La fattoria di Marco e la solidarietà dei cittadini «Un orto da coltivare per salvare il suo sogno»

«Cosa mi scandalizza? Che ci si preoccupi tanto dei maiali, perché non fanno parte del contesto urbano, e nessuno dica niente sul fatto che nel primo pomeriggio c’era tutta quella spazzatura in mezzo alla strada. Perché la munnizza, invece, dell’arredo urbano fa parte». Luisa Scavone ha 49 anni, fa l’avvocata e la fotografa, e da quando ha letto la storia di Marco, il 26enne danese a Catania da mesi, ha deciso di offrirgli il suo supporto. Dopo un lungo periodo in una villa abbandonata in via Roccaromana è stato sgomberato alcuni giorni fa. Gli uffici comunali hanno portato via i suoi animali, compresi i due asini che teneva liberi nel giardino. «Ho saputo che vuole andare a dormire alla villa Bellini per piantare dei broccoli, così ho pensato subito al giardino del Gar». Il riferimento è allo spazio in via Pietro Verri riaperto dall’associazione di attivisti Gar, di cui Luisa faceva parte, nel 2012. «Per mesi l’ho coltivato con gli artisti Emanuele Poki e Luca Prete, ma è sempre stato un progetto corale, quando ho sentito di Marco ho subito pensato a quel posto». «Se vuole viverci perché no?», conferma Salvo Grillo, che del Gar è portavoce.

«Ne stiamo discutendo – continua Grillo – Stiamo verificando come fare. Allo stato attuale l’orto lo usano gli abitanti, ma penso che non ci sarà nessuna contrarietà a farci vivere dentro Marco. Non è rigogliosissimo e i broccoli non ci sono, ma se li vuole piantare siamo certi che sarebbe una cosa bellissima». Ancora non c’è niente di ufficiale né di certo, ma l’idea ormai è lanciata e si aggiunge alle molte offerte di solidarietà che circolano sui social network. «Marco ha uno spirito un po’ hippie e poi è davvero simpatico», continua Luisa Scavone. Che per prima ha avuto l’idea di proporgli il Gar-den, che si trova a pochi passi dallo stadio Angelo Massimino. «È un luogo al quale sono particolarmente legata – racconta – Quando lo abbiamo fondato c’erano una settantina di persone, una pletora di gente. A poco a poco l’interesse scemato, ma resta il fatto che quello è stato ed è il primo orto urbano di Catania, che noi abbiamo ripulito e rimesso a nuovo».

Uno spazio verde in mezzo alla città, un po’ come quello che Marco aveva avviato in via Roccaromana. «Non conosco lui – prosegue Luisa – Ma abito in centro e avevo visto i suoi animali. Ho visto in lui la stessa luce che avevo negli occhi quando ho visto il giardino di via Verri per la prima volta. I sogni di libertà in cui crede Marco li avevo da giovane e li ho ritrovati in lui». Per questo nei prossimi giorni proverà a incontrarlo. Cercandolo alla villa Bellini, dove il ragazzo dovrebbe vivere in questo momento. «Mi ha fatta sorridere, mi ha incantata – prosegue – glielo devo». L’incanto di cui parla la 49enne è lo stesso di molti cittadini che si sono indignati di fronte alle immagini dello sgombero, un paio di giorni fa. «Lui è stato trattato come un problema di decoro urbano. Ma chi è più bestia? La gente che lascia la spazzatura per la strada o i maiali che vanno a mangiarla?». Lo spazio creato dal danese Marco era «un’idea niente affatto aliena. È che qui siamo abituati alle amministrazioni pubbliche assenti e alla proprietà privata come sacra: ma nel mondo ce ne sono a migliaia di esempi di collaborazioni. In Gran Bretagna le vecchine coltivano i fiori nei giardini di altri, che li danno loro in concessione, che male c’è?».

«Certo, gli animali vanno controllati e tracciati, anche per salvaguardare la loro salute», prosegue Luisa. Ma la loro presenza nel centro cittadino non dovrebbe sconvolgere. «Mia mamma mi racconta di quando andava a comprare il latte da una signora che allevava le capre in via Caronda – aggiunge – Erano gli anni Sessanta, non era il secolo scorso». Per non parlare del caprone immortalato dalle parti dell’elisoccorso dell’ospedale Cannizzaro, «diventato ormai la mascotte degli elicotteristi». E non sono gli unici esempi: «Ne potrei fare a decine, ma magari le persone non ne parlano per via dei problemi, anche burocratici, in cui potrebbero incorrere». Marco, con le sue passeggiate in via Etnea e il suoi asini portati a spasso «ci ha solo costretti ad aprire gli occhi. Quegli stessi occhi con cui a volte non vogliamo guardare il mondo che ci sta intorno». Per questo, secondo lei, è importante che trovi presto un luogo sicuro in cui vivere, poiché «temo che la villa Bellini possa non esserlo. Né per lui né per la sua ragazza. Vorrei solo che dormisse sonni sereni».


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