Angelo Cambiano commenta con amarezza i tanti messaggi arrivati in queste ore. «Non servono gli attestati dei politici che, per mesi, sono rimasti in silenzio». E annuncia una riflessione sul proseguimento del suo mandato. Intanto il ministro dell'Interno è arrivato al Comune
Licata, sindaco: «Solidarietà in privato, c’è paura» Alfano propone la scorta ed esorta politica locale
«Se servire i propri territori significa rischiare la vita giornalmente, non ci sto. Farò una riflessione. I prossimi cinque o sei giorni rifletterò. Non voglio essere un eroe. Ringraziando il cielo ho tutto». Il sindaco di Licata, Angelo Cambiano, è scosso dopo il rogo doloso che stanotte ha danneggiato la casa di famiglia in campagna. E fa subito riferimento alle demolizioni delle case abusive sul suo territorio. «Sono sovraesposto – attacca -, lo ha dimostrato anche la partecipazione alla trasmissione L’Arena. Gli ex proprietari degli immobili abusivi desideravano probabilmente che il sindaco dicesse che le case si potevano salvare, che la legalità non va rispettata. Avrebbero gradito questo. Ma, naturalmente, non è possibile».
Prima dell’arrivo del ministro dell’Interno Angelino Alfano, il sindaco si sofferma a commentare con amarezza i numerosissimi messaggi di solidarietà arrivati in queste ore. «Non servono gli attestati dei politici che, per mesi, sono rimasti in silenzio», afferma. Così come sottolinea di aver ricevuto «tanti messaggi di incoraggiamento dei miei concittadini ma sono messaggi privati. Nessuno è uscito fuori, allo scoperto. E questo perché la gente ha paura».
Alfano raggiunge il Comune di Licata nella tarda mattinata e annuncia che proporrà «una scorta per il sindaco e una vigilanza ai luoghi della sua vita, perché la scelta di amministrare una città non significa fare la scelta dell’eroismo». Quindi sottolinea: «Lo Stato c’è, è forte e fa rispettare le proprie regole. Abbiamo avuto proteste perché una squadra, composta dalla Procura della Repubblica, dal Comune di Licata e dalla prefettura di Agrigento, ha semplicemente preteso che delle sentenze fossero eseguite. Noi siamo qui a dire che le sentenze si rispettano e si eseguono e ribadire che, per il futuro, se non avvengono queste demolizioni ci saranno altre case abusive e che è finito il tempo della politica che coccolava gli abusivi per avere qualche migliaio di voti. Oggi è giunto il tempo della politica e delle istituzioni che fanno rispettare le leggi».
Il ministro esorta la politica locale, attaccata anche dallo stesso sindaco per il silenzio delle settimane precedenti in cui non sono mancate le tensioni. «Oggi – dice Alfano – è il tempo della voce con un tono più alto. Tutti dobbiamo pronunziare parole chiare e anche la politica locale lo deve fare. Inviterò tutte le forze politiche licatesi a schierarsi attorno al sindaco che altro non ha fatto che firmare un protocollo con la Procura della Repubblica, sotto l’ausilio e la vigilanza della prefettura per realizzare queste demolizioni». Quindi l’appello agli altri sindaci: «Dovete dare un segno concreto di solidarietà e l’unica cosa da fare è iniziare i procedimenti di demolizione degli abusi edili nei vostri rispettivi paesi». Ruspe che anche stamattina simbolicamente sono tornate all’opera. «Mentre noi siamo qui – sottolinea il titolare del Viminale – le demolizioni proseguono ed un’altra casa abusiva è stata proprio adesso abbattuta. È evidente che occorrerà studiare tutti i modi perché i nostri Comuni siano dotati delle risorse finanziarie per potere procedere».
Cambiano è stato eletto nel giugno dello scorso anno e già il 24 febbraio ha subito un’aggressione da parte di un ambulante che lo ha colpito con una testata in faccia. In quell’occasione al sindaco fu diagnosticata la frattura delle ossa del naso e i carabinieri arrestarono un pescivendolo 40enne di Licata. «Serve un aiuto concreto – esorta Cambiano – sono sindaco da soli nove mesi e mi sono ritrovato a dover gestire 37 milioni di euro di debiti creati dalla politica locale e regionale. Non è possibile una cosa del genere. Ho scelto di fare il sindaco per servire la mia città, non certamente per trovare lavoro. Sono un insegnante in aspettativa».