Le due ‘tesi’ sulla scissione Berlusconi-Alfano

TRA IL CAVALIERE E IL SUO DELFINO E’ VERO DIVORZIO? O E’ UNA SCENEGGIATA, COME SI PUO’ LEGGERE IN TANTI COMMENTI SULLA RETE. DUE SCENARI DIVERSI. CHE SI INTERSECANO CON LE DINAMICHE INTERNE AL PD. E CON L’INCOGNITA DI UNA SICILIA DOVE STA PER ESPLODERE LA QUESTIONE PRECARI

Le tesi sono due. La prima è che la scissione capeggiata da Angelino Alfano sia una cosa seria. Voluta per consentire al Governo Letta-Alfano di andare avanti. Sponsorizzata, si dice, dai soliti poteri forti, dall’Unione europea a Bilderberg (che in Italia si chiama gruppo Aspen, dove troviamo, tra i ‘capi’, l’ex ministro, Giulio Tremonti, e lo stesso Letta).

La seconda tesi – rintracciabile per lo più sulla rete – è che la scissione sia, in realtà, una sceneggiata. Perché, sotto sotto, Berlusconi e Alfano sarebbero d’accordo. L’attuale ministro degli Interni e coloro i quali l’hanno seguito reciterebbero la parte dei ‘governativi’. Mentre il Cavaliere si terrebbe le mani libere.

Dove sta la verità? Forse, come sempre, nel mezzo. Forse la scissione è vera. Ma siccome in politica, si sa, “mai dire mai”, non è da escludere, nel futuro, una possibile riunificazione.

La prima tesi – quella che in queste ore va per la maggiore – presenta elementi di verità. Ma anche qualche enfasi in più. Come certe dichiarazioni, da parte degli uomini vicini al Cavaliere, un po’ pleonastiche contro Alfano e i suoi seguaci. In questa prima tesi ci sono, però, alcune verità.

Intanto c’è il cinismo di Alfano. Se si analizza la carriera politica di questo personaggio, ci si accorge che l’unica volta in cui ha partecipato ad una campagna elettorale mettendoci la faccia e cercando voti è stata quella del 1996, elezioni regionali in Sicilia. Risulta eletto all’Ars, ma non con un risultato esaltante. Nominato capogruppo di Forza Italia a Sala d’Ercole, non lascia un grande segno. Anzi, non ne lascia proprio.

Da allora è sempre stato eletto al Parlamento nazionale, prima con il Mattarellum e poi con il Porcellum. In entrambi i casi, non si conosce la sua forza elettorale. Nel Mattarellum, o si finiva nel collegio uninominale (dove in quegli anni, in Sicilia, nel centrodestra venivano eletti tutti), o si finiva nella quota proporzionale. Mentre con il Porcellum i parlamentari li ‘nominano’ direttamente le segreteria romane.

Quando Bondi dice che Alfano non ha voti, dice una grande verità. Alle ultime elezioni comunali, nella sua città – Agrigento – il risultato dell’attuale vice premier è stato imbarazzante. Il suo candidato Sindaco è stato un disastro. I suoi candidati al Consiglio comunale ancora li cercano…

In compenso, pur senza voti, Alfano è dentro tutti gli affari più importanti (e più chiacchierati…) della provincia di Agrigento. Nel 2012, complice l’allora ministra degli Interni, Anna Maria Cancellieri (che, non a caso, oggi Alfano difende nonostante sia indifendibile) sono riusciti a bloccare una pesantissima denuncia sugli affidamenti di appalti per centinaia di milioni di euro sui rifiuti. Un ‘insabbiamento’ da brivido, complice un bizzarro scioglimento per ‘pirandellliane’ infiltrazioni mafiose nel Comune di Racalmuto. Uno scandali finito nei ‘cassetti’ della Repubblica italiana.

Per essere chiari: in Sicilia, nel travagliato e complicato mondo dei rifiuti, Alfano è schierato con i ‘Professionisti dell’Antimafia’ di Confindustria Sicilia. Insomma, va fianco a fianco con i personaggi che l’attuale assessore regionale, Nicolò Marino, ha denunciato in una recente intervista al settimanale L’Espresso.

Rifiuti. Ma anche altri incarichi. A parenti ed amici. E’ stata su tutti i giornali la vicenda del fratello Alessandro, in questi ultimi anni ripetutamente ‘insignito’ di incarichi. Mentre pochi conoscono altri incarichi che il ministro ha garantito ai sui amici e ai suoi parenti.

Alfano, insomma, è il prototipo del politico figlio del Mattarellum e, soprattutto, del Porcellum. Ovvero l’esatta negazione della politica come la intendeva don Luigi Sturzo, legata doppio filo agli interessi del territorio e ai propri elettori. Alfano, a parte le elezioni regionali siciliane del 1996, come già accennato, non ha mai avuto rapporti con gli elettori. E’ vissuto all’ombra della personalizzazione della politica di Berlusconi.

La prima tesi, dicevamo, dà per vera e seria la scissione di Alfano e i suoi da Berlusconi. L’interpretazione potrebbe non essere sbagliata. Anche perché l’addio di Angelino al Cavaliere coincide con il ‘divorzio’ tra Mario Monti e Casini.

Ma se di mezzo ci fosse solo l’asse Alfano-Casini, l’operazione sarebbe quasi inutile. Perché in politica due debolezze non danno vita a una forza. E oggi, sotto il profilo elettorale, Alfano e Casini sono debolissimi. Sotto deve esserci qualche altra cosa. Cosa?

Magari qualche altra alleanza. Con chi? Forse la risposta potrebbe essere tutta interna alla dinamiche del PD. Qualche giorno fa gli ex comunisti del Partito Democratico hanno ammiccato al Partito Socialista Europeo. Per ribadire che il PD deve guardare ai Socialisti europei.

Subito sono insorti gli ex democristiani della Margherita, minacciando scissioni nel caso in cui gli ex comunisti del PD dovessero insistere con la storia del Socialismo europeo.

Il direttore de il Giornale, Alessandro Sallustri, sostiene che il PD si vuole liberare, in un colpo solo, di Berlusconi e di Matteo Renzi. La tesi ci convince fino a un certo punto. Perché un’eventuale sconfitta di Renzi nella corsa alla segreteria del PD potrebbe avvicinare quest’ultimo a Casini e ad Alfano.

Paradossalmente, l’ipotetica rinascita di una forza politica moderata alternativa a Forza Italia di Berlusconi passa dalla vittoria di Cuperlo nella corsa alla segreteria del PD e, di conseguenza, nella contestuale sconfitta di Renzi. Quest’ultimo, se sconfitto, potrebbe anche optare per il passaggio nell’area di Alfano e Casini. Ma è un’ipotesi remota, perché – lo ribadiamo – oggi Casini e Alfano, in termini elettorali, valgono poco.

Sempre per la cronaca, è proprio l’eventuale sconfitta di Renzi nella corsa alla segreteria nazionale del PD, e l’altrettanto eventuale alleanza tra Alfano, Casini e lo stesso Renzi che potrebbe dare una minima credibilità alla seconda tesi: cioè all’ipotetica finta scissione Berlusconi-Alfano.

Il Cavaliere, secondo questa seconda tesi, avrebbe mandato avanti Alfano per strappare gli ex democristiani dal PD e portarli nel centrodestra.

E’ una tesi – che, ribadiamo, si può rintracciare nella rete tra coloro i quali guardano con estremo sospetto alla presenza di due centrodestra – un po’ ardita. Che non torna sotto il profilo elettorale. Casini e Alfano, insieme, dovrebbero arrivare almeno al 5 per cento. Ma non arriveranno mai a questa percentuale di voti.

Anche perché sulla regione che dovrebbe rappresentare lo ‘zoccolo duro’ dell’asse Alfano-Casini – e cioè la Sicilia (Alfano è siciliano e l’Udc di Casini, fino a prima della caduta di Totò Cuffaro raccoglieva in Sicilia il 50 per cento circa dei consensi) – sta per abbattersi uno tsunami elettorale.

Ci riferiamo all’ormai imminente licenziamento degli 80 mila precari della pubblica amministrazione siciliana. Ma degli effetti elettorali che provocherà in Sicilia l’azzeramento del precariato parleremo domani.

Quello che possiamo anticipare, è che il prezzo del licenziamento degli 80 mila precari siciliani lo pagheranno, soprattutto, gli ex democristiani siciliani e il PD.


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