Il politico lancia un appello al numero uno dell'associazione: «Non mi sono dimesso, sono stato cacciato. Ma sono disponibile al dialogo. Ho solo cercato di fornire spunti per pensare al futuro dell'associazione che, purtroppo, prima o poi dovrà fare a meno del suo fondatore», dichiara a MeridioNews
Libera, oltre le polemiche sulla gestione La Torre a don Ciotti: «Luigi, parliamone»
«Luigi, vediamoci, contattami. Dimmi dove sei e corro da te». L’appello arriva da Franco La Torre ed è indirizzato a don Ciotti. Sullo sfondo, lo scontro di questi giorni che ha portato alla decisione del primo di lasciare Libera. Un passo indietro obbligatorio più che delle dimissioni: «Nel momento in cui ho ricevuto quell’sms – dichiara La Torre a MeridioNews, facendo riferimento al messaggio con cui Ciotti avrebbe sottolineato il venir meno del rapporto di fiducia – non mi restava da fare nient’altro. Non mi sono dimesso, sono stato cacciato in modo autoritario».
A ventiquattro ore dalla polemica che ha coinvolto i vertici di una delle associazioni storicamente più in prima linea nella lotta alla mafia, i toni sembrano più pacati anche se le prese di posizioni rimangono decise: «I giornalisti, come spesso accade, hanno travisato qualche passaggio di questa storia – continua il figlio del politico del Pci ucciso dalla mafia nel 1982 -. Tuttavia, il mio pensiero rimane: Libera ha bisogno di rinnovarsi nel modo di interpretare le nuove realtà legate alla mafia e da parte mia ho soltanto cercato di sollecitare questo aggiornamento». La Torre nega qualsiasi attacco alla leadership di don Ciotti, anzi teme che, in tal senso, all’origine della querelle possa esserci stato un disguido: «Magari mi sbaglierò – commenta – ma ho avuto la sensazione che Luigi possa aver temuto di essere messo in ombra dalla mia persona, dalle mie proposte. Quel che ho cercato di fare nei mesi passati è stato cercare di fornire spunti per pensare al futuro dell’associazione che, purtroppo, prima o poi dovrà fare a meno del suo fondatore».
Il don Ciotti descritto da La Torre unisce all’innato altruismo e all’ impegno verso i più deboli, la volontà di centralizzare su di sé l’attenzione. «Sono il primo a ribadire i meriti innumerevoli che Luigi ha avuto nella crescita di Libera. Tuttavia – prosegue La Torre – credo che ciò lo abbia portato nel tempo ad assumere un comportamento dispotico nei confronti del dissenso interno». L’ex dirigente nazionale tiene poi a specificare che gli esempi fatti – mafia capitale a Roma e i casi Saguto ed Helg in Sicilia -, per rappresentare le difficoltà in cui si è imbattuta Libera in questi mesi, non vanno letti come un invito al giustizialismo: «La nostra associazione ha il compito di monitorare e interpretare la realtà – commenta -. So bene che non siamo un organo inquirente e neanche una squadra di detective. Però questo non deve portare a evitare l’autocritica. Nel caso di Saguto, a Roma in tanti mi dicevano che “tutti sapevano” e per me è stato naturale domandarmi come mai Libera non fosse stata presente come ci si aspetta in questo genere di casi». Una parziale risposta prova a darla lo stesso La Torre. «Il principale motivo è che siamo cresciuti tantissimo ed è difficile essere pronti e reattivi in ogni occasione – dichiara -. Come è anche vero che la stampa spesso si è dimenticata dei grandissimi successi ottenuti in altre situazioni, come per i fatti legati alla ricostruzione post terremoto a L’Aquila. Io la penso come Luigi: oggi certa antimafia finisce per nascondere la mafia, come accaduto nel caso Helg. È per questo – aggiunge La Torre – che bisogna migliorarsi sempre e guardare avanti».
Sulle possibilità di ricucire lo strappo con il fondatore di Libera, La Torre non tentenna: «Me lo auguro. Ho provato a parlare con don Ciotti, anche dopo l’assemblea di Assisi. Io sono qui pronto al dialogo. Anzi – conclude – affido a voi un appello: Luigi, vediamoci, contattami. Dimmi dove sei e corro da te».
In attesa di eventuali risposte, a commentare quanto accaduto è Gregorio Porcaro, coordinatore regionale per la Sicilia di Libera: «Onestamente credo che si sia fatto un gran clamore senza che ce ne fosse bisogno – dichiara al telefono -. Certo, hanno stupito le parole di La Torre, ma penso che in un’associazione grande come la nostra possano esserci dei confronti accesi senza tuttavia finire nello scontro». E se sulla possibilità di riaprire a La Torre, Porcaro si dice disponibile «nonostante in queste ore non risponda al telefono ma magari tra qualche giorno lo farà», nessun dubbio sul giudizio da dare a don Ciotti: «Dispotico? Assolutamente no. Ha sempre dimostrato di ascoltare le istanze provenienti dai singoli territori. Ci è stato vicino e ci consiglia, ma non è mai entrato nel merito di ciò che ogni presidio organizza».