe stato un medico. «Fino a pochi mesi fa, si era discusso di questa possibile compravendita, ma anche in questo caso non se n’è fatto nulla». In merito alla ricezione del denaro da Lutri e Mugnos, Vecchioni replica assicurando che si è trattato «soltanto di mille euro per un fondo spese, poiché c’era la possibilità che andassi a Roma». Soldi che ammette di non avere restituito «perché nel frattempo Lutri è stato arrestato, ma anche perché per tre anni ho fatto consulenze praticamente gratis».
Lettura diversa anche per quanto riguarda l’espressione «sotto controllo» riferita all’avvocato che per conto di Ismea stava seguendo la pratica di Mugnos. «Se ho detto quella frase volevo chiaramente intendere che stavo monitorando l’evolversi della faccenda. Io non controllo nessun avvocato». A essere ridimensionata dal legale, infine, è la stessa figura del maestro venerabile. «Di Lutri posso dire che mi scriveva spesso la mattina. Frasi tipo i “buongiorno, caffè”».