Un disegno di legge è stato presentato in Assemblea regionale siciliana. Le sanzioni sono previste anche per le televisioni e gli organizzatori di eventi. A MeridioNews parla il primo firmatario, Antonio Catalfamo
Lega vuole l’indice dei testi musicali proibiti «Multare le radio che li mandano in onda»
Un elenco pubblico con i testi e i video musicali considerati violenti. È questa la soluzione proposta con un disegno di legge che vede come primo firmatario il deputato regionale Antonio Catalfamo, capitano del gruppo leghista sbarcato all’Assemblea regionale siciliana. A classificare i contenuti come violenti dovrebbe essere una commissione di esperti non meglio precisati nominati, a titolo gratuito, dall’autorità garante per la comunicazione e la privacy, dal presidente della Regione e dal presidente dell’Ars su proposta della commissione Cultura, formazione e lavoro.
«L’idea è nata nelle settimane a cavallo del Festival di Sanremo – spiega a MeridioNews Antonio Catalfamo – quando è montata la polemica sulla partecipazione di Junior Cally». Il rapper romano 28enne, al secolo Antonio Signore, la cui partecipazione al 70esimo Festival è stata molto discussa per via delle accuse mosse al testo di una sua precedente canzone (dal titolo Strega e di genere trap) in cui sarebbero dei contenuti giudicati violenti e sessisti. Alle polemiche sanremesi non si era sottratto il leader del Carroccio Matteo Salvini. «A prescindere dall’episodio specifico – continua il deputato – alcuni filoni musicali rischiano di incitare alla violenza non solo nei confronti delle donne, ma anche delle istituzioni, dello Stato e delle forze dell’ordine. Per questo – afferma – è necessaria una misura drastica che ponga un argine al dilagare di questi messaggi».
La proposta, che porta la firma di tutti e quattro i deputati leghisti siciliani, è di controllare e sanzionare le emittenti radiofoniche e televisive private regionali che diffondono questi contenuti. Nel disegno di legge, inoltre, si aggiunge che a subire le sanzioni sarebbero anche gli organizzatori di eventi che diffondano questo tipo di musica e di spettacoli (anche senza la presenza fisica dell’autore) «tendenti alla messa in scena di linguaggi verbali promiscui, violenti e di cattivo gusto». Nel ddl si ipotizzano multe che vanno dai tremila agli ottomila euro, in base al livello di violenza manifestata nel testo, a carico delle radio e delle televisioni regionali; un aumento di duemila euro è previsto, invece, per gli organizzatori di eventi che prevedano la presenza fisica dell’autore. I proventi delle multe sarebbero destinati alle associazioni locali che si occupano di prevenzione, contrasto e assistenza alle vittime di violenza di genere.
La valutazione della qualità dei contenuti sarebbe tutta nelle mani delle tre persone che comporranno la commissione appartenente all’assessorato alla Famiglia con il compito di compilare il registro. «Sempre aggiornato, anche retroattivamente», l’elenco sarà composto da due categorie «a seconda che il messaggio di violenza sia palesato o – come specificato nel ddl – tendenziosamente accennato». Tra i criteri di valutazione, non solo l’analisi del testo della canzone «ma anche testi mediali che non contengono linguaggio violento ma sono poi tali nella loro trasposizione video». Dovrebbero, invece, restare fuori dal registro prodotti che utilizzano la satira o che contengono «parole o espressioni violente con il fine meritevole di fare riflettere sull’accaduto anche in maniera meno convenzionale».
Fatto salvo il diritto di satira, un registro di questo tipo rimanda all’indice dei libri proibiti di inquisitoria memoria. Un elenco di pubblicazioni non autorizzate e vietate (perché ritenute eretiche) creato nel 1559 dalla Chiesa cattolica e che è stato aggiornato fino alla metà dello scorso secolo, di preciso fino al 4 febbraio del 1966. «È un accostamento ardito – risponde Catalfamo – perché nel nostro disegno di legge non si parla di censura. Quel che è certo è che nella nostra società si sono consolidate derive che creano fenomeni sociali da combattere. Se si tratta di contenuti che inneggiano a qualsiasi tipo di violenza o al mercimonio del corpo delle donne – conclude il deputato – non ho problema a pensare che sia giusto creare sanzioni per le emittenti che li trasmettono».