La strana coppia: Orazio Licandro & Oliviero Di Liberto

Giovedì scorso, nella trasmissione di Santoro, il leader di “Rivoluzione Civile”, Antonio Ingroia, sottolineava, ancora una volta, che nelle sue liste aveva privilegiato elementi della società civile anziché esponenti di partito. Ed ancora una volta (basta vedere la composizione delle liste dove i capilista sono appunto esponenti di partito) smentito in una intervista rilasciata a Klaus Condicio – il salotto tv di Klaus Davì il 24 gennaio, in onda su youtube – da un deluso Salvatore Borsellino, fondatore del movimento delle Agende rosse che, all’inizio, aveva creduto nel progetto rivoluzionario del movimento di Ingroia.

Nel suo duro attacco il fratello del giudice ucciso dalla mafia andava giù pesante: “All’inizio, riponendo la mia fiducia nei giovani e nel ricambio della politica ho aderito con entusiasmo al progetto di Antonio Ingoia, ma poi grande è stata la mia delusione quando ho constatato con disappunto che ‘Rivoluzione Civile’ si è affidata a dei partiti già scomparsi o che stavano per scomparire, gettando loro una ciambella di salvataggio per rientrare (come il Pdci e Rifondazione) o per non uscire dal Parlamento (come l’Italia dei valori). Porto il nome di Borsellino e certo – conclude l’intervista il fondatore delle Agende rosse – non posso condividere il progetto di ‘Rivoluzione Civile’ in cui, frutto di contrattazioni di vecchio stampo, sono coinvolti partiti in stato di decomposizione e di putrefazione”.

Come dare torto a Salvatore Borsellino quando siamo al cospetto di esponenti di partiti in via di estinzione come Oliviero Di liberto ed il suo fedele Orazio Licandro, responsabile nazionale d’organizzazione del Pdci che, pur di rientrare in Parlamento dalla porta o dalla finestra, comunque sia, si erano resi, poco più di un mese addietro , disponibili ad una ibrida alleanza con il Pd, salvo poi fare repentinamente marcia indietro per entrare nel bidone aspiratutto di Ingroia.

Operazione, questa, che opportunisticamente consentirebbe loro, a conti fatti, un più agevole accesso in Parlamento. Sentite quello che Oliviero Di Liberto, dichiaratosi ovviamente disponibile, per meri fini elettorali, ad una ipotetica alleanza con il Pd ebbe a dire il 3 novembre, circa due un mesi addietro, al termine dell’Assemblea delle Federazione della Sinistra, prendendo le distanze da Rifondazione Comunista: “Io lavoro per un accordo con Bersani. Bersani ha ridato oggettivamente un segno laburista e socialdemocratico al Pd. Vuole provare ad archiviare la fase del Governo Monti e con esso la stagione fallita del neoliberismo. Cerca di accantonare le fascinazioni clintoniane e blaireniane delle terze vie che tanto hanno pesato sulla sinistra italiana. La candidatura di Vendola – proseguiva il leader del Pdci – dal mio punto di vista, potrebbe riaprire la questione dell’Unità e dell’utilità della sinistra, per sostenere le ragioni del lavoro. Non è con lo splendido isolamento che i comunisti e le sinistre risorgeranno in Italia. Intendiamo provarci per riportare i comunisti in parlamento,ricostruendo percorsi unitari (con il Pd) ed impedire, così, con un nuovo centrosinistra alle destre di vincere”.

Non erano passati che pochi giorni da queste entusiasmanti dichiarazioni ed affermazioni di apprezzamento nei confronti di Bersani e del Pd, che lo stesso Oliviero Di Liberto, campione di coerenza, scordandosi le cose dette qualche giorno prima, si butta nella spasmodica ricerca di un posto in Parlamento per sé e per i suoi fedelissimi fra le braccia di Antonio Ingoia.

Sulla stessa lunghezza d’onda, fedele alla consegna, in Sicilia, in quei giorni, era stato il suo scudiero Orazio Licandro che, in un’intervista al quotidiano La Sicilia di Catania rilasciata il 4 dicembre scorso, s’era detto anch’esso entusiasta, iniziando a fare le lodi di Rosario Crocetta di cui aveva precedentemente detto peste e corna, di un possibile accordo elettorale, in Sicilia, tra Pd e Pdci.

A proposito della coerenza dimostrata dai due, val bene ricordare il loro cambio di opinione sull’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta. Nel 2008, quando Crocetta era un autorevole esponente del loro partito e Sindaco di Gela nel candidarlo alla guida della Sicilia, così lo descrivevano: “Rosario Crocetta – sosteneva allora Di Liberto – è un amministratore che ha fatto della legalità e della lotta alla mafia attraverso la sana amministrazione il tratto della sua opera quotidiana e per questo sarebbe un ottimo presidente della Regione. In Sicilia è tempo di aria nuova, totalmente nuova e fresca. Un’aria che porti energie pulite, esperienza, competenza e rigore morale”

Idem Orazio Licandro, allora capogruppo del Pdci in commissione antimafia alla Camera dei deputati: “I comunisti italiani propongono a tutti gli alleati del centrosinistra una risorsa che tutti hanno sperimentato in questi anni: una risorsa di buon governo e che risponde a quei requisiti. Ha un nome e cognome: Rosario Crocetta e fa il Sindaco di Gela.”

Oliviero Di Liberto ed Orazio Licandro, scordandosi di quanto nel 2008 avevano detto entusiasticamente di Rosario Crocetta – che aveva poi avuto il torto di abbandonare a ragione come tanti altri delusi il loro partito – nella recente campagna elettorale per le elezioni regionali sono scesi in campo contro il neo presidente della Regione, dicendo di lui peste e corna, ossia l’esatto contrario di quanto avevano sostenuto quattro anni prima. La coerenza, a buon diritto, per i due si può dire sia un optional e merce sconosciuta

Diceva Oscar Wilde che la coerenza è l’ultimo rifugio degli uomini privi d’immaginazione ed è per questo che, con buona pace di Salvatore Borsellino che sognava un ringiovanimento e un ricambio totale della classe politica, i nostri due eroi, Oliviero Di Liberto e Orazio Licandro, d’immaginazione e di ambizione, da vecchi politici consumati ed alla faccia della coerenza, ne hanno tanta per ambire con ogni mezzo ad un posto in Parlamento. In lista con il Pd o con ‘Rivoluzione Civile’ fa lo stesso. Montecitorio val bene una messa (in lista…).

 

 

 

 


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Giovedì scorso, nella trasmissione di santoro, il leader di “rivoluzione civile”, antonio ingroia, sottolineava, ancora una volta, che nelle sue liste aveva privilegiato elementi della società civile anziché esponenti di partito. Ed ancora una volta (basta vedere la composizione delle liste dove i capilista sono appunto esponenti di partito) smentito in una intervista rilasciata a klaus condicio - il salotto tv di klaus davì il 24 gennaio, in onda su youtube - da un deluso salvatore borsellino, fondatore del movimento delle agende rosse che, all’inizio, aveva creduto nel progetto rivoluzionario del movimento di ingroia.

Giovedì scorso, nella trasmissione di santoro, il leader di “rivoluzione civile”, antonio ingroia, sottolineava, ancora una volta, che nelle sue liste aveva privilegiato elementi della società civile anziché esponenti di partito. Ed ancora una volta (basta vedere la composizione delle liste dove i capilista sono appunto esponenti di partito) smentito in una intervista rilasciata a klaus condicio - il salotto tv di klaus davì il 24 gennaio, in onda su youtube - da un deluso salvatore borsellino, fondatore del movimento delle agende rosse che, all’inizio, aveva creduto nel progetto rivoluzionario del movimento di ingroia.

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