La lotta per le case delle donne in un libro Al posto della dote, un’inchiesta catanese

Una battaglia nata a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta e portata avanti da diversi gruppi femministi che – da Nord a Sud – hanno chiesto a gran voce l’istituzione della casa delle donne, uno spazio nel quale riunirsi, creare centri di documentazione, ma anche assistenza e supporto. «Un presupposto basilare per organizzare la difesa di ogni nostro diritto e l’ottenimento di nuove conquiste», viene definito nel 1981 dal Coordinamento femminista nazionale donne. A raccontare quel lungo periodo di fermento, contribuisce Al posto della dote della catanese Antonia Cosentino, una delle ospiti all’evento What is left? Cosa rimane della sinistra in programma lunedì 20. «È un libro di interviste fatte alle protagoniste locali e nazionali di quel movimento», spiega. Milano, Bologna, Pisa, Roma, ma anche Catania.

L’autrice, 27 anni, aspirante giornalista, si laurea all’università etnea (Scienze per la comunicazione internazionale, corso dell’ex facoltà di Lingue) con una tesi dal titolo Femminismo a Catania. Materiali per un archivio della memoria, un lavoro che vince diversi premi nazionali e forma la base del libro che verrà presentato sabato 18 alla libreria Voltapagina. «Per Catania è stata una perdita non aver creato una casa delle donne», si rammarica Cosentino. «Sarebbe stato un luogo dove convogliare diverse esperienze, funzionale a persone che hanno dovuto cercare un posto del genere». E Cosentino parla per esperienza personale. «Non avendo un punto di riferimento, è stato più complicato trovare lo spazio adatto».

Alle falde dell’Etna, l’importante lotta si è scontrata con un’amministrazione (guidata dalla Dc) «immobile e silenziosa» e da altri partiti poco interessati alla questione femminile, in contrasto con un gruppo di femministe – riunite nel Coordinamento per l’autodeterminazione della donna – protagoniste di manifestazioni, volantinaggi, incontri. Nell’intervista rilasciata alla scrittrice, uno degli assessori dell’epoca, Antonino Inserra, ammette senza problemi che non si trattava di un tema che interessava la politica in quel particolare momento storico. «Dare un luogo avrebbe significato dare valore al movimento e non delegare più ad alcun gruppo politico la rappresentanza». La vertenza – una sorta di dialogo tra sordi – «si è conclusa in maniera unilaterale», prosegue Cosentino. Nelle altre città analizzate nel volume il risultato è stato ottenuto, anche se con diverse modalità. A Pisa con la collaborazione della Provincia, a Roma attraverso due lunghissime occupazioni, mentre a Milano la proposta è venuta dall’attuale giunta guidata da Giuliano Pisapia.

Quella della casa delle donne è una rivendicazione che per lunghi anni ha trovato spazio in ogni singolo evento nel quale erano coinvolte le donne del movimento. «Se ne leggeva anche nei volantini distribuiti durante le proteste per il disarmo», racconta l’autrice. Ma il fronte catanese, col tempo si è frammentato e il Coordinamento – formato da Emma Baeri, Anna Di Salvo, Grazia Giurato, Anna Vio, e Agata Ruscica – si è dissolto in tante piccole realtà. Un fattore che ha reso più difficile anche il lavoro di documentazione, data la scarsità di materiale disponibile sul tema e sul femminismo italiano in generale. «Consapevoli di fare la storia in quel momento, non si sono preoccupate di fare memoria di se stesse». Quanto recuperato, è dunque considerato molto prezioso; parte è stato consegnato da Emma Baeri e Sara Fichera all’Archivio di Stato di Catania, si trova nel fondo intitolato proprio al Coordinamento per l’autodeterminazione della donna. Fotografie, cartelloni e volantini inediti, pubblicati per la prima volta nel volume di Antonia Cosentino.

Ma, anche se sono altre le battaglie da affrontare – dalla violenza alla rappresentazione femminile nelle pubblicità – «tutt’ora questa esigenza si sente. Sarebbe un luogo dal valore simbolico». Nel 2014 sarebbe possibile ottenere un risultato positivo? «Non lo so – risponde titubante l’autrice – Vedo una maggiore attenzione nei confronti di queste tematiche e non ci sono più i preconcetti tipici degli anni Ottanta». Ma d’altro canto si tratta di «un processo lungo. Non mi faccio illusioni, non è una priorità per il Comune e le cose che chiediamo richiedono programmazione e investimenti», continua Cosentino. Eppure la scrittrice non riesce a negarsi un pizzico di positività: «La speranza c’è sempre».

 

[Il manifesto fa parte del materiale inedito catalogato e consegnato da Emma Baeri e Sara Fichera all’Archivio di Stato di Catania -Fondo del Coordinamento per l’Autodeterminazione della Donna]


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