Nei giorni in cui la solita stampa «ciarlatana», come l’ha definita il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, torna a sparare a zero sui costi del Parlamento siciliano, mischiando capre e cavoli e proponendo paragoni insostenibili, il Consiglio di Presidenza di Sala d’Ercole ha approvato il bilancio interno dell’Assemblea regionale siciliana che prevede un’ulteriore sforbiciata ai fondi per le spese dei gruppi parlamentari, per le collaborazioni esterne e per le stesse Commissioni parlamentari.
Complessivamente l’Ars, nel 2015, avrà un costo che sfiora i 160 milioni di euro, con un risparmio di oltre 2 milioni e 800 mila euro rispetto al 2014. In questi 160 milioni quasi la metà vola via per pagare le pensioni al personale e agli ex parlamentari.
Nel documento economico spicca una voce. E’ quella che prevede un finanziamento di 100mila euro per la mostra di Fernando Botero Via Crucis. la passione di Cristo, che si svolgerà nelle Sale Duca di Montalto di Palazzo Reale da Marzo a Giugno del 2015, quale unica tappa italiana.
Il costo dell’Ars, dunque, scende di anno in anno. Basti pensare che nel 2012 si spendevano 175 milioni. A distanza di due anni il risparmio netto è dunque di 15 milioni. L’obiettivo, secondo il Bilancio previsionale triennale per il 2015-2017, è di un ulteriore risparmio entro il 2017, arrivando al costo complessivo di 150 milioni e 984 mila euro. Una doverosa spending review visti i tempi di vacche magre
Ma da qui a definire il Parlamento siciliano come una delle istituzioni più costose d’Italia ce ne vuole. Si dice, ad esempio, con una foga che rasenta il razzismo culturale, che il Consiglio regionale lombardo costa solo 68 milioni di euro, quello del Piemonte che si ferma a quota 62 milioni, quello della Campania 66.
Tutte cifre che dovrebbero dimostrare quanto sia spendacciona questa Sicilia. In pochi, però, si ricordano di dire che dal bilancio complessivo dell’Ars vanno tolti oltre 70 milioni di euro: sono i costi dei pensionati (ex deputati di Sala d’Ercole ed ex dipendenti del Parlamento siciliano) e dei vitalizi (che dal prossimo anno sono aboliti) oltre che del personale. Costi che, nelle altre Regioni, sono a carico delle rispettive Amministrazioni regionali, mentre l’Ars li paga, per l’appunto, con il proprio Bilancio interno, che è un Bilancio diverso da quella dell’Amministrazione regionale siciliana
Insomma, i 68 milioni della Lombardia servono solo a coprire i costi del Consiglio.
Il raffronto dunque – come ha detto anche il parlamentare regionale del Pd, Antonello Cracolici – è sbagliato. Perché in Lombardia c’è una sola Amministrazione regionale, mentre in Sicilia l’Ars ha un Bilancio a parte rispetto all’Amministrazione regionale. Tra l’altro, la Regione siciliana, nel suo complesso, nasce 25 anni prima delle altre Regioni. Logico dunque che abbia accumulato più spese e paghi più pensionati.
In questi attacchi, e in questi dati diffusi anche dallo stesso Governo nazionale, come già abbiamo avuto modo di dire, si legge un chiaro intento di distruggere ciò che resta delle Regioni italiane e della cultura amministrativa del regionalismo. Il potere, nella filosofia di Renzi, va accentrato. Così si potranno gestire meglio gli asset dei territori. Un assaggio lo abbiamo avuto con l’articolo 38 del decreto Sblocca Italia che dà il via all’arrembaggio dei petrolieri e che toglie alle Regioni il diritto di decidere su un tema così delicato per la vita di una comunità.
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