L’associazione antiestorsione costretta a lasciare la sede. «Serve un luogo dove accogliere chi denuncia il pizzo»

«La struttura verrà interessata da un imponente lavoro di ristrutturazione. Per questo abbiamo deciso di lasciare la sede in cui stiamo da diversi anni e dove riceviamo le persone che coraggiosamente decidono di denunciare il racket del pizzo e dell’usura». A parlare ai microfoni del gruppo Rmb è Nicola Grassi, il presidente dell’Asaec. L’associazione antiestorsione di Catania che è costretta a lasciare il luogo dove da anni accoglie e accompagna imprenditori e cittadini che decidono di denunciare. La scelta obbligata, come ha spiegato Grassi, è dovuta a lavori di ristrutturazione che interesseranno il palazzo che è stato dichiarato pericolante. Le delicate attività dell’associazione, però, sono incompatibili con un cantiere e la presenza di operai al lavoro. E senza un luogo dove accogliere le vittime in modo protetto, le già poche denunce, rischiano di ridursi ancora di più.

«L’Asaec da 31 anni si occupa di sensibilizzare sui fenomeni di racket e usura nel territorio del Catanese – spiega il presidente – Siamo impegnati in questa battaglia che è importante portare avanti. Un luogo fisico dove accogliere in modalità protetta chi decide di denunciare è indispensabile». Di certo non sono argomenti di cui si può discutere sedendosi al tavolino di un bar qualsiasi. Negli anni, all’Asaec si sono rivolte una ventina di vittime. Di queste, circa una decina è arrivata a presentare una formale denuncia. Numeri che stentano a crescere e che potrebbero subire un’ulteriore flessione negativa se l’associazione non potrà garantire un luogo sicuro per gli incontri.

Per questo, il presidente di Asaec fa appello alle istituzioni locali per trovare una nuova sede in cui potere continuare a svolgere le proprie attività sociali. «Ci auguriamo che il Comune di Catania in primis possa ricominciare a mettere a bando i beni confiscati alla mafia o possa decidere di affidarci una delle tante strutture libere». In questo modo l’associazione potrebbe anche risparmiare sui costi dell’affitto e delle utenze che, in questi anni, ha sempre provveduto a pagare di tasca propria. «Costi che, in questo momento, sono anche piuttosto gravosi – sottolinea Grassi – specialmente per un’associazione come la nostra che accede al cinque per mille ma non a contributi pubblici».

Intanto, però, interrompere le attività dell’associazione non è possibile. Per questo, almeno per il momento, continueranno con riunioni organizzate a turno nelle varie case di diversi soci e anche in giro per la città. «Restiamo comunque alla ricerca di una sede dove potere svolgere le nostre delicate attività sociali – conclude il presidente di Asaec – e ci auguriamo che le istituzioni possano cogliere il nostro appello per darci la possibilità di continuare a operare sul territorio».


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