Le tasse messe in cantiere dal governo per Luca Busi, l'ad di Sibeg, sono «una condanna a morte per le aziende». E lo sono pure per i 151 lavoratori in esubero. «È un gioco al massacro che non consentiremo», dice a MeridioNews il sindacalista Pino Mandrà
L’imbottigliatore di Coca-Cola che scappa da Catania «Costretti da sugar e plastic tax». Cgil: «È un pretesto»
Storia di un miracolo siciliano. Sembra ribaltarsi il titolo del paragrafo sul sito della Sibeg, l’azienda del Gruppo Busi con sede nella zona industriale di Catania che, dal 1976, è l’imbottigliatore siciliano autorizzato della Coca-Cola. Il miracolo adesso rischia di restare incompiuto. È Luca Busi, amministratore delegato di Sibeg dal 2001, ad annunciare che «l’unica strada è scappare dall’Italia». Il piano è quello di depotenziare lo stabilimento catanese in favore di quello albanese che ha sede a Tirana. «Sugar e plastic tax (le tasse su prodotti che contengono una quantità eccessiva di zuccheri e sulla plastica, ndr) – aggiunge l’ad – sono una condanna a morte per le aziende». E anche per i lavoratori. Dell’organico di circa 340 dipendenti a essere a rischio, infatti, è quasi la metà.
Nei giorni scorsi, Coca-Cola Italia ha già annunciato di fermare gli investimenti e le assunzioni programmate a livello nazionale per via delle due misure fiscali messe in cantiere dal governo italiano. «Un governo che non ascolta le ragioni del tessuto imprenditoriale e produttivo, con strategie politiche distanti e contrarie all’obiettivo di crescita occupazionale e di sviluppo industriale – dichiara Busi – non fa altro che causare incertezza, destabilizzando un sistema che già a fatica si regge in piedi». Scoramento, delusione e rassicurazioni disattese «ci costringeranno a fare scelte drastiche», aggiunge l’imprenditore che all’inizio dello scorso novembre aveva accolto il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni in visita allo stabilimento etneo.
«Un governo che rimane in silenzio mentre le imprese gridano “allarme” ha fallito nell’obiettivo di generare valore economico e sociale. Noi abbiamo urlato e non siamo stati ascoltati – lamenta Busi – Questo processo punitivo e iniquo penalizza il comparto ed è, a nostro avviso, discriminatorio: non crea un percorso sostenibile per le aziende e affronta problemi inesistenti». Dunque, il motivo del depotenziamento e dello spostamento in Albania sarebbe da ricondurre alle imposte che, dovrebbe colpire a cascata importatori, produttori e anche consumatori finali.
Intanto a rischiare sono 151 lavoratori per cui non c’è ancora una procedura ufficiale aperta ma che risultano già essere in esubero. «Per noi incolpare sugar e plastic tax è un pretesto da parte dell’azienda che non si comporta da multinazionale – commenta a MeridioNews il segretario generale Flai-Cgil Catania Pino Mandrà – e che, già da prima, aveva annunciato la volontà di delocalizzare». Senza nascondere il proprio disappunto sulle due tasse, il sindacalista annuncia che «daremo vita a ogni tipo di lotta perché non è possibile che, al primo cambiamento di scenario, i costi se li debbano sobbarcare i lavoratori – conclude – È un gioco al massacro che non consentiremo».