Ha il volto stanco, tirato, Angelo Cambiano. Il sindaco di Licata esce di casa, come al solito, con il proprio angelo custode, un poliziotto che ormai da mesi lo segue come un’ombra in tutti gli spostamenti. Saluta gli altri agenti che stazionano, secondo le disposizioni del ministro degli Interni Angelino Alfano, davanti la sua abitazione 24 ore su 24, e si avvia verso il municipio. Oggi sono riprese le demolizioni delle case abusive e lui sbotta: «Vede, come faccio a spiegare che non ho più nemmeno la possibilità di uscire di casa con mio figlio, che è nato appena una settimana fa (è il primogenito del sindaco), senza rischiare di essere aggredito. Che vita è questa? Io mi sono fidato ciecamente dello Stato, ho applicato la legge che prevedeva la demolizione degli immobili abusivi costruiti vicino al mare, ma ora mi sento abbandonato».
In un momento di sconforto, nel corso di un confronto con gli ex proprietari delle case abusive (avvenuto nella tarda serata di mercoledì nell’aula consiliare del Comune), il primo cittadino si è detto pronto a dimettersi. Chi lo conosce sa che rimarrà in sella, ma la rassegnazione gli si legge sul viso. «Quando, nello scorso aprile – aggiunge Cambiano – abbiamo avviato il processo di demolizione, c’era la certezza che l’esecuzione delle ordinanze non avrebbe riguardato solo Licata, ma tutti i territori dell’isola in cui esiste il problema dell’abusivismo edilizio. Mi erano state date rassicurazioni che la legge sarebbe stata applicata dappertutto, ma finora non è stato così. Ritengo profondamente ingiusto che lo Stato sia presente per portare avanti le demolizioni, ma non sia presente per ascoltare le richieste di aiuto di un sindaco quando non può pagare gli stipendi a fine mese. Siccome non ritengo che abbia senso rimanere nelle istituzioni, io lunedì preannuncerò le mie dimissioni in consiglio comunale. Lo dico adesso perché non venga strumentalizzata questa mia intenzione. Sono sempre stato dalla parte del rispetto, ma quando hai la sensazione che la giustizia sia giustizia, quando non hai più questa sensazione, non puoi continuare».
Le demolizioni a Licata hanno avuto inizio lo scorso 20 aprile, anche se quel giorno il cammino delle ruspe venne letteralmente impedito da un muro umano costituito da oltre 300 persone, tra cui molte donne e bambini, che si piazzò davanti la villetta abusiva per impedirne l’abbattimento. L’indomani fu lo stesso proprietario ad eseguire autonomamente la demolizione. Da allora, e fino alla fine di luglio, sono state demolite 17 villette abusive. Dopo la pausa estiva l’intervento è ripreso il 19 settembre con la rimozione delle macerie. Per oggi era in programma una nuova demolizione e l’impresa al lavoro, insieme ai rappresentanti della Procura della Repubblica, quelli del Comune e un nutrito schieramento di forze dell’ordine, si è presentata in contrada Playa. I tecnici dell’Urbanistica hanno eseguito l’immissione in possesso, ma poi è arrivato lo stop. Il legale degli ex proprietari ha fatto presente che per il 19 novembre è fissata un’udienza per il ricorso presentato contro le demolizioni, ed è stato stabilito di fermare le ruspe fino a quando non si conoscerà la decisione del giudice.
«Da mesi – spiega il sindaco – chiedo al presidente della Regione Crocetta e a quello dell’Ars, Ardizzone, di istituire un coordinamento regionale che si occupi della questione delle demolizioni. Ciò affinchè la giustizia non venga applicata solo a Licata. Bene, sto ancora attendendo una risposta». Intanto da mesi Cambiano vive sotto scorta. Da quando, nel maggio scorso, qualcuno ha appiccato il fuoco alla casa di campagna della sua famiglia. Ma ad essere scortato è anche Vincenzo Ortega, dirigente del dipartimento Urbanistica del Comune, al quale poche settimane dopo l’intimidazione al sindaco, hanno bruciato l’auto parcheggiata all’interno della casa di campagna. «È mai possibile – conclude il primo cittadino di Licata – che non ci si rende conto che in questo modo si continua ad esporre solo un sindaco ed un ingegnere capo?».
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