La follia del rigassificatore

da Alessio Lattuca
riceviamo e pubblichiamo

La seguente lettera è indirizzata a:

Mario Monti
Presidente Consiglio dei Ministri

Corrado Clini
Ministro Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare

Lorenzo Ornaghi
Ministro Beni e Attività Culturali

Corrado Passera
Ministro Sviluppo Economico Infrastrutture e Trasporti

Fulvio Conti
Ad ENEL

Sindaci di Agrigento, Porto Empedocle, Realmonte,
Siculiana, Montallegro, Cattolica Eraclea, Ribera,
Aragona, Joppolo Giancaxio, Raffadali, Favara,
Palma di Montechiaro, Licata

TV e Stampa

Come il ceto politico, talvolta, possa operare scelte che hanno dell’incredibile: per esempio rendere possibile, deliberare, autorizzare, accettare, la costruzione di un gigantesco, invasivo, obbrobrioso, impianto di rigassificazione (particolarmente pericoloso e altamente inquinante), in un luogo mistico, di fronte al Kaòs a ridosso della Valle dei Templi, in una città unica al mondo.

Ciò accade nonostante le norme europee, leggi più severe, nuove sensibilità e una maggiore coscienza “ambientalista” delle popolazioni locali abbiano reso nel Paese più difficile (o impossibile), l’insediamento di impianti a rischio e ad alto impatto ambientale.

(In ogni caso non è stato tenuto in alcuna considerazione il D.lgs n. 334 del 1999, che ha recepito la Direttiva Europea n. 82/96, il quale prevede che gli Stati membri provvedano affinchè la popolazione possa esprimere il proprio consenso nei casi di elaborazione dei progetti relativi i stabilimenti di cui all’art. 9 e che hanno il diritto di poter esprimere il loro parere nell’ambito del procedimento di valutazione. Di fatto invece è stato impedito alle popolazioni interessate alla costruzione del rigassificatore di poter partecipare ai processi decisionali che hanno portato alla emissione del provvedimento poi impugnato dal Comune di Agrigento e ciò in violazione della L. 108/01 la quale prevede l’obbligatorietà di una informazione adeguata e tempestiva delle popolazioni interessate. E non sono le uniche irregolarità che comporterebbero la nullità della conferenza di servizi che ha portato alla emissione del decreto di approvazione del progetto: alla conferenza di servizi vi era l’importante assenza del Comune di Agrigento, condizione necessaria perché fosse valida; il progetto, prevede una variazione al piano regolatore del porto e,pertanto, comportava anche la presenza del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nell’ambito della conferenza di servizi).

Tuttavia, dalle nostre parti, le questioni restano irrisolte e i problemi restano tutti, comunque, in piedi!

Allorchè, infatti, in territori ad altissimo ritardo economico e con presenze di disoccupazione endemica, viene offerta una possibilità (purchessia) diventa quasi impossibile resistere alle sirene (o al ricatto): quando si tratta di scegliere tra la realizzazione di un impianto che crea – tutto sommato – un minimo di occupazione e la tutela ambientale, la sicurezza, la salute e la qualità della vita, i risultati sono evidenti. Quando c’è di mezzo il profitto, quando le seducenti sirene del dio denaro propagano la loro voce tentatrice, non si guarda in faccia nessuno. Scompare la legge, scompaiono i vincoli ambientali e la legislazione europea, scompare la cultura. Sta succedendo, ancora, nella bellissima e martoriata terra di Sicilia, dove si sta consumando, con la connivenza di tutti – autorità locali e governo nazionale – un vero e proprio delitto. (a destra, un’immagine della costa agrigentina: foto tratta da agrigentoflash.it)

Ma si è proprio sicuri che in nome del “profitto” sia possibile fare qualsiasi cosa come per esempio lo scempio di coste, beni archeologici e paesaggistici, ambiente?

Non è forse arrivato il momento di riflettere sulla irrisolta “Questione Meridionale” , sul diritto al lavoro contrapposto al diritto alla salute, sulla madre di tutte le degenerazioni: la Questione Etica?

Il dilemma non si scioglie e, pertanto, si è reso inevitabile affidarsi ai giudici e alle consultazioni: ambedue seguite con risultati favorevoli vedi consultazione popolare e provvedimento di sospensione del Tar del Lazio.

Provvedimento particolarmente articolato che ha fatto giustizia accogliendo le ragioni dei movimenti nati per difendere la città, del Sindaco della Città di Agrigento, del Presidente della Camera di Commercio, di moltissimi enti e cittadini.

Provvedimento che è stato, frettolosamente e totalmente, stravolto dal Consiglio di Stato.

Tale comportamento per quanto ovvio rimanda alle domande che oggi i cittadini si pongono, sempre più frequentemente, sul tempo necessario perché l’indignazione e le dichiarazioni di principio lascino il posto a pratiche politiche alternative.

Non perché esse possano condurre chissà a quali forme ideali, ma perché possano essere credibili ed informate da buone prassi e onestà e, soprattutto, senso del limite.

Per rimuovere possibilmente, la visione corrosiva della responsabilità (ereditata dalla Prima Repubblica che ha foraggiato politici ed affaristi) e che si è sempre più alimentata ed ingigantita, pervadendo il Paese.

Una dovuta premessa, per affrontare il caso del rigassificatore della Valle dei Templi che, come ovvio, allunga la sua ombra su tutte le questioni in discussione (scialo, spreco, furbizia) e che ha a che fare con la questione energetica in Italia e con la disoccupazione in Sicilia.

La questione non dovrebbe avere alcuna implicazione per la regione siciliana che consuma soltanto il 10% dell’energia che produce e che, tuttavia, paga oltre il 30% in più rispetto al resto del paese per via, anche, della obsolescenza della rete e delle infrastrutture.

La classe dirigente piuttosto che occuparsi dei reali problemi guarda altrove o peggio obbedisce ai diktat dell’ENEL: assecondandone, di fatto, le pulsioni finanziarie e liberiste dirette esclusivamente alla fredda ricerca del profitto, piuttosto che al bene comune, concorrendo a vanificarne, peraltro, la mission di società di pubblica utilità. (sopra, a sinistra, ruderi nell’area ex Montedison a Porto Empedocle: foto tratta da agrigentoflash.it) 

In merito poi all’effettiva utilità strategica dell’investimento (centinaia di milioni di denaro pubblico) risulta opportuno segnalare che il nuovo abbandono del progetto del rigassificatore di Priolo-Melilli, dopo Erg anche da parte della multinazionale Shell, è la manifestazione più evidente dei mutati scenari energetici mondiali (come confermato dal Sole 24 ore del 22 settembre) che ha registrato un dato ben noto da tempo: le quotazioni del prezzo del gas sono precipitate e l’Italia può abbandonare l’ambizione o meglio la pretesa di proporsi come hub.

A tale proposito risulta estremamente utile far rilevare “a chi decide” che sarebbe urgente riflettere sui gravi ritardi che registra la provincia in termini di sviluppo a partire dalla questione rigassificatore e alle responsabilità che ne derivano: in relazione a un tema così sofisticato sul quale il Consiglio Provinciale e il Consiglio Comunale della Città di Agrigento (compreso il Sindaco Marco Zambuto (foto sotto a destra) e l’Amministrazione Attiva) si sono espressi ripetutamente e a maggioranza assoluta: bocciando prima il progetto del rigassificatore nella Valle dei Templi e, successivamente, il progetto presentato da SNAM di collegamento di 14 Km che attraversa la “Valle” per allacciare il mostro alla Rete nazionale.

E, allora, sorge spontanea la domanda: a cosa serve il rigassificatore se non potrà essere collegato alla rete nazionale?

Molto interessante sarebbe, inoltre, capire come questa vera e propria alienazione a favore di Nuove Energie-Enel (a zero costo) di un bene pubblico di primaria importanza qual’ è il porto di Porto Empedocle per un vastissimo territorio che comprende anche la provincia di Caltanissetta sia stata accettata (..subita?), dal sistema politico e dai cosìddetti organi di controllo, dall’etica pubblica di un Paese che considera normale sottrarre al vero sviluppo una infrastruttura strategica nel Mediterraneo (anche per l’area di libero scambio tanto declamata) per “regalarla” ad una società che fa finanza e, conseguentemente, riservare uno “sgarro” di proporzioni gigantesche alle popolazioni siciliane.

La Provincia regionale alla quale sono demandati per legge i programmi industriali di area avrebbe dovuto e dovrebbe dotarsi di una piano industriale di sviluppo che, sicuramente, non potrà comprendere politiche connesse agli idrocarburi in un territorio che ha posto al centro dei programmi di sviluppo l’ospitalità, l’agricoltura biologica e di qualità, la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici.

Anche in questo caso, uno Stato può decidere di ignorare la volontà popolare e decidere che la solidarietà di una Regione verso il resto d’Italia non è mai sufficiente o può decidere la misura e la tipologia dei costi di compensazione (scuole, strade, politiche di sviluppo, servizi, di cui nessun agrigentino ha mai sentito parlare come forma di parziale contropartita per l’impatto ambientale da sopportare). I cittadini possono però rispondere a queste scelte politiche con un altrettanto legittima scelta politica: il Comune di Agrigento, il consiglio Provinciale sono sempre stati uniti contro il rigassificatore (e contro le centinaia di posti di lavoro, secondo la retorica dominante) e sono stati premiati dalle urne.

Evidentemente gli agrigentini, che di certo non navigano nell’oro, hanno preferito puntare su un’altra idea di sviluppo economico della loro area.

Il modello economico di sviluppo dell’ agrigentino ha smesso da tempo di puntare sull’industria (visti i risultati e i guasti che fanno bella mostra di sé nell’area ex Montedison a dentro il porto) a favore del terziario avanzato. Gli istituti di ricerche economiche e sociali, confermano che entro il 2020 l’incidenza del turismo potrebbe essere in assoluto superiore a quello di tutti gli altri settori.

A tale proposito risulterebbe estremamente utile che il Governo si occupasse di questa parte del Paese che registra un fortissimo ritardo di sviluppo e una drammatica disoccupazione che supera il 35% della popolazione e il 50% di quella giovanile e femminile, dotando il territorio delle indispensabili infrastrutture materiali e immateriali a partire da: università, banda larga, aeroporto, raddoppio della Ag-Pa, raddoppio della linea ferrata Ag-Pa e Ag-Cl, chiusura dell’anello autostradale Gela-Mazara del Vallo, canalizzazione degli invasi e, intanto, offrire alla comunità un significativo segnale ponendo in essere procedure e mezzi idonei per “Salvare il Duomo” che sta scivolando pericolosamente ed è a rischio crollo.

Decidere di piazzare un rigassificatore sulla costa agrigentina vuol dire imporre, giocoforza, un modello di sviluppo alternativo, di cui la popolazione ha mostrato di non avere bisogno per produrre lavoro.

Prima di imporre un rigassificatore su un territorio, bisognerebbe spiegare: il rapporto tra costi e benefici di quell’opera, se quel territorio è l’unico possibile (o se è il migliore e perché) , che i costi sociali della bilancia occupazionale siano insostenibili in termini di morti o di malattie da inquinamento.

Altrimenti il rischio è che si faccia una guerra di propaganda, con i risultati (nulli) che questo genere di dialettica ha generato in Italia in merito alle grandi opere e ai grandi investimenti internazionali.

Pertanto la scrivente richiede la revoca in autotutela delle autorizzazione rilasciate dai Ministeri (Beni Culturali ed Ambientali, Sviluppo Economico) competenti come già avvenuto per la revoca a collocare una discarica nei pressi di Villa Adriana (un bene importantissimo e anch’esso Patrimonio dell’Umanità come lo è la Valle dei Templi).

Lo strumento della “Revoca” rappresenta per il Governo una significativa occasione di riscatto politico e di affermazione dei principi di trasparenza e di giustizia che il Presidente Monti richiama quali ispiratori della sua azione politica.

E, soprattutto, di affermazione della democrazia in risposta alla consultazione popolare e alle deliberazioni delle assisi: provinciale e comunale.

La revoca in autotutela oltre che doverosa risulta una formidabile opportunità per eliminare gli equivoci insorti e porre fine alle continue polemiche alimentate dai comportamenti adottati dalla Soprintendenza, dai Ministeri (a tale proposito suggerirei una verifica sulle procedure di rilascio della Via o della Vas) e sulla militarizzazione dei processi che non hanno tenuto in alcun conto il Prg del porto), della Regione siciliana (che ha concesso terreni demaniali nella disponibilità dell’Asi ma, certamente, non di sua proprietà) , dal presidente e dalla giunta provinciale che, come noto, hanno agito in evidente contrasto con le ripetute deliberazioni del consiglio provinciale unico e legittimo portatore delle prerogative assegnategli dalla legge istitutiva.

(“Qualcuno” avrebbe alimentato la convinzione che: l’impianto nascerebbe in area industriale dismessa e, per questo, il progetto sarebbe sottoposto alla procedura di Via (Valutazione impatto ambientale), così come sarebbe stato. In realtà l’impianto non sorge in area industriale dismessa, bensì in un’area industriale di nuova realizzazione, cosiddetta Area Asi, ricavata da colmata a mare in parte ancora da realizzare E’ superfluo precisare che comporterebbe la sottoposizione del progetto, non alla procedura di VIA, ma alla procedura del Vas (Valutazione ambientale strategica) prevista dalla Direttiva 2001/42/CEE che, come risaputo, è una procedura molto più approfondita, poiché solo attraverso tale procedura è possibile garantire un elevato livello di protezione ambientale e di assicurare che i piani ed i programmi di cui si richiede l’attuazione, siano coerenti con tale finalità e contribuiscano alle condizioni per lo sviluppo sostenibile).

La revoca in autotutela risulterebbe di altissimo valore simbolico perché potrebbe essere l’inizio di una inversione di tendenza, in un Paese nel quale è in crescita esponenziale la spietata e forsennata cementificazione (con conseguente, scriteriato, consumo del territorio), figlia di una bugiarda mitologia diretta ad una crescita infinita: imperniata sul cemento e sugli idrocarburi a scapito dell’ambiente, del paesaggio e dei cittadini.

E’ oramai diffusa convinzione che se tutte le grandi opere si facessero continuando ad ignorare la fragilità del territorio (quello di Agrigento – Porto Empedocle è ad altissimo rischio sismico) il Paese ne uscirebbe sempre più debole e, con esso il suo Patrimonio Artistico. Del quale tutti si vantano a parole e, intanto, viene inesorabilmente abbandonato al suo triste destino.

A rafforzamento di quest’ultima considerazione è utile precisare che agli Agrigentini con una legge dello stato è stata sottratta (con migliaia di espropri) , per consegnarla all’intera umanità: un’area di oltre 14 km quadrati trasformata in zona A – ad inedificabilità assoluta, della quale (circa 2 mln di mq) è stata assegnata al Parco Archeologico, Paesaggistico e Ambientale della Valle dei Templi..

E’ bene segnalare che nessun indennizzo o risarcimento sono stati riservati agli agrigentini. Anzi, non è stato loro consentito di attivare i quei luoghi alcuna politica di sviluppo, né di modificare neanche un’apertura, il colore dei prospetti o di scegliere il tipo di coltura da piantumare, né agli albergatori di potenziare le strutture o, quantomeno, di realizzare una piscina. Tutto ciò perché fino ad un certo punto la Soprintendenza ha svolto con rigore e serietà la propria missione di conservazione e tutela dell’inestimabile patrimonio, di cui la città è orgogliosa.

Tranne poi rilasciare il NULLA OSTA al progetto di rigassificazione!

Ci si chiede, pertanto, come sia stato possibile, che in luoghi così sensibili che gli agrigentini hanno rispettato e conservato a tal punto da rinunciare con forza agli insediamenti industriali della FIAT già autorizzati: “pensate in piena Valle dei Templi”, in zona S. Gregorio da dove il Papa ha richiesto con forza ai mafiosi un atto di contrizione.

Ma è davvero possibile che la sorte di Agrigento, della Valle dei Templi e della loro incomparabile bellezza deve essere decisa da strumenti burocratici e non dalle logiche della tutela e della bellezza? Chi potrà assumere decisioni così importanti in dispregio del buon senso? Dove sono l’attuale Soprintendente, il Ministro Ornaghi, il Ministro Clini? Sono interessati a mettere a parte le comunità interessate su quali misure intendono adottare prima che sia troppo tardi?

E, allora, ancora una volta, sorge pressante una domanda: è possibile che lo Stato abdichi al Suo primario e costituzionale compito di tutela e conservazione del territorio e dell’uguaglianza dei cittadini?

E come se per una “presunta modernità” si potesse “profanare, oltraggiare” la Valle dei Templi e la Città di Agrigento. E come se tutto ciò avesse una forte, (barbarica?) carica simbolica: una sorta di umiliazione per i fasti del passato.

E passi se l’Unesco cancellerà la Valle dalla Heritage List, come già è accaduto per Dresda, soltanto per la semplice costruzione di un ponte visibile dalla città barocca.

Per tutte le superiori considerazioni risulterebbe significativo (e, comunque, risarcitorio) per gli abitanti di questi sfortunati luoghi, che il Governo sanasse la questione e procedesse tempestivamente, per la revoca delle autorizzazioni (anche ambientali) alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione da 8 milioni di mc che taluni soggetti irresponsabili – con evidente tracotanza, in dispregio delle leggi e dei codici morali, senza consultare le persone che vivono attorno a quei luoghi, le comunità che hanno a cuore i beni culturali, ambientali, il paesaggio – hanno deciso di collocare a pochi metri da un asilo nido, sul mare colore del vino, in prossimità della casa di Pirandello: sulle argille azzurre del Kaòs”.

Nel ringraziare per la sensibilità che sarà riservata alla presente richiesta è gradita l’occasione per inviare i più cordiali saluti.

Stop al rigassificatore della Valle dei Templi?


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