La Palermo-Sciacca, la “strada della morte”. Una lunga storia di mafia e di malaffare

LE VICISSITUDINI DI UNO SCORRIMENTO VELOCE DOVE, IN OLTRE 50 ANNI, E’ SUCCESSO TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO. E DOVE GLI INCIDENTI SONO SEMPRE STATI ALL’ORDINE DEL GIORNO

Dopo l’ennesimo incidente di ieri le parole si sprecano. La strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca diventa la “strada della morte”. Perché con cinque morti, si sa, il suo nome non può che essere questo.

Raccontare la storia di questa strada non è facile. Forse perché è la sintesi ‘suprema’ dello sfascio della viabilità siciliana. Una storia fatta di mafia, di malaffare, di progetti sbagliati, di adeguamenti non meno sbagliati dei progetti e degli adeguamenti. Una sorta di maledizione che ha sempre contraddistinto gli attraversamenti ‘a pettine’ – si chiamavano così – programmati per la nostra Isola.

Già programmati. La viabilità viene programmata per la prima volta dal primo Governo dell’Autonomia siciliana appena ‘conquistata’. E’ il Governo regionale presieduto da Giuseppe Alessi, fine anni ’40 del secolo passato. Un Governo che avrà appena il tempo di incardinare qualche progetto di grande respiro per dare subito spazio ai Governi di Franco Restivo.

Allora – siamo nei primi anni ’50 – si programma il periplo autostradale della Sicilia e tre o quattro attraversamenti ‘a pettine’ della nostra Isola: ovvero strade che dovrebbero collegare nord e sud della Sicilia. Da allora ad oggi il periplo è incompleto e gli attraversamenti ‘a pettine’ pure. Si vede, no, che siamo nel Sud…

Quella che avrebbe dovuto essere la più importante di queste strade – originariamente autostrade, poi trasformate in strade a scorrimento veloce – è la Mistretta-Gela, ribattezzata “Nord-Sud”, ancora oggi, dopo oltre sessant’anni, non è completata.

Poi c’è la Palermo-Agrigento – altra autostrada mancata trasformata in strada a scorrimento veloce (o quasi) – il primo attraversamento ‘a pettine’ completato. Una strada delirante dove, negli anni ’80, si moriva a ritmo continuo. In quegli anni il Giornale di Sicilia iniziò una campagna stampa. Cominciando a contare i giorni che passavano senza che le autorità intervenissero per mettere fine agli incidenti mortali.

Dopo circa un anno e mezzo il quotidiano di Giovanni Pepi e Antonio Ardizzone smise di contare, ‘vinto’, di fatto, dal verghiano ‘fatalismo stradale’ della presunta classe dirigente siciliana, che della viabilità – a parte gli appalti e le tangenti – non glien’è mai fregato nulla.

In questo filone di sottosviluppo – che è sottoculturale prima che economico – s’inserisce la strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca. Dagli anni del Governo Alessi fino ai primi anni ’70 di questa strada, a parte il vago progetto, si disinteressavano tutti. (a destra, foto tratta da grandangolo.it)

Nei primi anni ’70 la Regione investe – o prova a investire – sul polo turistico termale di Sciacca. E lo fa con una società per azioni a maggioranza regionale – la Sitas – con dentro anche i privati di Abano Terme. Insomma, se a Sciacca, negli anni ’70, avrebbero dovuto vedere la luce 11 hotel super lussuosi, un porto turistico, la valorizzazione delle acque termali, beh, il collegamento con la ‘Capitale’ sicula si doveva fare.

Il progetto l’arraffa uno dei ‘mitici’ Cavalieri del Lavoro di Catania. Stupisce la velocità con la quale il progetto diventa esecutivo. E infatti il progetto è sbagliato. Totalmente sbagliato.

Sulla base di questo progetto si realizza il primo tratto di questa strada a scorrimento veloce: quello che va da bivio di Zabbia (a qualche chilometro di distanza da San Cipirello, arrivando da Palermo), fino al bivio di Misilbesi, alle porte di Sambuca. 

Siamo già nella seconda metà degli anni ’70. Lo stesso anno dell’apertura di questo primo tratto, alle prime piogge, nemmeno tanto copiose, interi tratti di colline argillose si riversano sulla strada. Primi incidenti e chiusura al traffico della strada.

Direte: saranno intervenuti? No. Per quattro-cinque anni la strada si apriva in primavera (a fatica, facendosi largo tra le colline di argilla che l’avevano invasa) per chiudersi alle prime piogge autunnali.

Si rifà il progetto. E si completa l’unico tratto di questa benedetta strada che non darà troppi fastidi (a parte il ponte che divide il territorio di Menfi da quello di Sciacca: ponte che meriterebbe una storia a sé…): quello che va dal bivio di Misilbesi a Sciacca. Si inizia anche a progettare il terzo tratto: quello che dovrebbe collegare il bivio di Zabbia con Palermo.

Su quest’ultimo tratto di apre una ‘trattativa’ molto simile – raccontavano i maligni –  a quella tra Stato e mafia. Eh già, perché il terzo tratto, intanto, avrebbe attraversato un’area di grandi ‘mitologie’ mafiose: la valle dello Jato. Dove, in quegli anni, ‘imperavano Angelo Siino e, soprattutto, la famiglia Brusca.

Tanti gli ‘interrogativi’ di quegli anni: la strada va fatta normalmente o sopraelevata? Deve tagliare le gole di Portella della Paglia o le deve lasciare intatte? Deve sfiorare Giacalone o lo deve attraversare?

Alla fine si opta per la via ‘messinese’. Cos’è la via messinese?, si chiederanno, giustamente, i lettori giovani. La via messinese, in gergo ‘autostradale’, negli anni ’80 – i parlamentari nazionali siciliani di quegli anni conoscevano bene questa dizione – era legata alla realizzazione dell’autostrada Palermo-Messina che, sul versante messinese, veniva realizzata tutta in sopraelevata, su piloni altissimi (e costosissimi).

Insomma un’autostrada che costava quattro, cinque, sei volte in più delle autostrade del Nord Italia. Tant’è vero che, negli anni ’80, nella commissione bicamerale per la grande viabilità, ogni volta che si presentavano i parlamentari siciliani per chiedere soldi, i parlamentari veneti, trentini, lombardi e piemontesi insorgevano: “Ancora con quest’autostrada Palermo-Messina? E’ uno scandalo! E’ una vergogna!”. (sopra a sinistra foto tratta da caccabe.it)

Ma i parlamentari siciliani, serafici, incassavano le male parole e pure i soldi. E andavano avanti a colpi di centinaia di miliardi di vecchie lire per una strada tutta in sopraelevata che non si completava mai (verrà completata in frett’e furia nella prima metà del 2000 dal Governo Berlusconi, anche se con tanti problemi ancora non risolti).

Insomma, anche il tratto di scorrimento veloce Palermo-Sciacca – tratto che va da San Giuseppe Jato a Palermo verrà realizzato quasi tutto in sopraelevata. Con costi esorbitanti, ‘pressioni’ incredibili e ritardi inenarrabili.

Verrà realizzata in sopraelevata, tagliando le meravigliose gole di Portella della Paglia, sfiorando Giacalone con un bivio sul filo del rasoio, con scelte ingegneristicamente ardite, a tratti anche ‘dannunziane’ (lo ‘sprezzo’ per il pericolo del ‘Vate’ trasferito sull’asfalto, a carico di chi ‘dannunziano non è e vorrebbe magari strade più sicure…).

Passeranno più di quindici anni per vedere completato quest’ultimo tratto.Verrà aperto alla fine degli anni ’90. Chiamandola “strada della liberazione”, forse perché liberata dagli interessi occulti che non hanno dato tregua a quest’opera pubblica. E sarà subito chiaro che la strada, nel suo complesso, si annuncia come un mezzo delirio. (e destra, foto tratta da belicenews.it)

I tratto dov’è avvenuto l’incidente ieri è uno dei più brutti: è la parte che collega Palermo con Giacalone, passando per Altofonte. Un tratto in rigorosa sopraelevata. Con una curva, all’altezza di Giacalone, che il progettista avrebbe potuto risparmiare: una curva pericolosissima, che dovrebbe consigliare prudenza (almeno ai non dannunziani)..

Ma, in realtà, è tutta la strada che non funziona. Progetta e riprogettata male, la strada, per essere una scorrimento veloce, presenta troppe curve. Con una carreggiata che, in troppi tratti, è troppo stretta. 

Negli ultimi anni, poi, la situazione è peggiorata. Il già citato tratto che va da Altofonte a Giacalone è rimasto con lavori in corso per quasi due anni. Ma, a quanto pare, non è migliorato. Per non parlare di quello che succede a giugno e a settembre.

Quello che ora diremo, con molta probabilità, farà storcere il naso a qualcuno. Ma noi le cose le dobbiamo dire. Chi scrive è originario di Sciacca. Questa strada l’ha vista nascere, la conosce un po’. E la percorre spesso.

Ebbene, percorrendola a giugno – nel mese della mietutura del grano – ci è capitato più volte di vedere la mietitrebbia. Non la mietitrebbia che lavora i campi: ma la mietitrebbia che, per risparmiare le strade interne, in altre parole, per guadagnare tempo, percorre la strada a scorrimento veloce! Può sembrare una follia, ma è così.

Per non parlare dei giorni della vendemmia. La Palermo-Sciacca è, alla fine, la strada del vino. Tocca tre province: Palermo, Trapani e Agrigento. Tre province dove la vite da vino la fa da padrona. Sulla strada e, in generale, nelle aree circostanti sono dislocate almeno dieci industrie vinicole.

Superfluo aggiungere che, durante la vendemmia, i mezzi carichi di uva vanno e vengono su questa strada che è un piacere. Il tutto su una strada a scorrimento veloce!

La cosa ‘bella’ è che questa strada è costellata di ‘dissuasori’: gli autovelox. Quegli strumenti infernali che vi appioppano la contravvenzione se superate una certa velocità. Lo fanno per tutelare la nostra incolumità o per rimpinguar le ‘casse’ dei Comuni toccati da questa strada? Ce lo chiediamo da anni.

Che dire, alla fine? Che di incidenti e di cose strane, su questa strada, ne abbiamo viste tante. Ma non è mai cambiato nulla.

Tutto da buttare? No. Oltre che la strada del vino, questa è la strada dei colori della Sicilia. Colori belli, intensi, struggenti. Che potrebbero essere ‘vissuti’ meglio, con un pizzico di sicurezza in più. Ma siamo in Sicilia, terra di imperfezioni ‘imperfettibili’.

I colori, dicevamo. L’oro di giugno dei campi di grano dopo la mietutura. In contrasto con il vede delle vigne. Tutte le gradazioni del marrone in autunno, dopo l’aratura dei terreni. E l’esplosione di colori in primavera, dal giallo delle ginestre al viola della sulla, dal rosso dei papaveri alle tante margherite. E il verde.

Evitate, se potete, questa strada in inverno: soprattutto quando fa freddo (gennaio-febbraio) il tratto di Portella della Paglia diventa una pericolosa lastra di ghiaccio.


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