La storia di Giulia, pubblicista scomoda «L’Ordine? Si occupi della deontologia»

Dal naufragio della Costa Concordia ai blocchi in Sicilia. Per «meglio comprendere ciò che è (o che non è) reso noto dai media cogliendone eventuali strategie ed incoerenze comunicative». E’ Dentro e dietro la notizia, la speciale rassegna stampa organizzata dalla Feltrinelli di Catania insieme all’associazione per la promozione del giornalismo universitario Upress Cta e coordinata dalla giornalista Rosa Maria Di Natale. Un ciclo di cinque incontrida gennaio a maggio – di un’ora e mezza ciascuno: dalle 18 alle 19.30. Il primo appuntamento è previsto per domani, nella sede di via Etnea 285, per parlare di giustizia e legalità – ma anche di attualità – con le giornaliste siciliane Giulia Martorana e Graziella Proto.

Il nome della Proto è già noto a Catania. Fondatrice nel 2006, insieme a Riccardo Orioles, della rivista Casablanca: c’è chi la leggeva in cartaceo e chi adesso la riceve ogni due mesi sulla propria posta elettronica. Ma anche collaboratrice de I Siciliani di Giuseppe Fava prima e amministratrice de I Siciliani Giovani poi, dopo la morte del direttore nel 1984. Alla sua attività sono legate diverse inchieste sulla criminalità organizzata in città.

Di Giulia Martorana, invece, si è molto sentito parlare in questi ultimi mesi per una vicenda giudiziaria che l’ha vista protagonista. Il giudice di Enna l’ha infatti condannata a 20 giorni di carcere per essersi rifiutata di rivelare la propria fonte. Inutile invocare il segreto professionale: lei è una giornalista pubblicista e per legge, in Italia, la tutela spetta solo ai professionisti. «Ho invocato il segreto quasi per provocazione – spiega lei stessa – Perché, per quanto mi riguarda, l’iscrizione a un albo o ad un altro è irrilevante per il riconoscimento della mia professionalità». Giulia Martorana – firma del quotidiano La Sicilia e collaboratrice dell’agenzia di stampa Agi -, infatti, dedica la sua vita al giornalismo dalla metà degli anni ’70.

Classe 1960, ennese di nascita, ha iniziato la sua carriera prima nelle radio e poi nelle tv private di Mazara del Vallo, dove intanto si era trasferita con la famiglia. «In quel periodo c’era molto da raccontare – spiega – e mi occupavo soprattutto di immigrazione e lavoro». Una breve interruzione delle collaborazioni e poi la ripresa con L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia, nel 1996. «Fino a quel momento non ero nemmeno iscritta all’Ordine – racconta – E’ stato il Gds ad insistere per regolarizzarmi, considerato che mi occupavo anche di cronaca nera e giudiziaria. Capisco che è importante, ma io ne avrei fatto anche a meno». Da quasi otto anni, infine, le corrispondenze da Nicosia per La Sicilia e la collaborazione con l’Agi.

Eppure, nonostante la vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta, Martorana non ha alcuna intenzione di diventare professionista. «E per cosa? – chiede – Per poi scrivere due pezzi l’anno o dirigere un ufficio stampa?». Per lei, il suo mestiere lo fa già bene così. «E poi ormai è una questione di principio». Piuttosto, crede che sia l’Ordine a doversi adeguare. Una convinzione sostenuta in pubblico ancora prima delle liberalizzazioni volute dal governo Monti. «Nel 2009, l’anno del mio rinvio a giudizio – racconta – avevo scritto una lettera aperta per chiedere che venissero rivisti i requisiti di accesso all’albo dei pubblicisti. Chiedevo, insomma, un Ordine più ordinato», ride. Oltre che, ovviamente, la tutela di tutta la categoria, senza distinzioni. E se per la prima richiesta qualcosa effettivamente si è mosso, per la seconda è la sua stessa vicenda a denunciare l’immobilismo della corporazione. Nonostante proprio qualche settimana fa, il Tribunale di Palermo abbia assolto una collega nella stessa condizione.

Questioni che potrebbero sembrare tutte interne alla categoria ma che invece riguardano sempre più i lettori. «Perché quello di cui davvero dovrebbe occuparsi l’Ordine è la deontologia – spiega Martorana – Che ormai a me pare finita sotto i piedi». E di cui si discuterà anche domani alla Feltrinelli, attraverso esempi concreti di titoli e notizie. «Ma vi sembra normale fare un titolo come Capitan codardo? – s’infervora Giulia Martorana, riferendosi al naufragio della Costa Concordia – Questo è sbattere il mostro in prima pagina, senza una reale conoscenza dei fatti». E anche un pessimo servizio per i lettori. Per quelli siciliani in particolare negli ultimi giorni, secondo la giornalista. «A proposito dei blocchi, io ho trovato fuori luogo parlare di infiltrazioni mafiose – spiega – Lo facciamo in qualunque occasione per avere un po’ di visibilità sociale». E sulle denunce di intimidazione subite dai commercianti? «Ci sarà pure stato un camionista pregiudicato, sono dappertutto, anche in politica e nelle banche – conclude – Ma non per questo si può gettare un’onta su tutto un movimento».

[Foto di Mara Stacca]


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