La restituzione dell’Imu? La solita promessa da marinaio

Nei giorni scorsi uno dei candidati alle prossime elezioni, Silvio Berlusconi, ha sfoderato la sua ultima carta per recuperare il gap che lo separa dalla concorrenza. Ha dichiarato che, in caso di vittoria, come prima azione abolirebbe l’Imu.

Immediatamente la sua affermazione è diventata il “ritornello” di tutti i media e giornali. Tutti i concorrenti si sono affrettati a commentare le parole del sig. Berlusconi, ciascuno nella propria veste di “HOMO POLITICUS CANDIDATUS”. L’HOMO POLITICUS CANDIDATUS è una sottospecie di HOMO POLITICUS caratterizzata, da un lato, dalla capacità di dire tutto e il contrario di tutto, senza alcun timore di smentita nel caso in cui, dopo la sua elezione, facesse esattamente il contrario di quello che aveva promesso, e, dall’altro, dalla palese assenza di proposte concrete per risolvere i problemi dei propri elettori.

Ad esempio, chi, oggi, promette di abolire l’Imu non dice che è stato proprio lui a idearla, nel corso del suo ultimo mandato, e che abolire l’Imu significherebbe privare di risorse anche i Comuni (che sarebbero costretti a recuperare tali risorse in altro modo). Dimentica anche che, in teoria, secondo quanto da lui stesso promesso nel 2001 con il “Contratto con gli italiani”, da lui sottoscritto, non avrebbe dovuto neanche candidarsi alle elezioni, non avendo mantenuto alcuna delle promesse fatte allora. Per esempio, le ‘famigerate’ due aliquote fiscali, di cui non si è mai visto nulla. E altro ancora.

Un altro esemplare di HOMO POLITICUS CANDIDATUS, il sig. Monti, ovvero colui il quale aveva promesso di salvare l’Italia dal baratro, ha dimostrato che non mantenere le promesse è prerogativa della specie, (Imu per i beni della Chiesa e tante altre che sarebbe troppo lungo elencare qui, ma che tutti i lettori conoscono bene in quanto non si sono ancora rimarginate le ferite dovute al salasso fiscale dell’ultimo anno), ha aperto la propria campagna elettorale promettendo di ridurre il carico fiscale e ha continuato promettendo di evitare altre manovre fiscali/salasso, ma solo se sarà lui a guidare il Governo. E così via per tutte le promesse fatte dagli altri esemplari di HOMO POLITICUS CANDIDATUS, per le quali l’unico termine per descriverle è “ridicolo”.

Per capire quali sono le caratteristiche peculiari dell’ HOMO POLITICUS CANDIDATUS basta vedere come alcuni partiti, come PD e UDC, in vista delle elezioni, decidano di non rispettare neanche le norme di autoregolamentazione circa la durata dei mandati che loro stessi si sono date, oppure come abbiano gestito il terzo istituto bancario d’Italia utilizzando il denaro pubblico prelevato dalle tasche dei cittadini.

Eppure, dal momento che le risorse auree dell’Italia sono seconde (nell’UE) solo a quelle della Germania, e che il loro valore è cresciuto grazie alla rivalutazione dell’oro nel mercato internazionale, basterebbe riacquisire la sovranità su ciò che ci appartiene di diritto per risolvere, almeno in parte, il problema della svalutazione che deriverebbe dall’uscita dell’Italia dall’euro. E, invece, tutti gli esemplari di HOMO POLITICUS CANDIDATUS non proferiscono parola in tal senso e accettano, in questo modo, che l’Italia continui ad essere succube delle decisioni di altri.

Anche i più arditi rappresentanti della nuova specie, che professano di volere l’indipendenza dell’Italia (si pensi ad alcuni dei nostri corregionali), pur avendo creato movimenti indipendentisti, non hanno mai speso una parola in tal senso al tavolo nazionale, né sono stati in grado di ribattere alle decisioni del Governo centrale – MUOS docet).

Nessun esemplare di HOMO POLITICUS CANDIDATUS si è preso la briga di dire ai propri elettori che, senza indipendenza dall’UE, frasi come “riduzione del carico fiscale”, “abbattimento delle tasse” e simili tesi sono semplicemente impossibili e irrealizzabili.

Chi, come il sig. Monti, oggi afferma che, se vincitore alle elezioni, ridurrà le tasse dimentica di dire che, proprio grazie all’adesione al Fiscal Compact da lui proposta, e dal Parlamento ratificata nel corso del suo mandato, i margini di gestione che avrà il nuovo Governo, quale che sia la compagine politica vincitrice dopo il voto del 24-25 febbraio, saranno estremamente ristretti.

Eppure, tutti quelli che ora riempiono i propri discorsi elettorali di promesse assurde sanno bene (o dovrebbero sapere) quali saranno le conseguenze del Fiscal Compact che hanno ratificato con il voto del Senato il 20 dicembre e quali saranno le conseguenze della norma varata dalle Camere già in aprile – proprio in preparazione del Fiscal Compact – che prevedeva la modifica dell’articolo 81 della Costituzione. Grazie alle leggi da loro approvate, fino a quando l’Italia resterà nell’euro sarà costretta a ridurre il debito pubblico ad un ritmo frenetico o far crescere il Pil in modo impossibile.

In altre parole, secondo gli accordi sottoscritti da chi oggi promette di ridurre le tasse, il nostro Paese, in termini puramente matematici, a Pil costante, dovrebbe ridurre il proprio debito di circa 50 miliardi di euro l’anno per i prossimi vent’anni. E per farlo l’unico modo sarà quello di tartassare di tasse gli italiani: un bagno di sangue, fiscalmente parlando, insostenibile che graverà non tanto sul welfare, già praticamente distrutto, ma su settori vitali come sanità, educazione e ricerca.

I risultati si stanno già vedendo: ad esempio, per cercare di ridurre le spese imposte dalle misure di chi afferma di voler far crescere la ricerca in Italia, a ottobre scompariranno alcune tra le facoltà nell’Ateneo palermitano. Tra queste alcune facoltà storiche come Economia e Commercio, che saranno accorpate in cinque macroaree.

Le misure imposte da chi, negli ultimi anni, dopo aver portato il nostro Paese quasi alla rovina, oggi, promette di salvarlo, dimostrano la loro incapacità nell’intraprendere l’unica strada efficace per il raggiungimento di questo obiettivo. Incapacità che li ha portati a un immane sforzo di matematica “politica” e a inventarsi ridicoli escamotage per ridurre le conseguenze delle proprie decisioni. Come l’affermazione del governatore della Banca d’Italia , Visco, secondo il quale la “riduzione (del debito, ndr) viene valutata in media su un triennio, non in ciascun anno; nelle fasi sfavorevoli del ciclo sono possibili disavanzi da compensare con surplus nelle fasi favorevoli”. Sempre che fasi “favorevoli” ci siano….

Nessuno degli esemplari di HOMO POLITICUS CANDIDATUS ha detto ai potenziali elettori che, grazie alle decisioni (tra le quali, ma non solo, il Fiscal Compact) da lui sottoscritte mentre era comodamente seduto in Parlamento, nei mesi e negli anni scorsi, il nuovo Governo, da chiunque sia composto, dovrà “discutere ex ante e, ove appropriato, coordinare tra loro tutte le grandi riforme di politica economica che intende intraprendere” con i Paesi sottoscrittori del trattato.

Nessuno dice ai propri potenziali elettori che, in base agli accordi sino ad ora sottoscritti e ratificati dai nostri parlamentari (che ora si stanno ricandidando), i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo, tra cui l’Italia, dovranno predisporre un “programma di partenariato economico e di bilancio con una descrizione dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e duratura del suo disavanzo eccessivo” da comunicare ex ante ai partner secondo il Fiscal Compact, così come i rispettivi piani di emissione di debito pubblico.

In altre parole, nessuno dice che, di fatto, pur di restare nell’euro e nella UE chi, oggi, si professa come salvatore della patria, ieri ha svenduto per pochi euro la ricchezza dell’Italia alla UE, e ha già, di fatto, ceduto anche parte del potere decisionale del Parlamento italiano a Bruxelles.

Forse, prima di andare a scegliere quale HOMO POLITICUS CANDIDATUS eleggere, sarebbe bene che gli italiani, e i siciliani ancor di più, riflettessero bene su ciò che gli è stato promesso, su ciò che è stato fatto e su ciò che potrebbe ancora accadere …

 

 

 


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