Quale scuola per lItalia plurale? Spunti ritardatari dal seminario internazionale tenutosi lo scorso aprile presso lAuditorium della Camera di Commercio di Ragusa, progettato e proposto dal prof. Abdelkarim Hannachi e organizzato dall'Università di Catania in collaborazione col MPI e l'Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia
La scuola, un tessuto di persone e culture
Cultura scuola persona: parole generiche e soggettive, forse indefinibili. Eppure se provate a digitarle tutte e tre su un motore di ricerca, leggerete è il primo di oltre un milione di risultati! un analitico documento del Ministero della Pubblica Istruzione che riesce mirabilmente a cucirle.
Chiarissimo è il ruolo della scuola che, come luogo deputato alla formazione del cittadino e osservatorio privilegiato della società, deve ripensare se stessa in unottica multiculturale.
Una didattica incapsulata in contenuti statici e mnemonici non è adeguata al modello di una scuola plurale e flessibile: per educare alla cittadinanza unitaria e plurale ad un tempo occorre costruire una memoria collettiva, intrecciare presente, passato e futuro.
I flussi migratori, nella società globalizzata, non sono un fenomeno transitorio ma strutturale, e gestire le diversità culturali non equivale alleliminazione delle frontiere. La questione del dialogo interculturale concerne tutta lEuropa e presuppone una virata degli obiettivi e delle metodologie: integrazione e (con o senza accento) apprendimento reciproco. Non solo accoglienza.
La reciprocità è insita nel concetto stesso di ospite, nel suo significato ambivalente di colui che offre ospitalità e persona accolta in casa daltri.
La scuola dovrebbe essere un luogo di inclusione, in grado di coniugare appartenenza e riconoscimento dei diritti.
Lart.26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo costituisce la base epistemologica delleducazione interculturale:ogni individuo ha diritto allistruzione; il comma 2 specifica che listruzione deve favorire la comprensione, la tolleranza e lamicizia tra tutte le Nazioni e tutti i gruppi razziali o religiosi, come pure lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
Tappa fondamentale il 1970: la risoluzione Nr.35 del Consiglio dEuropa sottolinea limportanza della scolarizzazione dei bambini immigrati.
Ventanni dopo una nuova terminologia approda nella normativa scolastica, con la Circolare Ministeriale n.205,in cui si legge: l’educazione interculturale, pur attivando un processo di acculturazione, valorizza le diverse culture di appartenenza. Compito assai impegnativo, perchè la pur necessaria acculturazione non può essere ancorata a pregiudizi etnocentrici; si insiste anche sulla formazione professionale, sullinsegnamento dellitaliano come lingua seconda e sulla valorizzazione della lingua e cultura d’origine. La diversità è letta come risorsa, lapproccio verso gli stranieri non ruota più solo attorno al loro inserimento ma spazia oltre.
Il rischio di appiattire le differenze o di intendere lintercultura come panacea ha attraversato i modelli scolastici in Francia, Germania, Svizzera e Italia: la politica francese tende di fatto allassimilazionismo, sacrificando senza dichiararlo apertamente le origini straniere; quelle tedesca e svizzera prevedono listituzione di classi speciali per gli immigrati, in base alla competenza linguistica e alla nazionalità dei discenti.
Ma a questa rigorosa selezione non si affianca né ladeguata formazione dei docenti né il successo scolastico degli studenti. Anzi, è la dispersione scolastica il primo riscontro di questi orientamenti. Senza contare il rischio calcolato ma non evitato di schizofrenia dellidentità cui sono esposti gli adolescenti
Come si sentiranno in un Paese che non è il loro? Spaesati, appunto.
Unità nella diversità: è il motto del modello scolastico europeo, ed obiettivo della scuola italiana, che sta sperimentando un percorso di eterogeneità delle cittadinanze nella formazione delle classi: la presenza di alunni stranieri ha superato, nellanno scolastico 2005/2006, le 400.000 unità. La sfida è notevole, il confronto genera conflitto, ma bisogna intrecciare le risorse.
Se la scuola è un microcosmo, è da lì che si dovrebbe partire per sbrogliare la matassa della società, lì si dovrebbero intrecciare i fili di appartenenza.
Il rinnovamento parte da una base normativa (la legge sullautonomia del 1977), coinvolge gli enti locali e si avvale di nuove figure professionali (come i mediatori linguistici e culturali e gli operatori interculturali).
Attori principali, in questimpresa condivisa, sono i dirigenti scolastici, i docenti e le famiglie. Perno è la persona: lo studente è posto al centro dellazione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali.
Dunque sarebbe interessante scucire il documento del M.P.I. da cui eravamo partiti, tagliarne il titolo e creare un nuovo modello: Persona scuola cultura.
No, non è unoperazione da sartoria, e non otterrete risultati da un motore di ricerca: avreste dovuto ascoltarlo da un esperto. Io lho fatto.