AMMETTIAMOLO: TUTTI ‘PISCIANO’ IN TESTA ALLA NOSTRA ISOLA. INQUNANO IL NOSTRO MARE, LA NOSTRA ARIA E I NOSTRI TERRENI E PAGANO LE IMPOSTE NEL NORD ITALIA. MENTRE ROMA DERUBA I NOSTRI COMUNI E CI FREGA UNA PARTE DEI SOLDI DEL FONDO SANITARIO NAZIONALE
La Sardegna lascia l’Italia e va con la Svizzera, diventando il ventisettesimo Cantone elvetico? Il progetto di secessione lanciato su facebook dal dentista cagliaritano, Andrea Caruso, è diventato un tormentone della rete.
“I media di mezza Europa hanno dato spazio alla notizia e da qui la moltiplicazione dei commenti sino ad arrivare al sondaggio on line”, leggiamo sul quotidiamo La Nuova Sardegma.
Un altro quotidiano – Libero.it – lancia una sorta di referendum e parla di un “duplice vantaggio: la Svizzera otterrebbe il tanto desiderato sbocco sul mare e la Sardegna sarebbe contenta di interrompere il travagliato rapporto con la Capitale”. (sopra, foto tratta dal mattinoonlive.ch)
Immediate, dal Paese Elvetico, arrivano le dichiarazioni a favore dell’iniziativa: “Sulla questione del “Canton marittimo bisognerebbe far decidere ai cittadini – afferma Pierre Rusconi, politico svizzero – e credo che la maggior parte degli elettori sarebbe favorevole”.
“I media di mezza Europa – leggiamo su La Nuova sardegna – hanno dato spazio alla notizia e da qui la moltiplicazione dei commenti sino ad arrivare al sondaggio on line. Si sono occupati della provocazione nata a Cagliari non solo Berna e Ginevra ma anche Londra con la Bbc, Germania e Giappone. Da evento volatile per social network, Sardegna Canton Marittimo si è trasformato in un caso dal taglio politico, sogno irrealizzabile ma proposta significativa, che Beppe Grillo, Moviento 5 Stelle, a giudicare dalle adesioni e dallentusiasmo diffuso nella rete conferma almeno come sardi e svizzeri non siano poi così lontani”.
Quello che sta succedendo è la spia di un malessere diffuso che il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, qualche giorno fa, ha interpretato benissimo, quando ha parlato non di secessione, ma di regioni italiane con esigenze di verse che Roma non riesce più a contemperare.
La verità è che l’Italia non piace più. Con molta probabilità, è l’Italia nell’euro che non va più a genio agl’italiani: un Paese dove l’unica cosa e visibile è rappresentata dalle tasse.
La Sardegna si vuole salvare andando con la Svizzera, il Tirolo – e non è una novità – non si sente italiano. I veneti sognano l’indipendenza. E la Sicilia?
La Sicilia si fa pisciare in testa da tutti. A turno, nella nostra Isola, vengono a pisciare tutti.
Ieri un incendio ha seminato altro inquinamento a Gela, cittadina siciliana che, dagli anni ’50 del secolo passato, è stata data in pasto’ all’Eni, che ne ha fatto e ne continua a fare ‘carne di porco’: aria inquinata, mare inquinato, terreni inquinati. Persino il Biviere di Gela sembra sia una ‘bomba ecologica’ prona a esplodere.
Ad Augusta l’inquinamento delle raffinerie è semplicemente incredibile. Nella rada di Augusta, nelle sabbie sottomarine, c’è tanto di quel mercurio che nessuno sa dove metterlo il giorno in cui si dovesse decidere di toglierlo.
A Melilli e Priolo l’inquinamento è ormai una condizione esistenziale. Malattie e teratologie non si contano più.
A Lentini – l’abbiamo scritto ieri – il tasso di mortalità dei bambini per leucemia è tre volte quella del resto d’Italia. Inquinamento provocato, a quanto pare, dalle armi americane (a due passi c’è la base militare di Sigonella).
Nella Valle del Mela, in provincia di Messina, si muore per i tralicci ad alta tensione dell’Enel: e non c’è verso di farli spostare dai centri abitati.
A due passi dalla Valle del Mela c’è Milazzo: altra cittadina massacrata dalla chimica ‘pesante’.
Grazie alla nostra Regione abiamo ancora tante ‘riserve’ si amianto: sono tutte le discariche piene di eternit che non sono ami state censite: anche questo fa ‘brodo’.
Tra qualche settimana, poi, i militari americani ci regaleranno le onde elettromagnetiche del Muos di Niscemi. I più colpiti saranno i centri dislocati da 50 e 80 chilometri circa dalle mega antenne del Muos.
In tutto questo non ci possiamo difendere. Se tentiamo di far pagare all’Eni i danni che ha prodotto e che continua a produrre in Sicilia (l’incendio di ieri fa seguito a due sversamenti in mare di idrocarburi), la Corte Costituzionale ci ‘boccia’.
Roma si è fottuti una cospicua parte dei soldi del fondo sanitario nazionale destinato alla Sicilia, portando la quota di compartecipazione alle spese della nostra Regione dal 42 al 50 per cento circa. In cambio avremmo dovuto avere una quota di accise sulle benzine raffinate: ma, ovviamente, di mettere in atto questa previsione non se ne parla nemmeno.
Negli ultimi due anni Roma ha ‘grattato’ ai nostri Comuni una buona parte dei trasferimenti: in cambio avrebbe dovuto riconoscere la perequazione fiscale e infrastrutturale: ma, naturalmente, non se n’è fatto nulla.
Di più: nel 2013 – sempre il Governo nazionale – si è preso 915 milioni di euro dal Bilancio regionale (trattanendoseli dall’Irpef: ‘alla fonte’). E quest’anno – il dato preciso non c’è – circa un miliardo di euro.
Insomma: a turno, ci pisciano in testa tutti: l’Eni, l’Enel, i privati delle raffinerie di Augusta (bello, no? abbiamo le raffinerie di petrolio che producono oltre il 50 delle benzine consumate in Italia: ma non siamo nemmeno titolari di tali raffinerie: ci riempono di merda l’ambiente e si portano il valore aggiunto e le imposte nel Nord Italia!), i privati dell’area industriale di Siracusa, il Governo nazionale.
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