Stagista insoddisfatta, free-lance felice di «rendere un servizio allumanità». Il reportage di Valeria Gentile Storie doro e di fango, a metà tra i fasti del Vaticano e la tragedia de LAquila, pubblicato sul blog Altri Occhi, è diventato di recente, su iniziativa di Antonio Sofi, un ebook digitale e gratuito. Ne parliamo con lautrice
L’altra metà del giornalismo
Minuta, capelli lunghi castani, occhi vispi e pieni di curiosità. Un carattere forte il suo.
Osserva in silenzio, prende in mano penna e taccuino, poi inizia a tingere le pagine di fatti e interpretazioni, di odori e colori, di delusioni e speranze. Non è solo una stagista e blogger delusa che ha sbattuto la porta di una grande redazione, Valeria Gentile è già una giovane reporter che abbiamo conosciuto tra i volontari del Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia. Da anni si interessa di storie di dimenticati. Si è occupata del caso di Totò, un senzatetto di Firenze, e poi delle discariche abusive in Campania e tanto altro. E’ una girovaga dell’Italia e non solo.
Valeria, quando e come (e perché) è nata la tua passione per il giornalismo?
«E’ nata relativamente tardi rispetto ad alcuni che raccontano di aver cominciato a sognarlo sin da piccoli. Io allora avevo un altro sogno, che è un po’ quello che mi porto ancora dentro: fare la scrittrice. Passavo giornate intere, poi mesi e anni ad analizzare i grandi classici per imitarli: dolce stil novo, haiku, romanticismo, realismo, avanguardia… Finché ho scoperto che la scrittura poteva essere messa al servizio dell’umanità e ho cominciato a lavorare come un falegname sul mio stile personale».
Perché non ti sei affidata alle scuole di giornalismo?
«Tutto ciò che so non l’ho imparato all’università, a parte qualche raro caso. Ho preso la laurea triennale ma, vedendo il programma della specialistica e ascoltando studenti di costosissimi master e scuole di giornalismo, mi sono ripromessa di non continuare a riscaldare sedie e pagare tasse, né farmi incanalare in un sistema scolastico e sociale che va contro i miei principi di diversità e fantasia. E ho deciso di rimboccarmi le maniche e riempire il curriculum vitae anziché un altro libretto».
A quali rari casi ti riferisci?
«Il miglior corso universitario in assoluto è stato “Processi produttivi nel giornalismo”: Enrico Bianda mi ha insegnato lo stile del reportage e Antonio Sofi come applicarlo al web».
Da lì è nato il blog “Altri Occhi”, vincitore di un’edizione di “Bloglab”?
«Sì, Antonio Sofi ha creduto in me e nel mio progetto sin da subito e mi ha spinto ad aprirlo. E’ un semplicissimo blog per coloro che vogliono leggere e/o pubblicare dei reportage finalizzati a colmare le lacune che la disinformazione crea nella società».
“Storie d’oro e di fango” è diventato un ebook e ha la prefazione di Antonio Sofi, te l’aspettavi questo successo?
«Sono partita per L’Aquila perché ho sentito che sotto l’invadenza dei “leader dell’informazione” c’erano altre storie da raccontare. Che poi il mio lavoro sia diventato un ebook con la prefazione di Sofi mi ha commossa. Quella prefazione è il mio attestato di laurea, che non sono mai andata a ritirare all’università».
Chi sono i soggetti principali dei tuoi racconti e su quali basi li scegli?
«Mi interesso alle tematiche sociali più drammatiche per dare voce ai deboli e ai dimenticati della Terra. Sono molto istintiva, ma dietro alla passione c’è sempre il tentativo lucido e calcolato di portare alla luce questioni di cui non si parla o di cui si parla in modo parziale».
Cosa porti a casa quando torni da ogni tuo viaggio?
«Sarebbe già interessante definire “casa”. Ho fatto più di venti traslochi in ventiquattro anni e per una questione di biografia ho imparato a sentirmi a casa ovunque, e molto rapidamente. Ogni mio viaggio – da e verso – è pieno di scoperte, di storie, di colori e di bellezza, soprattutto di persone, il fulcro della mia esistenza e del mio lavoro».
C’è qualche giornalista (vivente e non) che hai come punto di riferimento? Perché, cosa ti ha insegnato?
«Nellie Bly mi ha insegnato il coraggio, Indro Montanelli la coerenza, Camilla Cederna l’umanità, Tiziano Terzani la fantasia, Ryszard Kapuscinski la resistenza. Tra i viventi adoro Roberto Saviano, che mi insegna a lottare, e Paolo Rumiz, che considero il mio maestro anche se non ha mai risposto alle mie email».
Regole che ogni giornalista – o aspirante tale – dovrebbe tenere a mente più spesso per dare vita ad un’informazione più completa: coerenza, umanità, coraggio, fantasia e resistenza. E’ bello che questo insegnamento arrivi da Valeria, con la valigia piena di esperienza e leggera di anni.
Foto di Gilles Marangon Finotello.