La burocrazia rischia di uccidere il Brass Group di Palermo Ignazio Garsia scuote la testa: «Non capisco più la città»

Ignazio Garsia sospira. Scuote la testa e dice: «Lo confesso, ancora oggi, pur vivendoci da una vita, ho difficoltà a capire certi meccanismi di Palermo. Mi sembra tutto così assurdo. Dal luglio del 1995 operiamo nella chiesa di Santa Maria dello Spasimo, nel cuore del quartiere della Kalsa. Ma ancora oggi, pur avendo la concessione, non possiamo svolgere attività con biglietteria e attività di ristoro. In uno scenario in cui le attività culturali non sono più sostenute dalla pubblica amministrazione questa sembra una condanna».

Già, una condanna. ‘Comminata’ da chi? A rigor di logica, il ‘giudice’ che avrebbe emesso questo verdetto un po’ strano dovrebbe essere il Comune di Palermo. Ma non è così, perché il Sindaco della città, Leoluca Orlando, è sempre stato, e lo è ancora oggi, un grande e convinto sostenitore del Brass Group, la più importante esperienza di jazz della Sicilia, tra le prime in Italia e in Europa. 

Orlando ha sempre sostenuto il Brass Group e il suo fondatore, il pianista Ignazio Garsia. Forse l’attuale Sindaco si ricorda degli anni ’70 del secolo passato, quando l’orchestra jazz di Palermo vedeva la luce in uno scantinato di via Duca della Verdura. Erano gli anni del Brass Group Jazz Club con i primi concerti e i primi successi. 

Nella seconda metà degli anni ’80 il Comune, con Orlando Sindaco, sostiene il Brass. E lo fa anche negli anni ’90. E’ proprio l’Amministrazione comunale di quegli anni che inserisce il Brass Group nel progetto Urban, un programma di risanamento di una parte del Centro storico di Palermo. Così Garsia e i suoi musicisti si trasferiscono in un’ala della chiesa di Santa Maria dello Spasimo, che in quegli anni, dopo i bombardamenti del 1943, viene riaperta al pubblico. Ed è sempre in questa sede che l’associazione musicale si trasforma in Fondazione e dà vita a una scuola per giovani musicisti.

E’ un’iniziativa importante, quella portata avanti dal Brass con il sostegno del Comune. Una scuola per giovani musicisti in un quartiere – la Kalsa – che per decenni è stato abbandonato è un messaggio culturale importante. Un modo intelligente e innovativo per strapare dalla strada i ragazzi di un quartiere a rischio. Per Palermo è quasi una rivoluzione. 

I primi problemi sorgono quando Sindaco della città diventa Diego Cammarata. Con molta probabilità, nemmeno l’ex primo cittadino che si insedia nel novembre 2001 saprà molti di quello che succederà. Certi meccanismi, se non bloccati, vanno avanti da soli. Una nuova Amministrazione comunale è portata a cambiare. O, quanto meno, a non riconfermare alcune delle esperienze dei propri predecessori.

Insomma la ‘botta’ che la Giunta Cammarata assesta, o quanto meno prova ad assestare al Brass è pesante: una richiesta di circa 200 mila euro. Una vicenda che finisce sui tavoli del Tar Sicilia, il Tribunale amministrativo regionale. 

A Garsia non resta che andare avanti tra alti e bassi. Del resto, bene o male la Regione siciliana in quegli anni era ancora in grado di sostenere le attività culturali. E il Brass, fiore all’occhiello delle attività musicali della Sicilia, era tra queste. Anche se, sullo sfondo, c’è sempre la spada di Damocle dei 200 mila euro chiesti dal Comune.

Nella primavera del 2012 al Comune torna Orlando. E dà subito disposizioni di chiudere in via transattiva la storia dei 200 mila euro. Insomma per l’attuale Sindaco il Brass non si tocca. Orlando si impegna non solo a chiudere con una transazione il contenzioso aperto dalla Giunta Cammarata, ma anche a mettere nelle condizioni il Brass di operare nelle migliori condizioni possibili. 

Che significa questo? Semplice. Il Sindaco ha trovato un Comune finanziariamente dissestato. Da una Regione siciliana che presenta oggi un ‘buco’ di 3 miliardi di euro circa non c’è da aspettarsi molto. Non resta che mettere il Brass nelle condizioni di operare con la biglietteria e con la possibilità di vendere cibi e bevande. Ma dal 2012, nonostante le indicazioni impartite dal Sindaco, tutto è bloccato. 

Non solo. Gli uffici comunali hanno ripreso a tormentare il Brass chiedendo questo e quello. «Non credo che ci sia la volontà dei burocrati di metterci in difficoltà – ci dice sempre Garsia -. Credo che certi atti amministrativi vadano in automatico. Vengono adottati dai burocrati per tutelarsi. Il problema è che la loro tutela ci crea problemi enormi».  

Gli chiedono il pagamento del canone di concessione. Addirittura il «rilascio del piano terreno, lato sinistro… in atto indebitamente occupati dalla Vostra spettabile Fondazione». E, soprattutto, gli uffici del Comune negano le autorizzazioni per consentire al Brass di far pagare i biglietti per gli spettacoli e di vendere cibi e bevande. Mancate autorizzazioni che, unitamente alle difficoltà economiche delle pubbliche amministrazioni della Sicilia, significano la condanna alla chiusura del Brass. 

Possibile? Ribadiamo: noi non crediamo che Leoluca Orlando sia a conoscenza di tutti questi particolari. Sarebbe illogico che un Sindaco che ha sostenuto il Brass nella seconda metà degli anni ’80 e nei primi anni ’90, che si è impegnato nel 2012 a chiudere le pendenze e a rilanciare questa Fondazione abbia cambiato idea. Che senso ha impedire alla Fondazione di far pagare i biglietti ai palermitani che sarebbero ben lieti di sostenere un’istituzione culturale di respiro europeo?  

Intanto il Brass deve fronteggiare un’altra questione. Nel 2010 la Regione siciliana ha dato in affidamento al Brass Group il Real Teatro di Santa Cecilia di Palermo, edificato alla fine del ‘600 dall’Unione dei musici. «Ancora oggi aspettiamo che la Regione nomini il comitato paritetico», ci racconta sempre Garsia. Anche su questo fronte, altri ‘Castelli di Kafka’ in salsa panormita. I Vigili del Fuoco che hanno imposto che il lucernaio si apra affinché il fumo fuoriesca in caso d’incendio. Giustissimo, per carità. C’è un progetto per completare il tutto, ma si attende il bando di gara. Ci sono i soldi, ma non si spendono. Sì, avete letto benissimo: ci sono 90 mila euro bloccati dagli anni di Agenda 2000 (fondi europei 2000-2006). Risorse che, se utilizzate, consentirebbero di completare il restauro di questo benedetto Teatro di Santa Cecilia. Ma, come già ricordato, tutto va a rilento. Sono i tempi della Regione siciliana.

Garsia torna a scuotere la testa: «Lo confesso, ancora oggi, pur vivendoci da una vita, ho difficoltà a capire certi meccanismi di Palermo. Mi sembra tutto così assurdo…».      

     


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