Nato ad Istanbul, Ozpetek all’età di 17 anni (appena concluso il liceo) parte, destinazione Italia: “Durante le scuole elementari rimediavo i soldi per andare a vedere tre film a settimana. Da adolescente alla visione del film Cleopatra scattò la molla”. Inizialmente aveva pensato all’America, ma poi si diresse verso questa terra. “Ben 33 anni fa, e mio padre mi disse: Nooo! Vai ad imparare una lingua che non ti servirà a niente. Invece qui mi son sempre sentito felicemente a casa e soddisfatto”.
Dopo aver studiato a Roma – Storia del cinema all’università e corsi di regia in Accademia – Ozpetek vola sull’orizzonte della fama con il film Il bagno turco, consolidando ben presto il neonato successo con Le fate ignoranti e La finestra di fronte.
Quest’ultimo, proiettato al FilmFest, narra le persecuzioni razziali e i tabù sessuali dell’Italia di ieri attraverso la vita e i sentimenti di una moderna coppia in crisi: “L’unica cosa vera è partire dai sentimenti per arrivare ai problemi sociali, storici” dice Ozpetek alla sala gremita di persone dai volti emozionati. La protagonista del film, Giovanna, impersona una donna fragile e forte al tempo stesso che intraprende una breve storia extraconiugale. L’incontro spiazzante della donna con un signore anziano (che ha perso la memoria e che si è perso per le vie di Roma) permetterà ai due giovani coniugi di ritrovarsi, ma soprattutto a Giovanna di riprendere in mano il sogno della sua vita. Commenta il regista: “Donne: le devo raccontare perché sono il cardine della società”. Lui lo fa con cura – “persone particolari e tormentate che meritano attenzioni, un po’ forse come le donne della mia vita: mia nonna, mia madre e mia sorella, in tre hanno raggiunto quota otto matrimoni”.
Ma come nasce l’idea per un film? “Tante sono le coincidenze e gli incontri. Anni prima su ponte Sisto avevo incontrato un anziano che si era perso e lo riaccompagnai a casa; ho un amico pasticcere che mi parlava del suo sogno. Così le storie che stanno sedute accanto a noi prendono forma, si inizia a costruirle nella propria testa. Scoprii che la notte del 16 ottobre 1943 in quel ghetto romano portarono via degli ebrei. Ci costruii sopra il film. Ma poi certe sequenze nascono direttamente sul set come quella, molto toccante, del ballo con i “protagonisti fantasma”. Riemergono i ricordi un po’ alla volta come il retrogusto amaro di un dolce. “Adoro paragonare l’arte cinematografica ad un piatto cucinato bene. Anzi nessuno dovrebbe dire che sono un bravo regista, ma un bravo cuoco sì”.
Per un cineasta alle prime armi sono fondamentali gli scambi con registi già famosi quando si ha tutto da imparare. Ozpetek concorda: “La mia vita è fatta di incontri magici. Il primo con Massimo Troisi. Facevo l’assistente volontario in un suo film, cioè portavo caffè e dolci alla troupe. In seguito sono diventato un aiuto-regista ricercato e strapagato perché mi dedicavo interamente ai film con passione e dedizione. Marco Risi produsse il mio primo film Il bagno turco e da allora sapete com’è andata. La mia forza? Racconto semplicemente la vita”.
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