LE SOCIETA’ IN HOUSE CREATE DALLA REGIONE NON SONO ALTRO CHE STRUMENTI OPERATIVI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E NON POSSONO OPERARE NEL MERCATO COME QUALSIASI ALTRO SOGGETTO ECONOMICO
L’Autorità Anticorruzione è intervenuta con propria determinazione a bloccare le procedure di tipo privatistico che l’IrfisFinSicilia spa ha intrapreso con un istituto di credito per affidargli i servizi bancari di cui è priva.
L’azienda finanziaria di Mediocredito regionale non dispone dell’organizzazione operativa di tipo bancario, perché questa parte della struttura della ex Irfis le è stata tolta al tempo che quell’istituto è stato per un breve periodo parte di Unicredit, in quanto era un’appendice tecnica dell’ormai ex Banco di Sicilia (finito pure dentro Unicredit).
Spolpata della sua componente bancaria, l’Irfis, ridotto ad un guscio vuoto, è stato ‘acquistato’ dalla Regione siciliana in cambio di un posto nel consiglio di amministrazione, in rapporto alla partecipazione di minoranza al capitale sociale del Banco di Sicilia-Unicredit.
Quest’operazione, in vero ridicola, è stata condotta e realizzata dal presidente della Regione del tempo, onorevole Salvatore Cuffaro: sedere nel consiglio di amministrazione di una banca, anche se non conta nulla, fa sempre chic e poi c’è sempre la possibilità di offrire un posto importante a qualche amico. Cosa che fa sempre comodo.
Con l’avvento del governo di Raffaele Lombardo, che in quanto a distributore di posti e di nomine non è stato secondo a nessuno, l’Irfis conosce un’altra collocazione, quella di credito agevolato regionale nel quadro della ristrutturazione delle 34 società regionali in house create dal 2001 in poi, in parte per sfamare clientele e in parte per giustificare la spesa dei fondi strutturali europei.
La loro funzione è servita a giustificare come spese d’investimento l’uso di una parte dei fondi europei (spesa corrente), mediante la loro utilizzazione da parte di società di capitale e non dagli uffici amministrativi regionali.
A questo punto non è azzardato descrivere il quadro generale del sistema creditizio pubblico regionale.
La Regione siciliana si trova ad avere tre aziende di credito da gestire che, sostanzialmente, svolgono lo stesso lavoro: c’è la Crias che, oltre al credito agli artigiani, elargisce il credito agli agricoltori e ai coltivatori; mentre l’Ircac, oltre al credito alle cooperative, gestisce le operazioni relative ai Fondi strutturali europei ed il credito alle piccole aziende; l’IrfisFinSicilia opera nel campo del credito alle aziende in generale.
In definitiva, come già accennato, tutt’e tre le aziende di credito svolgono lo stesso lavoro e non si capisce perché continuano ad essere divise. O forse si capisce fin troppo bene la ragione di questa artificiosa suddivisione: la presenza delle organizzazioni delle categorie artigiane e delle centrali cooperative che godono del privilegio di sedere nei consigli di amministrazione delle due aziende di credito regionali; a cui si aggiungono le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative. Insieme, senza averci messo niente di proprio, categorie artigiane, centrai cooperative e sindacati gestiscono potere e clientele a spese del bilancio regionale.
Al di là delle divagazioni, che sono servite ad inquadrare il contesto da cui parte l’iniziativa dell’ex assessore Gaetano Armao, il quale, consapevole dei limiti funzionali della novella IrfisFinSicilia, aveva per tempo, nel settembre 2012, diffidato l’azienda di credito di servirsi di altro istituto di credito per esercitare in concreto la propria attività, se non attraverso una procedura di evidenza pubblica, per la ragione che pubblica era la figura della nuova società, ancorché la sua ragione sociale fosse di forma privatistica. E, a scanso di possibili equivoci, ne aveva informato anche la Corte dei Conti. Quest’ultima, investita della questione – immediatamente dopo, nel gennaio 2013 – ha provveduto ad avviare un’inchiesta che successivamente ha portato al pronunciamento dell’Autorità Anticorruzione.
La nuova Autorità che costituisce la massima espressione in materia di controllo della spesa pubblica, dall’esame dei fatti accoglie le indicazioni espresse dall’ex assessore Armao e respinge le controdeduzioni di Irfis e della Regione siciliana. In particolare, per quanto attiene all’affidamento dei servizi ad altre banche tramite rapporti diretti, con le seguenti motivazioni: l’IrfisFinSicilia, in quanto ente in house, deve osservare il rispetto del codice dei contratti pubblici, nonché il divieto al cui riguardo non può ammettersi il contestuale svolgimento di ulteriori attività di intermediario finanziario sul mercato, al pari di altri operatori economici; la costituzione a tal fine di gestioni separate e/o di società partecipate non è idonea a superare il predetto divieto.
Conclude con una stangata diretta all’Irfis, affinché si dia una regolata nel fare il proprio lavoro: Per i servizi bancari, in casi come quello in specie, ai fini della determinazione dell’importo si deve tenere conto anche dell’utilità concernente la disponibilità di ingenti somme di denaro; di talché, anche nell’ipotesi di gratuità o di commissioni a carico dell’ente affidatario di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, a garanzia della concorrenzialità tra gli operatori del mercato bancario, il contratto deve essere considerato di valore indeterminabile, con conseguente applicazione delle regole che governano l’affidamento di servizi di importo superiore alle soglie comunitarie.
Va doverosamente segnalato che queste motivazioni esauriscono anche argomentazioni che l’Irfis e la Regione siciliana, nella versione di Rosario Crocetta, subentrata al governo Lombardo, avevano avanzato a sostegno del loro operato.
Da parte sua, l’Irfis sosteneva che l’istituto non si ritiene obbligato all’osservanza delle procedure ad evidenza pubblica nei casi in cui si trova a dovere interloquire con operatori economici di un mercato liberalizzato qual è quello bancario.
La Regione siciliana, invece, argomentava a sostegno della tesi Irfis, che gli impedimenti opposti all’operato di quell’azienda dovevano intendersi superate dalle novità legislative introdotte dall’Assemblea regionale siciliana alla fine del 2013.
L’Autorità Anticorruzione a queste osservazioni eccepiva che tali novità non sono idonee a superare le criticità.
Brevissima conclusione. Con queste motivazioni la Regione siciliana è servita: se ha inventato le società partecipate per evitare gli adempimenti di trasparenza pubblica che essa è tenuta ad osservare, ha preso un abbaglio per la ragione che le società in house debbono intendersi quali strumenti operativi della pubblica amministrazione e non possono operare nel mercato come qualsiasi altro soggetto economico: Tiè!
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