Otto capoluoghi siciliani fuorilegge per inquinamento da polveri sottili: «Servono scelte coraggiose»

Tra cinque anni, otto dei nove capoluoghi siciliani sarebbero già «città fuorilegge». Da quanto emerge dal report di Legambiente Mal’Aria di città, sono stati infatti superati nel 2024 i limiti europei giornalieri di inquinamento da polveri sottili che entreranno in vigore nel 2030. Allo stato attuale, si salverebbe solo Enna. A Palermo il superamento della soglia media annuale è stato registrato in tre centraline, in una a Catania. «Sforamenti registrati in più centraline nella stessa città – osservano dall’associazione ambientalista – sono il segno di un problema diffuso e strutturale in molte aree urbane».

Al momento, insomma, l’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento assai distanti dai parametri fissati dall’agenda europea 2030 per lo sviluppo sostenibile. In particolare, nell’Isola è stata la stazione di viale Vittorio Veneto a Catania a registrare il maggiore numero di sforamenti con 46 giorni nei quali è stata superata la soglia limite dei 50 microgrammi al metro cubo di Pm10. Quella di NO2 (40 microgrammi al metro cubo) a Palermo è stata superata in tre centraline (Di Blasi – 59, Castelnuovo – 46 e Belgio – 43) e a Catania sempre in quella di viale Vittorio Veneto – 42). Dunque, Catania e Palermo sono i comuni che devono ridurre maggiormente le concentrazioni attuali, rispettivamente del 35 e del 33 per cento. Non se la passano meglio Siracusa e Ragusa che dovranno ridurre le concentrazioni del 22 e del 18 per cento per rispettare i limiti della nuova direttiva europea.

«Il 2030 è alle porte – commenta il presidente di Legambiente Sicilia Tommaso Castronovo – e servono scelte coraggiose. Procediamo troppo lentamente e timidamente nell’attuare gli interventi per eliminare le cause delle emissioni degli inquinanti atmosferici e migliorare la qualità dell’aria nelle nostre città». Sarebbe fondamentale investire nella mobilità sostenibile potenziando spazi pedonali e ciclabili, ma anche intervenire sul riscaldamento domestico e in agire nell’ambito agricolo riducendo l’impatto degli allevamenti intensivi. «Abbiamo poco meno di cinque anni a disposizione – ricorda Castronovo – per rientrare nei limiti più stringenti previsti dalla Direttiva europea al 2030 per tutelare la salute dei cittadini».


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