All'Ars si torna a discutere della modifica costituzionale per riconoscere benefici fiscali e infrastrutturali che tengano conto dei costi maggiori che un cittadino deve sostenere se vive su un'isola. Verifiche sulla disponibilità di 32 milioni di fondi statali
La legge su insularità e continuità territoriale «Pil di chi vive su un’isola è ridotto di metà»
Vivere una condizione di isolani senza per questo restare isolati. Il tema del riconoscimento dei disagi derivanti dalla condizione di insularità torna tra le mura del Palazzo della politica siciliana, portando con sé una ventata d’ottimismo rispetto ai benefici di cui la Sicilia potrebbe godere qualora fosse riconosciuto il principio per cui vivere in un’isola costa. Dalle importazioni alle esportazioni, dalla mobilità per studio e lavoro ai viaggi aerei, fino ai costi superiori che un investimento in un’isola richiede rispetto a chi gode di una geografica continuità territoriale.
Secondo Eleonora Lo Curto (Udc), firmataria del disegno di legge di modifica costituzionale per introdurre la condizione di insularità nello Statuto, «questa è la battaglia delle battaglie per noi siciliani. Abbiamo condotto uno studio che dimostra come il Pil pro capite di chi vive in un’isola sia ridotto di oltre la metà rispetto a chi vive in continuità con altri territori. A noi costa tutto di più: le esportazioni, per esempio, sono vincolate al costosissimo trasporto su gomma. E così anche per i prodotti importati. E vogliamo poi parlare di quanto sia difficile incentivare investitori esterni?».
«Senza contare – aggiunge l’assessore all’Economia Gaetano Armao – che la continuità territoriale non è che una parte del ragionamento sull’insularità. Per il resto, il tema determinante deve essere quello della fiscalità di vantaggio, come accade per le isole greche dove un albergatore paga tasse molto più basse rispetto a un suo collega di Atene. Proprio perché viene calcolato il costo aggiuntivo che chi vive su un’isola è costretto a sostenere».
A mettere ottimismo sulla possibilità di arrivare all’ok della legge è anche la convergenza trasversale tra le varie forze politiche rispetto al tema. Dalla norma in Finanziaria proposta da Luca Sammartino (Pd) che invitava il governo a declinare le forme di condizione di insularità, al ddl a firma di Lo Curto e sostenuto da Armao, fino al confronto col sottosegretario alle Infrastrutture Michele Dell’Orco, che ha visto il parere positivo sia della presidente della commissione Ambiente, Giusy Savarino (Diventerà bellissima), che di Giancarlo Cancelleri (M5S). Soprattutto in tema di mobilità aerea.
Quello in commissione Ambiente è stato «il primo di una serie di incontri – ha sottolineato Dell’Orco – con cui vogliamo mettere all’ordine del giorno del Governo il diritto di siciliani e sardi di sentirsi in pieno parte della comunità nazionale attraverso la giusta esigenza di contemperare il loro diritto alla mobilità con le esigenze di liberalizzazione del mercato dei trasporti».
Secondo Dell’Orco, «ripartiamo intanto da un dato confortante: le risorse già destinate ai collegamenti onerati della Sicilia sono state solo parzialmente utilizzate e stiamo accertando la disponibilità di fondi statali per quasi 32 milioni di euro che potrebbero, senza dubbio, agevolare lo sblocco della situazione». Anche se, su questo tema Armao sottolinea invece come «sarebbe un errore tradurre la continuità territoriale in sostegno alle compagnie aeree, mentre sarebbe più utile tradurli in voucher al cittadino».
«I siciliani – ha aggiunto ancora Giusy Savarino – hanno il diritto di acquistare in qualsiasi momento i biglietti aerei per il resto del Paese a un prezzo agevolato e constante. Rivendicare il principio di insularità in Europa, inoltre, dovrebbe consentirci un accesso agevolato a dei fondi tanto europei quanto nazionali, dedicati agli investimenti per le isole». Insomma, strada lunga, ma convergenza trasversale. E chissà che i siciliani non possano dire addio a biglietti pagati anche 600 euro e godere finalmente della fiscalità agevolata che spetta alle isole.