L’Ars tra le poltrone e il nulla

Che spettacolo offre la nuova Assemblea regionale siciliana cinquanta giorni dopo le elezioni? Oltre un mese è volato via in attesa che gli ‘uffici’ certificassero l’esistenza in vita del nuovo parlamento dell’Isola. C’era bisogno di far passare trentacinque giorni? Se ci vuole tutto questo tempo per fare insediare i 90 parlamentari di Sala d’Ercole, con quale speranza c’è da attendersi da questi signori una legge per la riduzione dei tempi della burocrazia?

Dopo l’insediamento dei 90 parlamentari sono passati quindici giorni. Ebbene, da due settimane non si fa altro che parlare di poltrone e di amenità varie.

La prima settimana è passata con la sofferta elezione del nuovo presidente dell’Ars, Giovani Ardizzone. Il quale si è subito fatto conoscere per la cravatta e per una dichiarazione sull’Alta Corte per la Sicilia. Che al nuovo presidente non sembra essenziale. Dimenticando che il partito del quale fa parte – l’Udc – almeno a parole, si richiama a quel don Luigi Sturzo che non solo fece parte dell’Alta Corte, ma che difese tale istituto fino all’ultimo (Sturzo morì nel 1959, mentre era in corso il dibattito sull’Alta Corte le cui finzioni, qualche anno prima, erano state assorbite dalla Corte Costituzionale con una sentenza abusiva: per non parlare del fatto che l’Alta Corte non è mai stata abrogata con una legge costituzionale).

La seconda settimana dell’Ars è stata utilizzata per l’elezione dei due vice presidenti.

Oggi si apre la terza settimana, che verrà dedicata all’elezione dei presidenti, dei vice presidenti e dei segretari delle commissioni legislative.

Ventuno giorni per parlare solo di poltrone. E’ normale?

Intanto i problemi si accumulano. Siamo già a ridosso di Natale e, a Sala d’Ercole non c’è nemmeno il disegno di legge per l’esercizio provvisorio. Pensavamo di esserci lasciati alle spalle la disastrosa legislatura caratterizzata dai bilanci che si approvavano dopo quattro mesi di esercizio provvisorio. Invece abbiamo la sgradevole sensazione di rivedere un film già visto.

Il nuovo assessore regionale all’Economia ha detto che manca un miliardo di euro per chiudere il bilancio 2013. A nostro modesto avviso il problema è un po’ più complesso. Ad ogni modo, tutto sarà più chiaro quando il Governo presenterà all’Ars il ‘bozzone’ con la proposta di manovra economica e finanziaria.

Oltre al bilancio ci sono altri problemi che attendono risposte. A cominciare dalla questione idrica. La scorsa legislatura una politica truffaldina ha impedito all’Aula di discutere il disegno di legge, d’iniziativa popolare, per il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua.

Con la connivenza di quasi tutti i parlamentari dell’Ars della scorsa legislatura, il Governo, retto allora da Raffaele Lombardo, ha provato a inviare commissari in tanti Comuni dell’Isola. Con l’obiettivo di strappare agli stessi Comuni impianti idrici pubblici per consegnarli ai privati. Il tutto con l’opposizione di centinaia di Sindaci.

Quanto avvenuto tra luglio e settembre in tanti Comuni siciliani non ha trovato eco su tanti mezzi di comunicazione. Quello che possiamo dire è che i commissari inviati da un Governo dimissionario che, a norma di legge, non avrebbe dovuto nominare commissari (lo impediva la cosiddetta legge blocca-nomine) non sono riusciti, almeno in parte, a scippare gli impianti idrici ai Comuni.

La questione è ancora aperta. Dall’attuale Assemblea regionale – e dal Governo di Rosario Crocetta – ci si attende una sensibilità diversa rispetto agli ‘inchiappi’ combinati dalla vecchia Ars e dal passato Governo. Soprattutto dal nuovo Parlamento siciliano, che su una questione importante come il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua dovrà dare risposte chiare, alla luce, anche, di un referendum popolare che ha sancito la vittoria dei cittadini che chiedono il ritorno al servizio idrico pubblico.

C’è da affrontare la questione rifiuti. In questi giorni sta venendo fuori quello che il nostro giornale scrive da mesi: e cioè che i debiti accumulati dagli Ato rifiuti superano di gran lunga il miliardo di euro.

Il passato Governo e la passata Assemblea regionale hanno provato a scaricare sui cittadini i costi delle dissennate gestioni degli Ato rifiuti. L’idea di far pagare ai cittadini siciliani, con la maggiorazione delle bollette, il costo delle assunzioni ‘pilotate’ senza concorsi pubblici è sbagliata.

Noi invitiamo il nuovo Governo e la nuova Assemblea regionale a chiamare gli amministratori dei vecchi Ato rifiuti a rispondere personalmente delle assunzioni a ruota libera e, in generale, dei debiti accumulati da chi ha gestito gli Ato rifiuti.

Già il Governo Crocetta – in attesa che l’Ars termini la ‘dotta’ discussione sulle poltrone – ha dato un’indicazione precisa e condivisibile: a gestire la raccolta dei rifiuti debbono essere i Comuni. Si deve tornare, insomma, alla gestione pre-Ato rifiuti. Ma su tale tema sarebbe bene che anche la nuova Assemblea regionale avvii un dibattito.

Fermo restando che i cittadini siciliani non possono pagare altre tasse e altre imposte (oltre a
quelle già appioppateci dal Governo Monti!) per pagare i debiti degli Ato rifiuti! Chi ha sbagliato deve pagare. Di persona. Anche per far capire ai futuri amministratori della cosa pubblica che dovranno stare molto attenti.

Sempre in materia di rifiuti va smontato il folle Piano di gestione dei rifiuti approvato a fine legislatura dal passato Governo. L’idea di far bruciare i rifiuti nei forni delle cementerei siciliane è folle. Perché si riempirebbero i centri abitati vicini alle cementerei di diossina e di altri veleni vari. Questa cosa ignobile va sbaraccata.

Ci sono, all’ordine del giorno, altre questione che attendono la nuova Assemblea regionale siciliana. Dalla crisi dell’agricoltura alla crisi della pesca. Dalla liquidazione dei vecchi Consorzi Asi al rilancio delle attività produttive. Da una riflessione sui distretti produttivi istituiti dalla Regione a un rilancio dell’internazionalizzazione delle produzioni siciliane. Da un approfondimento serio su quanto è stato fatto fino ad oggi in materia di energie rinnovabili al rilancio delle opere pubbliche ridotte al lumicino. Da un’attenta analisi sui fondi europei a una vera legge per rendere più celeri i tempi della burocrazia. Da una nuova legge urbanistica, che la Sicilia attende oltre vent’anni, alla questione finanziaria dei Comuni in molti casi ormai al dissesto finanziario presente ma non dichiarato. E via continuando.

 

 

 

 

 


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